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Tornano i New Farmers

L’agricoltura e le storie degli imprenditori agricoli al centro di “New Farmers: un viaggio tra i nuovi agricoltori, il programma televisivo giunto alla terza edizione, co-finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito della Politica Agricola Comune e realizzato con la consulenza di Confagricoltura.

In onda su ICARO TV tutte le domeniche, a partire dal 24 febbraio alle ore 12.30 e in replica il giovedì alle 21.35. Il programma, condotto da Francesca Magnoni, racconta in 12 episodi le sfide di giovani agricoltori under 40 mettendo in luce anche le tipicità agro-alimentari del Bel Paese. In 23 minuti a puntata si raccontano le storie di donne e uomini che hanno scelto di affrontare l’agricoltura di oggi: resilienza climatica, sostenibilità ambientale, tutela del paesaggio rurale, economia circolare, valorizzazione delle produzioni tipiche, digitalizzazione, filiera corta e trasformazione dei prodotti per la vendita diretta.

Le storie raccolte portano in luce le attività di chi, con il proprio lavoro, cerca di produrre e trasformare anche prodotti sempre più in un’ottica di un’alimentazione sana e di elevata qualità anche come scelta di vita. Per questo in ogni puntata si trovano anche i consigli di uno chef per la preparazione di ricette regionali oltre che informazioni nutrizionali curate da un’esperta dell’Istituto per la Promozione e la Valorizzazione della Dieta del Mediterraneo. Tra i 3 istituti alberghieri coinvolti nel progetto per la preparazione dei piatti c’è anche l’Istituto Alberghiero Malatesta di Rimini.

Si parte il 24 febbraio da Ascoli Piceno con la storia di Daniele Ciabattoni, il fornaio contadino, come lui stesso si definisce, che, lasciato il suo lavoro di consulente nel campo dello spettacolo a Milano, nel 2014 apre una propria azienda e un piccolo laboratorio dove panifica in modo artigianale esclusivamente i frumenti macinati a pietra e coltivati in azienda, secondo tecniche legate all’antica civiltà contadina. Per lui nel fare il pane ci va amore e quello che fa la differenza sono gli ingredienti usati ed il metodo di realizzazione: ormai non siamo più abituati alla genuinità, per questo Daniele è voluto tornare alle origini del pane, attraverso tutte le fasi della filiera produttiva, rigorosamente naturali.

Ci spostiamo poi il 3 marzo a Rocca di Capri Leone, in provincia di Messina, dove la giovane Maruzza Cupane, laureata in agricoltura biologica e scienze e tecnologie agrarie, con un dottorato di ricerca in frutticoltura mediterranea, ci racconta come ha deciso di intraprendere una nuova avventura per la sua terra: Maruzza ha convertito 9 ettari dell’ampia azienda familiare da agrumeti a coltivazioni di mango in serra e avocato in pieno campo, offrendo sulle tavole degli italiani un sapore esotico ma con tutta la freschezza e la ricchezza del chilometro zero.

Si passa il 10 marzo a Sulmona, patria dei confetti e non solo, dove Giuseppe Scelsi, insieme al fratello Paolo, con una laurea in economia e amministrazione delle imprese in tasca, si sono buttati in una nuova avventura in campo agricolo: la coltivazione dell’aglio rosso di Sulmona, una spezia che ha rischiato di scomparire complice anche la concorrenza di prodotti stranieri. Oggi in 6 ettari, producono una ventina di quintali all’anno di aglio rosso e contano di aumentarne la produzione aggredendo sia il mercato nazionale che quello internazionale, grazie anche al supporto del Consorzio di tutela dei produttori dell’aglio rosso.

Il 17 marzo ci spostiamo ci orientiamo nel mondo del caviale, un settore luxury del comparto agroalimentare che vede l’Italia detenere la leadership in Europa con una produzione di 51 tonnellate l’anno. Conosciamo Joys Giaveri che a San Bartolomeo di Breda, nella Marca Trevigiana, conduce con la famiglia in 7 ettari di terreno un allevamento di storioni. Qui gli animali sono protetti e rispettati grazie a  moderne tecnologie di acquacoltura che garantiscono la sostenibilità degli impianti e la salvaguardia della specie. La selezione delle uova avviene a mano e con assoluto rigore e il caviale viene prodotto artigianalmente secondo la tradizione dell’arte russa, con una salatura che segue il metodo malossol (poco sale).

Domenica 24 marzo il nostro viaggio ci porta nel tavoliere delle Puglie per saperne di più sull’orticultura di precisione grazie alla storia del giovanissimo Matteo Di Carlo, che conduce a Foggia circa 500 ettari di terreno destinato a colture intensive quali asparagi, cavolfiore, broccoli e spinaci. Per lui l’agricoltura va di paro passo con la digitalizzazione: grazie infatti ad un sistema informatizzato e intergrato con sistemi di guida satellitare tiene sotto controllo l’intera gestione del ciclo produttivo in maniera capillare e precisa, dalla parcellizzazione in lotti, alla semina, al controllo delle attrezzature, all’irrigazione e concimazione, in modo da razionalizzare le risorse e contenere i costi di produzione.

Gusto e tradizione per una nicchia gastronomica ci portano domenica 31 marzo nella Locride alla scoperta dei carciofini selvatici che sapientemente Valentina Brizzi, studentessa in ingegneria biomedica, insieme ai genitori trasforma in ottimi prodotti gourmet. Qualche anno fa lei è la famiglia hanno lasciato Milano per tornare in Calabria e realizzare un sogno: recuperare un’antica tradizione per farne un’impresa. In 6 ettari di terra coltivano anche fichi, fichi d’india e melanzane per trasformarle in prodotti gastronomici di alta qualità tra i comuni di Benestare e Ardore, in provincia di Reggio Calabria, a circa 300 metri di altitudine e a 7 km dal mare, dove la terra è estremamente fertile e i suoi frutti nascono in maniera spontanea preservando tutte le loro proprietà nutraceutiche senza la necessità di particolari cure.

Domenica 7 aprile scopriamo una storia dalla Val Sangone, in Piemonte: quella di Alessandro Moschietto, che nel paesino di Coazze conduce una piccola azienda in un territorio tipicamente alpino: qui a prati irrigui, castagneti ed estese faggete nella parte più bassa, seguono ampi pascoli, fino a giungere alle creste rocciose delle montagne. Si tratta di un territorio che ha conosciuto lo spopolamento nel dopoguerra e che oggi è soggetto a forti rischi idrogeologici, quindi l’attività agricola è fondamentale per contribuire al mantenimento del paesaggio e la tipica azienda è quella multifunzionale, in cui le imprese sono necessariamente portate ad occuparsi di diverse attività: la coltivazione di foraggi, cereali, orticole, la silvicoltura e la zootecnia per la produzione di carne bovina e prelibati salumi.

Domenica 14 Aprile ci spostiamo nella Sabina, in Lazio, per scoprire gli usi dell’oro giallo: l’olio tra alimentazione e fitoterapia. A Configni incontriamo Elisa Angelici, farmacista e imprenditrice agricola, che insieme ai genitori e ai fratelli Chiara Damiano e Aurora gestisce l’azienda fondata dai nonni nell’immediato dopoguerra. Oggi l’azienda conta 3000 piante ed un frantoio aziendale che consente di lavorare 4 quintali di olive all’ora. Il loro olio viene impiegato anche per la produzione di un unguento studiato da Elisa che ha importanti benefici cicatrizzanti. Quella di Elisa e i fratelli è una storia di moderna agricoltura, perché oltre a cercare nuovi utilizzi per l’olio adottano tecniche per il controllo delle malattie delle piante: con una stazione agro-meteo posizionata direttamente sull’ uliveto e grazie a un sistema di algoritmi, basato su un database di studi agronomici, si riesce a prevenire malattie ed ottimizzare processi di coltivazione come irrigazione e concimazione. Il tutto per migliorare la vita dell’ulivo e il lavoro del produttore.

Domenica 21 aprile conosciamo la storia di Niccolò Pasca di Magliano, che dopo aver vissuto a lungo a Milano dove ho studiato e lavorato nel campo finanziario, oggi conduce a Capua, nella Piana del Volturno, l’azienda di famiglia e in 60 ettari di terreno produce e in parte trasforma e commercializza frutta, vino, olio e ortaggi nella Piana del Volturno. La frutta di stagione viene raccolta al giusto grado di maturazione per essere trasformata in succhi con una percentuale di frutta superiore al 70% : una produzione a km 0 che garantisce il controllo dell’intera filiera con la selezione a monte della materia prima migliore e rigorosamente raccolta a mano. Presentata in un brand elegante, Niccolò ha saputo dare ai frutti spesso bistrattati della sua terra, una nuova linfa anche grazie alla ricerca di nuove ricette e ingredienti, in un mercato, quello dei succhi e bevande a base di frutta, che ha conosciuto una contrazione negli ultimi 10 anni dovuta alle tendenze salutiste nei modelli di consumo e solo di recente in ripresa.

Domenica 28 aprile il nostro viaggio ci porta nella zona del Chianti Classico, da Clemente Pellegrini, che a Greve in Chianti conduce l’antica azienda agricola di famiglia, di cui 7 ettari sono dedicati alla coltivazione biologica di uve Sangiovese per la produzione di vino rosso Chianti DOC. Questa uva viene conferita ad una cooperativa di agricoltori molto radicata sul territorio che produce con il marchio del Gallo Nero, che da sempre distingue le bottiglie di Chianti Classico, lo storico simbolo dell’antica Lega Militare del Chianti, riprodotto fra l’altro dal pittore Giorgio Vasari sul soffitto del Salone dei Cinquecento, nel fiorentino Palazzo Vecchio. Si tratta di un vino storico che è prodotto con uve Sangiovese per almeno l’80%, utilizzate in purezza o in blend con altri vitigni a bacca rossa, sia autoctoni che internazionali come Merlot e Cabernet Sauvignon.  Nel 2016 il Chianti Classico commercializzato ha toccato i 285.500 ettolitri, il miglior risultato nell’ultimo decennio: di questi l’80% è esportato.

Domenica 5 maggio voliamo nell’assolata Sardegna, per incontrare Alessandro Scintu, tornato ad Oristano dopo aver compiuto studi universitari a Bologna, per portare avanti l’azienda di famiglia e coltivare ortaggi e frutti di stagione, secondo principi che sposano all’agricoltura la chimica, la climatologia, l’entomologia e la scienza. Nel suo lavoro ha introdotto innovazioni a livello agronomico e della difesa delle piante dagli insetti più pericolosi. Ma soprattutto, sta dedicando parte dei suoi 8 ettari alla sperimentazione di antiche varietà locali di pomodoro, avendo preso parte ad un progetto di ricerca per la conservazione e valorizzazione della biodiversità vegetale condotto dall’Università di Sassari, un’iniziativa per salvare un patrimonio e ridare vigore all’economia agricola dell’isola.

Chiudiamo la stagione Domenica 12 maggio con il re dei formaggi italiani: il parmigiano reggiano e per questo conosciamo Francesca Petrocchi, che a Pegognaga, nella zona più a nord del comprensorio del Parmigiano Reggiano, conduce con il compagno Pietro e la famiglia un’azienda zootecnica per la produzione di latte che viene conferito al vicino Caseificio per la produzione di parmigiano reggiano, secondo il rigoroso disciplinare che contraddistingue questo formaggio dalla tradizione antica. La storia ci dice che i primi produttori furono i monaci benedettini, spinti dalla ricerca di un formaggio che avesse la caratteristica  di durare nel tempo e ottennero questo risultato asciugando la pasta e aumentando le dimensioni delle forme. Oggi questo formaggio è trai i più esportati al mondo, soprattutto Francia, Germania, Stati Uniti, Regno Unito e Canada.

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