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Tiberio, il bimillenario

Siamo vicini al traguardo del secolo, anzi del bimillenario. Sono, infatti, passati duemila anni dal momento in cui Augusto, padre adottivo di Tiberio, posò la prima pietra di quel ponte cha ha unito le due sponde del fiume Marecchia. Nel 2014, infatti, sarà il compleanno del Ponte di Tiberio, uno dei simboli più significativi e noti della città di Rimini. Ma in quanti lo conoscono veramente pur attraversandolo di continuo? Bistrattato e amato, spesso al centro delle questioni legate alla viabilità della città, qual è il rapporto tra i riminesi e lo storico attraversamento?
“È difficile vedere il Ponte di Tiberio come un semplice monumento – spiega l’assessore alla Cultura di Rimini, Massimo Pulini – ma non per semplice colpa dei riminesi. C’è da dire che quando un ponte è così vecchio, con continuità di utilizzo, è difficile pensarlo come il gioiello che in realtà è”.
Uno dei nodi cruciali che hanno “attraversato” il ponte nell’ultimo cinquantennio è stato certamente la sua pedonalizzazione. Così piccolo e fragile, verrebbe da cantare, ma di acqua sotto i ponti, pardon, di macchine sopra il ponte ne sono passate e ne possono ancora passare, infatti “dal punto di vista della struttura il Ponte di Tiberio è in grado di sostenere il passaggio delle auto. È un ponte robusto, non dimentichiamo che sino a qualche decennio fa ci passavano anche i camion”. A parlarci della sua resistenza è Pierluigi Foschi, per 25 anni direttore del Museo della Città di Rimini, da due anni in pensione, esperto del monumento non solo dal punto di vista culturale ma anche dal punto di vista tecnico. Foschi, infatti, è stato l’architetto che circa 15 anni fa ha rifatto la pavimentazione dell’attraversamento e che si è occupato del restauro di altri “pezzi” della Rimini romana, come l’Arco d’Augusto.
“Sarebbe bene che questo ponte lo mandassimo in pensione – continua – non perché non ce la fa più ma per una forma di rispetto per gli anziani (sorride Foschi, ndr). Poi dobbiamo renderci conto, noi riminesi, che abbiamo un ponte romano bellissimo, che nemmeno a Roma ne esiste uno così bello”.

Quanto conoscete
il Ponte di Tiberio?
Facciamo un test. Quanto sappiamo del nostro caro bimillenario? Secondo Foschi che da anni tiene conferenze e lezioni in città, (l’ultima l’ha tenuta all’Università della Terza Età), di questi blocchi di pietra si conosce ben poco. “Della parte ingegneristica e della sua eccezionalità non mi soffermo molto, se non per dire che gli ingegneri romani hanno fatto cose impensabili anche per le tecniche che utilizziamo ai giorni nostri”. Poi c’è la storia, il qui pro quo sul nome, il simbolismo e naturalmente la leggenda. Partiamo da quest’ultima, dalla leggenda secondo la quale il ponte è indistruttibile poiché maledetto. Pare che ci abbia messo lo zampino il diavolo in persona. I lavori durati 7 anni, e interrotti per svariati incidenti, portarono alla disperazione Tiberio che vedendo la sua grande opera cadere un pezzo dopo l’altro fece un patto con il diavolo pur di portare a compimento l’attraversamento. Ma come ogni leggenda che si rispetti il diavolo dà, il diavolo prende. Ecco che Lucifero chiese in cambio l’anima della prima persona che quel ponte lo avesse attraversato. Ma nessun uomo passò per primo da quel ponte, bensì un cane. Un affronto che Tiberio pensò essere atto di furbizia ma che invece portò il diavolo a scagliarsi contro la costruzione. Ma oramai era troppo tardi. Il ponte non venne giù, Lucifero non poté nulla contro se stesso. A sostegno della leggenda un presunto zoccolo stampato proprio sul parapetto del ponte. Una leggenda, ovviamente, ma una cosa sulla quale non si può disquisire è il fatto che la costruzione sia passata indenne a numerose guerre. Molto probabilmente dipende dall’abilità degli architetti e dei costruttori, come dice Foschi, più che dalla maledizione. E poi c’è la questione del nome. “Sul nome io ho molto da dire – continua l’architetto – perché non si chiama Ponte di Augusto? Tiberio trovò tutto pronto, la parte legata alla progettualità era già stata fatta prima di Tiberio. Augusto ci aveva pensato per anni a questo attraversamento e infatti porta impressi tutti i suoi simboli. Simboli che si ritrovano anche in altri monumenti che lo rappresentano”. I simboli di cui Foschi parla si vedono sotto le arcate sia lato mare sia lato monte. Sono la brocca del potere, il lituo proprio della simbologia religiosa, il piattino con le monete, etc. Senza soffermarci tanto sulla simbologia “non si può negare che questa grande opera d’arte sia carica di simboli religiosi. Basti pensare che il lituo (simbolo a spirale, ndr) si trova in cima al bastone di ogni vescovo”. Augusto voleva dire delle cose e invece di lasciare un diario ha lasciato a Rimini questo piccolo grande ponte.

Angela De Rubeis