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Susi, l’autista che non ti aspetti

Ci sono lavori, mestieri, che per retaggio crediamo essere ad appannaggio solo degli uomini. L’elenco potrebbe essere lunghissimo. Prendete ad esempio gli autisti. Pullman di linea, pullman da turismo, camion, mai che al volante ci sia una donna. Ultimamente, però, qualcosa sta cambiando. A Rimini, per esempio, è sempre più facile vedere sui mezzi pubblici delle autiste. Ma una volta, mica era così. E non stiamo parlando dell’epoca delle guerre puniche. Fino a una decina di anni fa, parlare di una donna al volante di un mezzo pubblico, era praticamente impossibile. Figurarsi, trent’anni fa quando Susi Ceccarelli si è presentata al suo primo datore di lavoro.

“Mi ricordo la scena come se fosse oggi. – racconta – Suono al campanello della ditta, mi aprono e quando entro vedo un uomo seduto dietro la scrivania. Salve, dico, vorrei lavorare qui. Lui mi guarda e mi dice ‘gli uffici sono dall’altra parte’ e mi indica con la testa la direzione. No, no non ha capito, io voglio guidare i pullman. Prima mi ha guardato come se fossi un marziano, poi mi ha detto la classica frase: no, guardi, non assumiamo donne autiste”.

Susi, però, non molla. Anzi.
“Chiesi di parlare con il proprietario, all’inizio non ne voleva proprio sapere ‘signorina non mi faccia perdere tempo che qui c’è da lavorare’, alla fine, però, forse perché l’ho invornito mi ha dato questa opportunità e da lì è partita la mia avventura. Dopo qualche tempo, infatti, sono stata contattata direttamente dal proprietario, c’era da andare a prendere una scolaresca a Napoli. Il viaggio d’andata lo feci io mentre al ritorno guidò lui. L’esame (ride, ndr) lo passai a pieni voti tanto che venni addirittura assunta”.

Belgio, Spagna, Francia e poi tutta l’Italia, da nord a sud: Susi ha migliaia di chilometri sulle spalle. Nel frattempo si è anche comprata un pullman tutto suo.
“Se sapeste le volte che mi hanno guardata storta! Ve ne racconto solo due, tanto per farvi capire. Io e un’altra mia collega andiamo al Grand Hotel di Rimini, c’erano da prendere alcuni congressisti. Arriviamo con un po’ di anticipo e quando iniziano a salire i primi clienti, decido di mettermi al mio posto. Salgo e ad un certo punto uno mi guarda e mi dice ‘ma mica sarà lei l’autista?’. Certo, gli rispondo. E lui ‘Allora guardi, vado sull’altro pullman’. Peccato che ci fosse una mia collega dall’altra parte. Sapete cosa ha fatto quel signore? Ha chiamato un taxi. E poi c’è quella volta della gita scolastica. Vado a prendere due classi di due scuole diverse. Le maestre non si conoscono, prima ne arriva una e poi un’altra. In attesa dei bimbi io salgo al mio posto e subito una maestra di mi dice ‘cosa fai? Scendi che quello è il posto dell’autista’. Quando le ho detto che ero io l’autista non sapeva se ridere o piangere. Ancora oggi c’è qualcuno che quando mi vede storce un po’ la bocca. Ma sono abituata, ci ho fatto il callo. C’è solo una cosa che ancora non mando giù, il detto ‘donna al volante, pericolo costante’. Ma per favore, non scherziamo! Il mondo è cambiato, ci sono tante donne bravissime a guidare, anche più degli uomini. E’ la stessa cosa che mi accadeva quando andavo in moto. La domenica si faceva il passo di via Maggio, tutti bardati, con il casco, le tute, nessuno sospettava che fossi una donna. La strada, diciamocelo, invita a dare un po’ di gas e così qualche sverniciatina l’ho data. Dovevate vedere le facce quando si arrivava al passo e si beveva qualcosa al bar. Quando mi toglievo il casco rimanevano tutti a bocca aperta”.