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Sposo, padre, vedovo, sacerdote

Ha da poco celebrato il suo 30° anniversario di ordinazione sacerdotale. Coi tempi che corrono, si potrebbe dire un prete ancora giovane, nel pieno della sua energia e del suo entusiasmo pastorale e ministeriale. Certamente è così, ma l’anagrafe rivela un più 99 anni di vita. Parliamo di don Probo Vaccarini, da sempre e per sempre parroco a San Martino in Venti.
È conosciuto ovunque, nella nostra diocesi e oltre, non tanto per la sua ragguardevole età, quanto per la sua poliedrica vita, sintetizzata in un suo libro dal titolo rivelatore: Sposo, Vedovo, Sacerdote. Sì, perché don Probo è diventato prete dopo essere stato sposato con Anna Maria e rimasto vedovo con sette figli. Ma se vogliamo dirla tutta, un po’ di eccezionalità sta nel fatto che anche i suoi quattro figli maschi sono tutti preti: don Francesco (in diocesi di Terni), don Giovanni parroco a Miramare, don Giuseppe parroco a Borghi e don Gioacchino, a Montetauro.

Come sia successo tutto questo ce lo facciamo raccontare da lui, cominciando dalle sue biricchinate di giovane.
“Sì, da giovane sono stato un po’ biricchino, scorazzavo per la città di Rimini coi miei compagni… Però ho sempre frequentato assiduamente la parrocchia di Santa Rita (allora era ancora parrocchia), militando nelle fila dell’Azione Cattolica. Qualche volta studiavo anche e sono diventato geometra”.

Poi, come tutti i giovani, il servizio militare.
“Che ho fatto prima a Bologna e poi a Imola. Tutto sommato poco lontano da casa. Ma anche in servizio ero un po’ indisciplinato. Poi mi sono trovato in una Compagnia destinata al fronte Russo. E qui ha inizio un’avventura che tempo fa ho messo per iscritto nel libro: La mia Russia. Ma, grazie a Dio, anche da quell’inferno di ghiaccio sono ritornato sano e salvo. Il nostro nemico non erano i russi, ma il freddo. Quattro quinti dei miei compagni sono rimasti là, sepolti nel freddo”.

Il ritorno a casa deve essere stato un momento indimenticabile.
“Sono arrivato a Rimini di notte… sulla porta di casa. Mi sono fermato a guardare la finestra della camera dove dormiva la mamma. Non era illuminata, ma sapevo benissimo che mi aspettava. Ho suonato il campanello ed è venuto il babbo ad aprirmi. Appena mi ha visto mi ha abbracciato teneramente, in lacrime, sussurrando fra i singhiozzi: tutti arrivavano e tu no. Qualche mese dopo il mio ritorno, mia madre è morta. Mi diceva nei giorni prima di morire: Io lo sapevo che saresti tornato, sentivo i tuoi passi”.

Col ritorno dai militari e dalla guerra si ritorna alla vita normale.
“Avevo ormai 26 anni. Ho ripreso i contatti con la mia parrocchia, Santa Rita, mettendomi a disposizione come educatore dei più piccoli dell’Azione Cattolica. Ho anche trovato lavoro nelle Ferrovie, col mio diploma di Geometra”.

Ma a quell’età avrai anche cominciato a pensare al futuro della tua vita, come e cosa realizzare di specifico.
“Sì, qualche volta mi domandavo se volevo diventare prete o sposarmi, ma non mi preoccupavo troppo e non mi decidevo. Poi un giorno un mio compagno di lavoro mi ha proposto di andare da un frate, a San Giovanni Rotondo, in Puglia: lui mi avrebbe dato buoni consigli. Siccome ero ferroviere e avevo i biglietti gratis, non ci pensai due volte”.

E il buon consiglio è arrivato?
“Per vie un po’ tortuose è arrivato. Quando sono andato la prima volta a confessarmi da lui, cioè da padre Pio, mi sentivo tranquillo perché, in fondo, vivevo una vita da buon cristiano. Dopo un po’ che parlavo lui, con voce sonora mi dice: Vattene! Credevo di non aver capito bene. Allora lui con voce ancora più forte mi ha ripetuto: Ho detto, vattene! Non era un buon inizio, secondo il mio punto di vista, ma me ne andai”.

E tutto è finito lì?
“No. Digerito lo smacco iniziale, sono tornato con un atteggiamento un po’ più umile. Mi ha confessato e dato l’assoluzione, ma anche una penitenza di un mese intero. Ed è iniziato così il mio cammino spirituale sotto la sua direzione. Poi gli ho scritto anche una lettera, raccontandogli tutto quello che facevo in parrocchia a favore dei ragazzi. Mi ha risposto secco: Se vengo lì ti prendo a calci nel sedere. È stato dopo tutto questo che gli ho chiesto: devo sposarmi? E lui mi ha semplicemente risposto: Che aspetti?”.

Ma la fidanzata l’avevi già trovata?
“In parrocchia c’era una giovane, Anna Maria; e come io seguivo i ragazzi, lei seguiva le ragazzine di Azione Cattolica. Un giorno le ho detto a bruciapelo: vuoi essere mia fidanzata? Non mi ha risposto con parole, ma è diventata tutta rossa. Avevo colpito nel segno. Ci siamo fidanzati e dopo pochi mesi ci siamo anche sposati. Io avevo 33 anni”.

Anche dopo sposato è continuato il tuo legame con Padre Pio?
“Sempre, fino alla fine. E naturalmente ha coinvolto anche tutta la mia famiglia. Maria Pia è nata alla Casa Sollievo della Sofferenza ed è stata battezzata dallo stesso padre Pio, mentre Francesco, Giovanni, Giuseppe e Gioacchino hanno ricevuto da lui la prima Comunione. Poi mi sono fatto promotore di tanti viaggi, di pellegrini alla volta del confessionale di padre Pio. Vi ho portato anche i miei giovani della parrocchia, con un sudato tour in bicicletta”.

E intanto la famiglia cresceva, in età e numero.
“Anna Maria mi ha dato 7 figli, quattro maschi e tre femmine. I più grandicelli hanno cominciato a mostrare timidi segni di vocazione, in seminario, fuori dal seminario… Comunque i primi tre, Francesco, Giovanni e Giuseppe, sono arrivati all’ordinazione. E quando ormai sembrava tutto concluso, anche Gioacchino, cresciuto nell’esperienza di Montetauro, è diventato prete.
Prima di tutto questo, però, mia moglie ci ha lasciato. Quando tutto sembrava che andasse per il meglio, una malattia inguaribile l’ha sottratta alla nidiata. Questo avvenne nel 1970, quando la più piccola aveva 5 anni”.

È già un fatto piuttosto insolito che tanti fratelli si trovino concordi in una vocazione sacerdotale, ma che anche il padre diventi prete è del tutto inusuale…
“Lo credo anch’io, ma non è colpa mia. In un primo momento, il mio padre spirituale, padre Pio Delle Piane di Montefiore, mi consigliò di rendermi disponibile per un ministero laicale e così, dopo l’adeguata preparazione, divenni accolito. Ma avendo frequentato il triennio di teologia per laici mi fu anche proposto il corso per il diaconato permanente. La cosa mi faceva un po’ paura, ma rassicurato dai miei figli e pensando che altri tre anni di preparazione avrebbero potuto cambiare tante cose, accettai”.

Diacono va bene, ma prete come è successo?
“Durante una messa a S. Giovanni Rotondo ho sentito dentro di me come la voce di padre Pio che mi diceva: Tu sarai sacerdote. Intanto a Rimini il Vescovo mi aveva affidato la parrocchia di San Martino in Venti. Potevo svolgere la pastorale ordinaria, ma il problema era di trovare sempre qualche prete che venisse a dire la messa. Di lì è partita la mia ultima tappa, con la domanda al Vescovo, il parere del Consiglio presbiterale, il nulla osta del Vaticano… L’8 maggio del 1988 il vescovo Locatelli mi ha ordinato prete”.

Egidio Brigliadori