Shopping e riposo, non è vera festa

    Nel panieredi Rimini, Coriano e Verucchio ci sono solo le briciole. Come definire altrimenti i tre giorni di riposo festivo accettati dalle amministrazioni invece delle dieci giornate proposte dalla legge regionale? Si parla di 1° gennaio, 25 aprile, 1° maggio, 2 giugno, Pasqua e Lunedì dell’Angelo, Ferragosto, 1° novembre, Natale e Santo Stefano, festività nazionali, civili e religiose, mica celebrazioni condominiali o ferie personali.
    Rimini e Coriano, però, hanno colto al volo le possibilità offerte dalla deroga della Regione Emilia-Romagna, un “avanti tutta” nel nome del turismo sul cui altare “la nuova legge può essere benissimo sacrificata” come ha tranquillamente sancito l’assessore regionale al Turismo, Guido Pasi. Una bella deroga, dunque: Rimini fa brillare la propria vocazione turistica, il commercio attira turisti, per cui il risultato è allarghiamo le maglie della norma. Non c’è fascia che tenga: zona mare o sopra la statale, tutto è turistico. Via libera dunque alle aperture anche nei sette festivi “comandati”. E poche storie.

    Altro che Befane
    Lo insegna l’Iper Le Befane. A Pasqua e pasquetta regolarmente aperti i 130 negozi della galleria commerciale, unica eccezione l’ipermercato Leclerc, chiuso il giorno di Pasqua. Domenica giorno obbligato di shopping? “Mi chiedo se in una città come la nostra anche le attività commerciali non siano un servizio così come l’assistenza sanitaria e l’ordine pubblico” è l’opinione epressa in consiglio comunale dal sindaco Alberto Ravaioli. Iper e negozi “valgono” tanto quanto reparti ospedalieri e distaccamenti dei vigili urbani? Un azzardo subito rimbeccato dai sindacati, che definiscono l’affermazione.
    “completamente fuori luogo”.- secondo Filcams-Cgil, Fisascat Cisl e Fucs-Uil – Gli ospedali, i servizi di sicurezza e di pronto intervento citati dal sindaco riteniamo abbiano una importanza di gran lunga superiore rispetto alla vendita di prodotti commerciali”.
    Eppure c’è chi vede negli iper un nuovo segmento turistico. Il vice sindaco di Rimini, Maurizio Melucci, è convinto assertore dello shopping nei giorni di festa quale ulteriore offerta. L’assessore provinciale alla Viabilità Alberto Rossini nel suo recente La metamorfosi di Rimini(Guaraldi) cita il caso dell’aeroporto di Orio al Serio (Bergamo) quale meta di notevole afflusso di turisti per shopping.

    Battaglia culturale
    La battaglia insomma è commerciale e culturale. La spesa alla domenica perché negli altri giorni non si può, non rischia di diventare uno specchietto per le allodole, mascherando invece il semplice desiderio di una gita al nuovo centro che oggi si è spostato da quello storico alla galleria commerciale? “Invitiamo le autorità pubbliche a riprendere il dialogo e a rivedere le loro decisioni, nella consapevolezza che la loro responsabilità è di ’vigilare affinché ai cittadini non sia sottratto, per motivi di produttività economica, un tempo destinato al riposo e al culto divino’ (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n.286)”. L’invito arriva dall’Ufficio Diocesano per la Pastorale Sociale: poche righe molto chiare, arrivate insieme alla solidarietà ai lavoratori delle strutture commerciali della provincia che hanno proclamato uno sciopero a sostegno del riconoscimento e del rispetto della delibera regionale che prevede la chiusura obbligatoria degli esercizi nelle giornate festive d’interesse nazionale. “L’Ufficio Diocesano per la Pastorale Sociale – si legge ancora nella nota – ha sempre sostenuto, negli anni e in varie occasioni, l’importanza del riposo festivo e di un tempo libero che permetta alle persone di curare la vita familiare, culturale e religiosa”.

    Comanda il cliente
    Auspici e inviti non sono piaciuti a Didier Pacqueau: “Al Vescovo senza polemizzare, dico che la gente ha bisogno di fare la spesa quando non lavora. È la città che ce lo chiede. Non lo decidiamo né io né il Vescovo cosa faranno i clienti”replica il direttore dell’ipermercato Leclerc-Conad. Comanda il cliente, insomma. E l’iper si assogetta. “Il nostro è un servizio alla città”.“E sono gli stessi dipendenti che chiedono di lavorare alla domenica, perché guadagnano di più” rilancia. D’altra parte “se non stessimo aperti i festivi, avremmo esuberi per 60 persone”. Pensateci bene prima di chiedere la chiusura, insomma. E adesso anche i commercianti del centro storico di Rimini alzano la voce per poter aprire nel settimo giorno.

    Quale altare?
    Non tutti applaudono alla domenica sacrificata sull’altare del lavoro dello shopping. “Dissenso sul lavoro festivo”arriva dalla Sinistra Arcobaleno.
    Massimo Fossati (segretario Cisl) allarga il discorso. “L’ente locale deve essere motore di sviluppo con la promozione di iniziative ed eventi che rendano la città fruibile e vivibile, non solo con le aperture unilaterali degli esercizi pubblici”. Contrario al lavoro festivo anche Luigi Bonadonna (segretario riminese Pd), pragmatici i vertici riminesi del PdL, mentre la candidata alla Camera Elisa Marchioni si spinge più in là: “per dare la possibilità alle commesse di non lavorare nei festivi, si dovrebbe utilizzare il part time verticale e affinare questi strumenti che già esistono”. La soluzione lascia perplessa la Confcommercio: i costi troppo alti la rendono forse di fatto impraticabile. Gianfranco Simonetti ripropone il problema: “aver considerato come turistica un’area troppo vasta, al di là della statate”. Lo stesso refrain cantato in coro da Cgil-Cisl-Uil: “individiaure le aree interessate da effettivi e consistenti flussi turistici. A Rimini il punto di demarcazione va individuato nella Statale”. Riccione però ha aggirato l’ostacolo: tre giorni di chiusura annui sotto la cintola della statale, ma via libera ai centri naturali commerciali (cioè il solo San Lorenzo). E Ferragosto facoltativo. Non c’è riposo che tenga, il commercio è padrone.

    Paolo Guiducci


    Chiesa Riminese e Riposo Festivo.
    Quanto brilla il giorno di festa?

    “La domenica è un tesoro che non possiamo lasciarci scippare da questioni economiche. Ci sono aspetti tecnici da considerare, una città non può fermarsi, il Pronto Soccorso deve funzionare, ma sulla domenica ci giochiamo la fede. È la festa che il Signore fa all’uomo, e non il contrario, un tesoro che Dio dà ai suoi figli”. Sul tema della domenica e del lavoro festivo, il vescovo Francesco Lambiasi è stato esplicito in più occasioni dal suo arrivo a Rimini. Si è inserito insomma nel solco tracciato dal predecessore mons. Mariano De Nicolò che in molte occasioni è tornato sull’argomento. Un pensiero che si rintraccia in modo chiaro anche in alcuni documenti ufficiali della Diocesi di Rimini. A partire da Chiesa Riminese, turismo e sviluppo economico, documento del Consiglio Pastorale Diocesano del 1991, fino al più recente Dare un’anima al turismo contributo al Convegno Ecclesiale nazionale. “La qualità della vita di chi lavora nel turismo incide inevitabilmente sul lavoro stesso e di conseguenza sul modello di turismo offerto”. Per questo è necessario, dunque, che siano rispettati i tempi di riposo e di recupero e le esigenze sia corporali che spirituali. In particolare, deve essere garantito il rispetto del riposo domenicale.
    La questione è delicata, ne conviene anche mons. Lambiasi, il quale “ritiene necessario un pronunciamento del Consiglio Presbiterale”.
    Domenica bene così prezioso da spingere fino a boicottare gli acquisti domenicali? “La domenica è un valore grande; perché certi appelli non restino inascoltati o lettera morta, si può arrivare fino a decisioni drastiche”. Il vescovo sul tema della festa lancia anche numerose sollecitazioni. “Quanto sono disposte a perdere le comunità perché la festa torni a brillare?”. Una preziosa sollecitudine. “Se consideriamo la domenica un precetto, l’apprezzamento scade, come nel caso del medico che impone al paziente ammalato di mangiare. Il cibo è un piacere, non un’imposizione. Interroghiamoci: come viviamo la domenica?”.
    p.g./b>