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Senza Rimini non ci sarebbe storia

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Su Rimini hanno detto di tutto, hanno scritto di tutto: che è leggera, che è un puntino nell’Adriatico, che è la meno provinciale tra le città di provincia italiane, che non è solo spiaggia e divertimento, che d’inverno è molto più bella che d’estate, che d’estate è molto più bella che d’invero e ogni altra contraddizione possibile. Sarà per questo intrinseco e infinito ingarbugliamento che, negli anni, molti scrittori l’hanno resa scenario delle loro storie.
Il primo punto di vista, come è più ovvio che sia, è quello dato da scrittori riminesi, che conoscono non solo le atmosfere ma anche i “tipi” riminesi che possono muoversi per le strade della città.
Poi ci sono stati gli altri, come Carlo Lucarelli e la sua Laura da Rimini, come il romano Giancarlo De Cataldo che a Rimini ha ambientato Onora il padre, un noir (tendente al giallo più che al nero) con uno spietato serial killer che si adopera tra una spiaggia e l’altra. Per loro ma anche per altri la Rimini scelta e interpretata è quella invernale, grigia e tetra, perfetto scenario per uomini e donne che hanno tutto da nascondere. In questi libri, abbastanza datati a dir la verità, si percorreva la strada della necessità di avere un luogo real-letterario fatto in un certo modo, funzionale ad una narrazione tinta di grigio.

Questo filone è stato in parte abbandonato (in parte meglio sviluppato) in alcune recenti pubblicazioni che, da diversi punti di vista, hanno trattato a vario titolo lacittà. A dare inizio al cambiamento è stato Michele Marziani che con Barafonda (edito da Barbès) ha fatto di un quasi scomparso quartiere di Rimini la scena di un finto medico caduto in disgrazia che per un breve periodo intreccia la sua esistenza con quella di una famiglia di migranti, dando vita d un nuovo percorso, pieno di cose altre, molto diverse da quelle vissute nella sua vita precedente. Questo nuovo filone si è sviluppato ulteriormente.

Cominciamo con il prendere in considerazione L’ultima menzogna (Fernandel), di Giovanni Pannacci, umbro d’origine e riminese d’adozione. Il suo libro è una storia di ordinaria/straordinaria normalità. Nikel è un ragazzo di 30 anni, originario dell’est Europa che vive a Rimini. Appassionato di lettura e lingua italiana, incontra una scrittrice che sconvolgerà la sua vita. Nikel cammina ma vuole solo confondersi, parla ma vuole solo nascondersi, vive ma vuole solo galleggiare e si confronta con i viandanti del centro storico indifferenti alla sua presenza, così come lo sono i clienti della pompa di benzina in cui lavora. Pennacchi lavora da 20 a stretto contatto con i migranti e ha costruito un personaggio credibile e concreto.
“Nikel è la sintesi di molte persone che ho conosciuto nel mio percorso professionale ma è anche un uomo collocato in un contesto ben preciso”. La scelta di ambientare L’ultima menzogna a Rimini non è arrivata per caso: “passai un inverno in un residence di Bellariva e posso confessare di averne viste di tutti i colori. È vero che i tre personaggi principali li avevo già in testa da tempo, che la struttura del racconto era lì che scorreva sottotraccia, ma solo quando sono arrivato a Rimini ho colto le reali suggestioni della storia. Rimini è diventata il mio set, è stato molto divertente, andavo in giro a caccia di luoghi e suggestioni”. Pannacci ama parlare del modo in cui è nato il suo libro e di come esso attivi dall’amore per la letteratura. “Ritengo che sia un libro da leggere – continua l’autore – per chi vuole capire cosa accade dietro le quinte, il meccanismo di creazione della storia. Il libro è, infatti, la storia di come nasce un romanzo”. Naturalmente non sveliamo possibili colpi di scena, vale la pena leggerlo questo libro.

Spazia da un registro all’altro Andrea Biondi, il trentanovenne agente di commercio riminese con il pallino per la scrittura che ne ha sfornati quattro in quattro: quattro libri in quattro anni. Dalla vicenda romantica infarcita di fascimo (Due) al thriller psicologico (Rimini bit), passando per la fantascienza (Anime nere) e la comedy (Bitch tennis).
Alcuni libri sono fatti e finiti, in cerca di una degna pubblicazione, altri già distribuiti e addirittura ripubblicati con una nuova veste grafica (è il caso di Due). “Io non potrei ambientare i miei libri in un posto diverso da Rimini. I personaggi che tratteggio sono quelli che conosco, che ho incontrato nel corso della mia vita… o comunque si muovono qui, nei miei luoghi”. Andrea Biondi non ha fatto questa scelta per pigrizia ma perché ritiene che la veridicità dei suoi personaggi arrivi dalla loro credibilità. “Sono molto attento al legame tra la credibilità e la verosimiglianza. Non potrei scrivere di personaggi così verosimili se non li avessi in parte incontrati, commistionati. Ce ne sono alcuni poi che non potrebbero esistere se non fossero riminesi, penso a Rimini Bit, per esempio dove anche le costruzioni delle frasi sono legate a questa terra”.

Ha l’aspetto di un noir (e torniamo all’origine) – anche se definirlo solo in questo modo risultrebbe alquanto superficiale – Vita dopo l’amore (NFC Edizioni), ultima fatica letteraria del giornalista Andrea Rossini. Liberamente ispirato a una storia vera, in 144 pagine si sviluppano molte emozioni umane: dall’amore all’aspirazione personale, dalla solitudine al riscatto sociale. La città si muove sullo sfondo, i personaggi vivono di vita propria e la loro storia s’intreccia con la cronaca degli anni ’80, come il fenomeno della malavita albanese e dello sfruttamento della prostituzione di giovani ragazze, portate in Italia da amici connazionali. Rimini qui è la città di passaggio, l’approdo della disperazione altrui, la terra dove tutto è possibile: dallo spaccio al riscatto. È riminese anche Marco Alieni, protagonista di Podissea, il primo romanzo del giornalista Stefano Rossini. Ma qui Rimini è solo un pretesto, il punto di partenza di un viaggio lungo il fiume Po. Un’Odissea in salsa romagnola, popolata da divinità antiche, a caccia dello storione d’argento che appare ad Alieni proprio al porto di Rimini.

Angela De Rubeis