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Se Gesù sale sulla barca… oggi

San Giuseppe al Porto è una parrocchia media, di circa 4000 abitanti, situata, come dice il nome, sulla sponda sinistra del Porto di Rimini. Dal 17 settembre 2003 ha esteso il suo territorio inglobando anche il territorio della soppressa parrocchia dei santi Giovanni e Paolo, conosciuta come parrocchia di san Giuliano Mare.

A don Mario Vannini, parroco a San Giuseppe da 23 anni, chiediamo di descriverci per sommi capi il territorio e la formazione sociale di questa comunità.
“Dopo l’accorpamento, non indolore, di San Giuliano Mare la parrocchia risulta composta da un nucleo di case popolari di antica costruzione, dove abita la popolazione più anziana. E poi villette, palazzine più recenti, fino ai nuovi condomini costruiti sulla Darsena, dove cominciano ad arrivare anche famiglie giovani. Il litorale, corto e stretto, è occupato da alberghi e residence, con notevole movimento di turismo sociale estivo.
Non mancano gli stranieri: magrebini, albanesi, latino-americani… Sono quelli che si affacciano più frequentemente alla Caritas parrocchiale.
La caratteristica sociale dominante del nostro territorio è la flotta di pescherecci, con tutto l’indotto, fonte di lavoro anche per tanti immigrati”.

Tu sei parroco in questa Comunità da ben 23 anni: un bel segmento di vita. Come senti la tua parrocchia? Come ti seguono i tuoi parrocchiani?
“In tutti gli anni della mia permanenza a San Giuseppe al Porto ho sempre cercato di suscitare e sostenere la fede di chi mi stava attorno. Il resto veniva come conseguenza. La fede si propaga per contagio, per cui nulla è più efficace che aiutare le persone a verificare la pertinenza della fede al cuore umano. Fra coloro che accettano il cammino di tale verifica si crea un clima umano più fraterno ed una responsabilità più intensa verso gli altri. Certo, proprio perché tutto poggia sulla libertà dei singoli, lo svolgimento della vita comunitaria ha momenti di espansione e momenti di contrazione, ma il segno della comunità non viene mai meno, anche se segnato da limiti, risentimenti e fatiche, ora degli uni ora degli altri”.

Entrando nel vivo della problematica pastorale, oggi si parla molto di Nuova Evangelizzazione. Come entra questa preoccupazione nel tuo, vostro lavoro pastorale?
“Uno dei richiami più frequenti risuonati nell’Aula sinodale dei Vescovi nell’ottobre scorso è stato quello relativo all’urgenza della conversione. I Padri, nei loro interventi, erano consapevoli che per far rifiorire il deserto non basta cambiare strategie e neppure una messa a punto dei piani pastorali. Occorre una vera e propria conversione personale ed ecclesiale. E questo vale in ogni tempo e in ogni luogo, per la Chiesa universale, per le Diocesi e per le parrocchie.
Ciò premesso, cerchiamo di far trasparire questa nostra conversione, mai completata, nella vita quotidiana delle persone e della parrocchia. In questo ci aiutano i gruppi parrocchiali che, per essere ecclesiali devono essere anche missionari. Attualmente in parrocchia ci sono: un gruppo di Scuola di Comunità, un gruppo di preghiera di suor Erminia, un Centro di Ascolto del Vangelo, un gruppo della Legio Mariae, un gruppo biblico e il gruppo “Zorro”, ultimo nato, per cercare forme nuove di comunicazione della fede”.

L’Evangelizzazione richiama la Missione: missione all’interno della parrocchia, come hai accennato, e missione fuori, “ad extra” come si dice. Parlaci di quest’ultimo aspetto.
“La nostra attività strettamente missionaria si svolge prevalentemente attraverso AVSI. Oltre ad onorare la giornata missionaria mondiale e la giornata per la promozione umana, tutti gli anni, in dicembre, facciamo una grande cena di beneficenza insieme alla Cooperativa dei pescatori Lavoratori del mare. Per lo stesso scopo un gruppo di donne allestisce un mercatino di oggetti vari, e le catechiste propongono una maxi tombola a tutti i bambini e ai loro genitori e parenti. Per la missione in Albania le donne della Legio Mariae hanno tenuto contatti con don Vaccarini. Partecipiamo al Campo di lavoro missionario diocesano la cui sede permanente è nei locali della nostra parrocchia”.

L’evangelizzazione, il primo annuncio, inizia con la catechesi di Iniziazione Cristiana. Sorvolando sull’ordinario della catechesi, comune a tutte le comunità, c’è qualche espressione particolare di catechesi nella tua parrocchia?
“Posso dire che noi abbiamo anticipato la Cresima di un anno per lasciare più spazio al tempo della libertà. Non si fa il catechismo in funzione solamente dei sacramenti, ma in funzione della vita, per imparare a vivere in modo umanamente più intenso e vero. Per questo dopo la Cresima proponiamo ai ragazzi di continuare liberamente l’esperienza cristiana come sfida a vivere la loro adolescenza in maniera più bella.
Devo anche dire che un punto prezioso di aiuto alla catechesi è la presenza sul nostro territorio delle scuole materne, elementari e medie della Karis Foundation, della scuola materna delle suore della Sacra Famiglia e dell’asilo nido della Service Web”.


I bambini richiamano le famiglie; senza coinvolgimento della famiglia si rischia di lavorare invano anche coi bambini. Come vi muovete in questa direzione?
“La cura della famiglia è la cura degli adulti. La causa dell’abbandono dei giovani è dovuta al fatto che non siamo riusciti in tempo a far percepire loro la fede come l’unica certezza in grado di corrispondere alla loro domanda di realizzazione. Non esiste un gruppo specifico dei fidanzati o delle giovani coppie, ma invitiamo tutti a partecipare alla vita della comunità e a coinvolgersi nei vari gruppi esistenti o a formarne altri. La preparazione prossima del matrimonio viene fatta attraverso i corsi interparrocchiali”.

Una parrocchia ha sempre come perno fondamentale della sua vita il Giorno del Signore. Ma mi risulta che questa parrocchia abbia anche molti altri momenti significativi di aggregazione e di festa.
“Verissimo. Il momento centrale della vita della nostra parrocchia è la messa domenicale delle ore 11. Non esiste una messa dei bambini, ma quella delle 11 è la messa di tutta la famiglia.
Riguardo alle feste … Non esiste un’unica festa patronale, ma più feste: l’Epifania, con l’arrivo dei Magi sul porto canale; sant’Antonio (in giugno) che qui ha predicato ai pesci; a marzo naturalmente la festa del patrono San Giuseppe; a maggio la processione con la statua della Madonna per le vie della parrocchia e a settembre la processione dei Lampedusani con la statua della Madonna di Porto Salvo. Più altri momenti aggregativi favoriti dalle ampie strutture a disposizione della comunità”.

L’accenno ai Lampedusani ci fa pensare ad una realtà sociale complessa e stimolante. Come si pone la parrocchia di fronte al suo territorio e ai suoi problemi?
“Attraverso l’Associazione Ponte dei Miracoli la parrocchia riesce ad avere un rilievo anche sociale sul territorio. I due eventi dell’Epifania e di Sant’Antonio sono l’occasione per una collaborazione fattiva con l’Amministrazione comunale, con la Capitaneria di porto, coi Carabinieri, con la Darsena e con tanti volontari. È in questi rapporti che si incontrano tante persone anche lontane dalla Chiesa, ma desiderose di costruire una vivibilità bella nel quartiere.
Poi un segno importante sul territorio è la Caritas parrocchiale, al servizio dei poveri con la distribuzione di pacchi alimentari e di indumenti per grandi e piccoli. Il concetto difficile da far passare è che la carità non è soltanto il pacco mensile, ma dare se stessi … La carità è una testimonianza di vita che può fare incontrare Cristo”.

Con l’orientamento diocesano in corso è d’obbligo concludere con un accenno alla pastorale integrata. La tua parrocchia costituisce Zona pastorale con San Giuliano Borgo e le Celle. Cosa pensate di fare?
“L’esperienza della Zona è appena iniziata. Noi preti ci vediamo qualche volta a mangiare insieme. Abbiamo fatto qualche incontro comune coi catechisti, abbiamo armonizzato i tempi del catechismo e le date dei sacramenti. Facciamo insieme i corsi prematrimoniali. Ma bisognerà ancora attendere un po’ di tempo per vedere qualche frutto”.

Egidio Brigliadori