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Romania, così vicina, così lontana

Dai primi dati 2008 dell’ Osservatorio diocesano, emerge che l’affluenza dei romeni alla Caritas diocesana di Rimini è diminuita rispetto al 2007, passando da 348 a 202 persone (dati al 15 maggio). Come spiegare questa diminuzione? Chi sono i romeni e cosa dire della Romania, paese vicino all’Italia, ma così poco conosciuto dagli italiani?

Alcuni cenni storici ed economici della Romania
Dopo la Seconda Guerra Mondiale la Romania è diventata uno stato comunista nell’orbita dell’Unione Sovietica. Nel 1948 è stata varata la Costituzione della Repubblica Popolare Romena e dopo la fine del governo dittatoriale del presidente Nicolai Cieausescu (1965-1989) la Romania è diventata un paese democratico. La sua Costituzione si ispira ai modelli occidentali. Nel 2004 il paese è entrato nella Nato, nel 2007 nell’Unione Europea.
La fine del regime comunista ha portato a riforme agrarie che hanno contribuito a istituire un sistema agricolo con due tipologie di produzione. Da una parte le piccole aziende agricole di sussistenza, a conduzione familiare, che producono per l’auto-consumo, dall’altra le aziende familiari di semi-sussistenza, che vendono il surplus al mercato locale. Benché il settore agricolo sia in espansione (nel 2001 si è registrato un aumento del 20%), le possibilità di sviluppo degli agricoltori locali sono bloccate dalle limitate risorse di cui dispongono e dall’eccessiva frammentazione dei terreni.
I settori industriali più diffusi sono quello meccanico e metalmeccanico, tessile e chimico.
Aumentano gli investitori esteri che, negli ultimi dieci anni, sono giunti a controllare circa il 9% delle imprese. Oggi più di 20 mila società italiane, anche di entità rilevante, operano in Romania. Ad attirare gli investimenti contribuiscono il basso costo della manodopera e le agevolazioni introdotte dall’adesione al mercato unico europeo.
I cambiamenti in atto nel paese sono molteplici e stanno modificando la fisionomia del paese, soprattutto delle città. L’ampliamento urbanistico, ha portato alla disponibilità di nuovi posti di lavoro per muratori, carpentieri, geometri e operai.
La disoccupazione in Romania è scesa al 4,5%. Tuttavia la crescita non è riuscita a frenare la spinta migratoria verso l’esterno, dovuta soprattutto ai salari che sono rimasti visibilmente bassi, soprattutto se confrontati con gli altri stati dell’Unione. Con uno stipendio di circa 300 euro al mese, la popolazione non riesce a coprire l’aumento dei costi dell’elettricità, del gas e dei prodotti alimentari e delle tasse. Molti per questo decidono di andarsene e la popolazione romena decresce dello 0,2% ogni anno. Dai primi anni ’90, quasi 2 milioni di persone si sono trasferite altrove. Così nelle industrie si registra una preoccupante mancanza di manodopera, a cui cerca di fare fronte una serie di misure governative per favorire il rimpatrio dei cittadini emigrati.

Isabella Mancino e Letizia Rossi