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RiminiBanca – Banca, non bancomat

Fabio Pula
Fabio Pula

Chi non ricorda il motociclista il quale sulla sua strepitante due ruote, catafratto dentro il casco e gli occhialoni, si avventa con ardimentosa noncuranza sulle braci ardenti della ‘fogaraza’ come nelle strade cittadine trasformate in piste da bob durante il leggendario inverno del “nevone”? Lo sconosciuto centauro adottato da Fellini in Amarcord, che con i suoi rombanti passaggi ricuce tra loro le stagioni del “borgo”, porta un nomignolo che più felliniano non si può: “Scureza ad Corpulò”. In molti giurano di averlo visto rombare anche nella piazza del Tituccio, luogo simbolo di quell’ultima frazione del Comune di Rimini lungo la Marecchiese. Chissà quali evoluzioni avrebbe regalato il prode “Scureza” in occasione dell’inaugurazione che attende il paese (e la Valmarecchia intera) venerdì 27 luglio.
Dopo anni, infatti, si alza il sipario sulla nuova sede della filiale corpolese di RiminiBanca, in piazza Tituccio, dove zampilla la storica fontana di quell’acqua sulfurea che caratterizza il paese. L’inaugurazione è l’occasione per fare il punto con il presidente dell’Istituto di Credito sulle novità e le sfide – e le opportunità – che attendono RiminiBanca.

Presidente Fabio Pula, in fondo venerdì si alza il sipario solo di un edificio, ancorché completamente ristrutturato. Perché la filiale di Corpolò riveste una tale importanza per RiminiBanca?
“Dal 1979 e fino al 2006, quell’edificio è stato la sede della ex Cassa Rurale Valmarecchia, il cui sviluppo ha portato alla nascita della Banca di Credito Cooperativo Valmarecchia, fino all’attuale Istituto di Credito nato dalla fusione con Banca di Rimini.
Spero dunque che gran parte dei soci che hanno contribuito alla nascita della nostra BCC con fiducia e condivisione nei valori della cooperazione, siano particolarmente felici di partecipare a questo momento, che ci accomuna tutti nella esperienza diretta della banca, nata e cresciuta in Valmarecchia.
La sede di Corpolò per il nostro Istituto di Credito rappresenta un simbolo: da qui siamo partiti per ramificarci lungo la Valmarecchia e nella provincia di Rimini, qui vogliamo che restino ben salde le nostre radici”.

La parte superiore dell’immobile non sarà utilizzato per l’attività bancaria. Come mai?
“L’intero primo piano dell’edificio sarà idealmente donato alla comunità locale. Sarà utilizzato come luogo di incontro e di partecipazione per giovani e meno giovani. Siamo o non siamo una banca del territorio?”.

Il mondo dell’economia cambia a grande velocità. In questo contesto, è possibile recitare un ruolo da Cassa Rurale del 2020?
“Vogliamo ancora essere «quelli di allora», e cioè portatori di valori antichi che sono e rimangono attuali solo dalla nostra capacità di poterli condividere insieme, sposando una idea non sempre facile da realizzare in questi tempi così tribolati: continuare ad essere una banca con l’anima”.

Rilancio: nel terzo millennio c’è ancora spazio per istituti di credito del genere, che non siano guidati solo ed esclusivamente da logiche di mercato?
“Far coabitare in un’unica realtà la capacità e l’efficienza di impresa, e i grandi valori etici della cooperazione, e cioè la solidarietà per i più deboli e i meno difesi (come la maggior parte dei nostri giovani) e la mutualità nella distribuzione dei risultati dell’attività imprenditoriale, non solo è possibile ma necessaria. Ciò significa assumersi una grande e doppia responsabilità. La banca non può essere appena un bancomat. RiminiBanca non intende essere né oggi né domani un semplice erogatore di denaro, ma ambisce a diventare sempre più un punto di riferimento per il territorio e per coloro che il territorio lo abitano e lo vivono”.

In un recente convegno organizzato proprio da RiminiBanca, relatore l’economista Stefano Zamagni, Lei auspicava il desiderio di promuovere una nuova idea di banca locale.
“Per ricominciare tutti assieme un nuovo cammino. Il primo passaggio fondamentale per dare una risposta ad una crisi, anche di natura antropologica, è quello di accettare la sfida del cambiamento. È innanzitutto a noi stessi, al nostro modo di operare, alla nostra modalità di fare impresa, al nostro approccio al mercato, e quindi avere il coraggio di uscire dalla zona confort di semplice difesa del nostro piccolo orticello, sperando magari che inaridisca per primo quello del vicino”.

Un nuovo pensiero, anche in economia? Il passaggio da una economia lineare a quella circolare?
“Occorre promuovere nuovi modelli economici, magari alternativi a quelli dominanti, innanzitutto perché sostenibili e rispettosi della qualità del territorio”.

Presidente, ma lei ritiene che una banca, e una banca locale, sia oggi in grado di creare valore tangibile e intangibile sul e per il territorio?
“RiminiBanca è nata da una forte idea di innovazione e di presenza incisiva, fortemente proattiva nel territorio e per il territorio, mettendo al centro il vero e insostituibile asset di ogni impresa: il capitale umano.
Tutto ciò è il frutto di alcuni interrogativi a cui stiamo cercando di dare risposta”.

Provi ad elencarli.
“Serve ancora una banca di comunità? E il territorio nelle sue varie articolazioni la desidera veramente? Possiamo ancora difendere una biodiversità nel mondo finanziario, tutto proiettato al gigantismo, e quindi scegliere e rafforzare un modello di impresa che risponde ai valori di autentica democrazia sociale?
Se la risposta, e ne siamo convinti, è positiva, quale deve essere una nuova funzione dell’istituto di credito per costruire valore e quindi restituire un dividendo sociale che è il compito precipuo della banca cooperativa e mutualistica?
È possibile immaginare una banca di comunità veramente distintiva, che non scimmiotti le grandi banche, ma abbia la capacità e l’ambizione di non essere considerata «figlia di un Dio minore», ma assuma la dignità e la capacità di essere all’avanguardia, e in grado di perfezionare qualsiasi operazione in materia finanziaria, magari garantendo che le risorse prodotte rimangano sul territorio e non finiscano con la velocità della luce in qualche caveau parigino?
È possibile che la ineludibile crescita degli strumenti digitali che accorciano in un nano secondo enormi distanze fisiche, possa essere compatibile e non sostitutiva della relazione che fa crescere la persona e quindi la comunità sociale) nel rapporto con un’altra persona stringendogli la mano?”.

Il recente intervento di housing sociale, realizzato proprio a Corpolò, rientra in questa nuova visione di banca ed economia?
“Dal 1 gennaio 2019 aderiremo, anche per legge, al gruppo bancario Iccrea, una famiglia che unisce altri 143 istituti di credito, una squadra dalle dimensioni idonee per affrontare un mercato più grande e nella sua complessità. Con Iccrea abbiamo dato vita al progetto di housing sociale di Corpolò. Potevamo vendere quei terreni ad un fondo, abbiamo invece cercato la soluzione più idonea per il territorio.
Questo è solo uno degli interventi che testimonia come RiminiBanca possa modificare le sue sembianze per affrontare la sfida della realtà. Non vestire più solo i panni dell’intermediatore finanziario ma diventare anche intermediario dell’economia reale.
È lo stesso principio che ha guidato un altro progetto innovativo che vede protagonista l’istituto di credito, assieme ad altri protagonisti e Iccrea: un sito che mette assieme le eccellenze di un territorio (hotel, agriturismi, etc) valorizzando tutte queste realtà a favore del visitatore”.

Sembra una rivoluzione copernicana del sistema bancario.
“La banca deve essere motore di sviluppo. Una banca globale del territorio. Se una Bcc come RiminiBanca non assume i connotati di punto di riferimento per il territorio, diventa un istituto fra i tanti presenti sul mercato.
La banca intermediaria dell’economia reale raccoglie invece dal proprio know-how le informazioni delle esigenze esistenti sul territorio, e diventa stimolo per la crescita delle imprese. Si passa così da un rating puramente finanziario ad un rating qualitativo”.

Sembra animato da un sacro furore. Riesce a trasmetterlo anche ai 200 dipendenti della banca?
“Tutti debbono – e possono – diventare protagonisti con la loro professionalità, umanità e passione”.

C’è poi anche il progetto, ormai in fase di completamento, di integrazione con la Bcc di Gradara.
A due anni e mezzo dalla fusione tra Bcc Valmarecchia e Banca di Rimini, era proprio necessaria questa ulteriore integrazione?
“Con Gradara c’è la condivisione di un grande progetto sul territorio. Sono più i motivi di unità tra le nostre due realtà che non quelli di divisione”.

A quando il matrimonio?
“I primi mesi del 2019. L’operazione è in fase molto avanzata, l’arrivo al traguardo dipenderà anche dall’evoluzione di alcune normative in corso”.

Ci auguriamo che possiate tagliare il traguardo a braccia alzate.
Presidente, dica la verità: dopo tanti anni al timone, ha ancora voglia di mettersi in gioco?
“Come padre e nonno, mi arde il desiderio di far crescere il territorio, per realizzare vere opportunità a favore dei giovani e dei più indifesi: lavoro, socialità, occupazione”.

Paolo Guiducci