Home Parla con noi RIMINI SOCIAL – BULLISMO. 60 MINORI COINVOLTI IN DENUNCE

RIMINI SOCIAL – BULLISMO. 60 MINORI COINVOLTI IN DENUNCE

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Il caso del tentato suicidio di una 12enne a Pordenone, vittima di bullismo da parte dei compagni di scuola, per il Vicesindaco con delega alla protezione sociale del Comune di Rimini, Gloria Lisi, è occasione per fare il punto sulla situazione riminese. Ogni anno più di 600 ragazzi delle scuole sono coinvolti in iniziative di educative e ci sono alcuni dati sul cyberbullismo che vedono un calo dei reati, ma dall’altra parte ci sono anche 60 minori coinvolti in denunce per stalking, diffamazione online, ingiuria, minacce, furti di identità digitale o diffusione di materiale pedopornografico.

Una sfida educative, quindi, che per il vicesindaco resta quanto mai cruciale e attuale.

Il caso del tentato suicidio di una 12enne a Pordenone, vittima di bullismo da parte dei compagni di scuola, per il Vicesindaco con delega alla protezione sociale del Comune di Rimini, Gloria Lisi, è occasione per fare il punto sulla situazione riminese. Ogni anno più di 600 ragazzi delle scuole sono coinvolti in iniziative di educative e ci sono alcuni dati sul cyberbullismo che vedono un calo dei reati, ma dall’altra parte ci sono anche 60 minori coinvolti in denunce per stalking, diffamazione online, ingiuria, minacce, furti di identità digitale o diffusione di materiale pedopornografico.

Una sfida educative, quindi, che per il vicesindaco resta quanto mai cruciale e attuale.


 

I recenti casi di cronaca, in particolare il tentato suicidio della dodicenne di Pordenone, riportano in l’attenzione di media e opinione pubblica sul potenziale distruttivo del bullismo. Una piaga che ciclicamente torna a far parlare di se solo per i casi più eclatanti, ma che in realtà vive tutti i giorni sotto forma di piccole e grandi angherie, bravate, offese che rovinano la vita di tanti ragazzi, spingendo i più fragili fino al gesto estremo.

C’è chi in questi giorni ha proposto nuove pene specifiche, come il Daspo di telefonini e la confisca di computer, trasformando in sostanza quello che ad oggi viene trattato come un fenomeno di comportamento a vero e proprio reato penale. Una proposta che merita attenzione e rispetto e che sto seguendo con grande attenzione. Non penso però che sia sufficiente e esaustiva una legge nuova, anche la migliore, per risolvere il problema. Se è vero questi episodi di violenza offendono prima di tutto le più elementari regole dl buon senso e della convivenza civile,ecco allora che diventa necessario chiamare in causa quella che è a tutti gli effetti una vera e propria emergenza educativa. Famiglia, scuola, istituzioni, forze dell’ordine, ognuna con le proprie peculiarità devono allora interrogarsi profondamente sui loro ruoli, compiti e modelli di riferimento.

Mai come in questi casi emergono le difficoltà legate alle figure genitoriali, o la delegittimazione di figure centrali per lo sviluppo dei ragazzi, come quella degli insegnanti. Troppo spesso, da genitore ancor prima che da amministratore, mi capita di ascoltare genitori coprire comportamenti inopportuni dei propri figli a scuola delegittimando gli insegnanti che, invece, andrebbero sostenuti ed aiutati nel difficile compito educativo. Il primo modello educativo e culturale è, e rimane, infatti quello famigliare,che non può delegare in toto a nessun altro il proprio ruolo. L’educazione dei nostri figli non può dunque che passare attraverso un vero e proprio patto educativo tra famiglie, scuole, istituzioni e forze dell’ordine.

A questo obiettivo ho lavorato con grande convinzione, cercando di promuovere progetti ed azioni diversificati, spesso innovativi, in grado di contrastare comportamenti negativi e lesivi e promuovendo modelli educativi inclusivi e solidali, coinvolgendo ogni anno più di 600 ragazzi delle nostre scuole il bullismo infatti si presenta oggi sotto diverse forme che comprendono anche il “cyber bullismo”, che sfrutta i social network per ampliare il proprio potenziale distruttivo.

Piccoli ma importanti segnali educativi che sembra stiano dando anche dei risultati positivi; confrontando i dati del 2014 e del 2015, alcuni reati commessi da minori risultano infatti in calo, come la diffamazione on-line che dai 20 casi del 2014 e stata sostanzialmente dimezzata nel 2015, o i furti di identità digitale su social network scesi da 15 a 7. Questo non deve però farci dimenticare come, solo nel 2014, siano state 352 le denunce per rati come stalking, diffamazione online, ingiuria, minacce, furti di identità digitale, o diffusione di materiale pedopornografico, e siano stati individuati 60 minori.

Aldilà dei numeri emerge come il bullismo chiami in causa non solo i ragazzi, quanto chi avrebbe il dovere di dar loro gli strumenti per sviluppare senso critico, consapevolezza e anche gli anticorpi per reagire alle provocazioni. Il bullismo, cyber e non, si annida laddove esiste un vuoto culturale e formativo che famiglia e istituzioni non sono riusciti a colmare. Educare al valore e alla potenza della parola. Della parola pronunciata, ma anche di quella scritta o‘postata’ ,capace di essere violenta, e il valore delle parole non dette, di chi subisce e che invece deve trovare il coraggio di portare a galla i torti subiti, mettendo da parte paure e vergogne. Questa è la vera frontiera, la sfida educativa di fronte alla quale tutti siamo chiamati a rispondere.

Maurizio Ceccarini