Home Attualita Rimini come Londra: le “Paralimpiadi” del riscatto

Rimini come Londra: le “Paralimpiadi” del riscatto

Sport, cinema e letteratura hanno fatto da contorno all’11ª edizione di “Esportiamoci”, tornata anche quest’anno a Marinagrande di Viserba dal 26 agosto al 1° settembre. Dibattiti, tornei sportivi di beach volley, proiezioni di documentari a tema e la premiazione del concorso “Insanamente” indetto da Fara editore: l’evento dedicato alle persone con disabilità psichica, che vede il patrocinio di Provincia di Rimini, Comune e AUSL, si è arricchito di contenuti ma anche di presenze.
Oltre 400 persone, infatti, sono giunte dalle diverse regioni italiane, per questo “percorso di salute, non solo mentale” che è ormai divenuto il motto dell’iniziativa.

I dati presentati durante la conferenza di presentazione non sono però molto confortanti./b> “Le persone visitate dall’Ausl di Rimini per disturbi mentali – spiega Daniela Ghigi, direttore del dipartimento Salute Mentale – nel solo 2011 sono state 5.300. Parliamo del totale, comprendendo i Centri di Rimini, Riccione e Cattolica, ma il dato è alto e in costante aumento. Per questo sono molto importanti iniziative come questa che portano le persone a uscire dai Servizi e a entrare nella comunità locale”.
L’incremento annuo di persone che accedono ai servizi è stimato intorno al 5% annuo, per questo il progetto nazionale, che è appunto “Esportiamoci”, avente come tema principale lo sport, assume ogni anno maggiore importanza.
Lo sport diventa lo strumento che permette alle persone di ritrovare fiducia, stabilire relazioni, far parte di un gruppo dove ognuno ha valore per quello che sa fare, in un contesto libero da pregiudizi.

Venire a Rimini significa per molti uscire dalla propria situazione, frequentare persone diverse, aprirsi a nuove possibilità, in un lavoro di insieme.
“Per troppo tempo si è commesso l’errore di lavorare sul o per l’utente – spiega Settimio Pretelli, educatore professionale riminese incontrato durante la manifestazione –. Occorre invece lavorare, gomito a gomito, partendo dalla vita concreta e quotidiana delle persone”.
Esempi pratici su questo sono spiegati nell’opuscolo Senza spartito scritto da Pretelli insieme a Gilberto Mussoni. “Facendo un buon lavoro sul territorio – continua – si possono ottenere buoni risultati”.
È proprio questo senso di vicinanza, questo oltrepassare i limiti dei servizi che spesso impostano regole (che pure ci devono essere), questo “darsi per gli altri” che fa sì che le ore di lavoro non si contino più, come fanno i tanti operatori che ogni anno lavorano per l’evento, ecco è tutto questo a produrre, spesso, i migliori risultati. Uno dei premiati del concorso “Insanamente” nel suo racconto “Tornare a sperare” (da Parole Folli a cura di Alessandro Ramberti, Fara Editore) racconta la sua esperienza di genitore. “Si è pensato di farlo entrare nelle strutture Centro diurno Arcobaleno – scrive Ottaviano Faggiana, di Arzignano (VI), parlando di suo figlio – e qui ha trovato un medico che con i suoi collaboratori, e con un programma personalizzato, gli hanno permesso di acquisire tante sicurezze che sembravano perdute. Tanto che è potuto tornare al lavoro anche se con prospettive ridimensionate. Per me e mia moglie e l’altro figlio, ciò ha avuto come del miracoloso, ci ha tolto quel pensiero che dalla malattia mentale non si guarisce. Nel caso di mio figlio si è dimostrato che da questa malattia, se i servizi funzionano, si può raggiungere la guarigione sociale, che per la famiglia vuol dire tornare a vivere, sperare, sognare con qualche possibilità di soluzione anche nel dopo di noi”.

Silvia Ambrosini