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Righetti, un riminese a Pamplona

Un Riminese a Pamplona. Questo il titolo più adatto da attribuire ad un fantomatico film se dovesse essere dedicato all’esperienza spagnola che sta vivendo il riminese purosangue Enea Righetti, 22 anni, una vita passata a dare calci ad un pallone e soprattutto a praticare ogni qualsivoglia forma di sport. Il “Rigo” (figlio d’arte dato che suo padre Gianluca, attuale allenatore della Primavera del Rimini, è stato un calciatore che ha collezionato anche delle presenze in serie A) dopo due stagioni disputate in prima squadra con il Rimini (2004/2005 in C1 e 2005/2006 in B) sotto la guida di Leonardo Acori, ha iniziato a girovagare per i campionati italiani con le maglie di Verucchio, Spal e Cesenatico fino a cogliere l’occasione che per ora si sta rivelando vincente: l’avventura a Pamplona con la maglia dell’Union Deportiva Mutilvera, che milita nella C2 spagnola, agli ordini del mister Javier Ubasos dove sta disputando un campionato di assoluto rilievo.
Come e quando ha iniziato a praticare questo sport?
“Ho iniziato da piccolino, quando avevo circa 5-6 anni nelle giovanili del Coiano, una squadretta di Prato. Abitavo nella città Toscana perché mio padre giocava proprio nel Prato, in C1. Comunque amo ogni genere di sport e fino ai 15-16 anni, quando il calcio non era ancora una cosa seria, ne ho approfittato praticandone altri: un anno di basket, tre di Ultimate, e anche il tennis”.
Cosa l’ha portata a lasciare Rimini?
“Quest’estate ho deciso di andare a giocare un anno all’estero perché un mio amico di Barcellona mi ha dato l’opportunità di venire a Pamplona in prova e io, non avendo ancora offerte concrete in Italia e con la voglia di fare un’esperienza estera, mi sono buttato e ho accettato. Dopo due settimane di prova ho firmato il contratto”.
Com’è Pamplona?
“È una città molto tranquilla: non c’è moltissima vita però è molto carina e si vive veramente bene senza avere alcun tipo di problema. Le persone qua mi hanno messo subito a mio agio e per qualsiasi cosa si offrono per darti una mano. Gli spagnoli sono persone splendide, con loro mi trovo molto bene”.
Quindi l’ambientamento è stato semplice?
“Oddio, non proprio. Le prime 2-3 settimane non sono state semplici anche perché non avevo una vaga idea della lingua e parlavo solo inglese con le poche persone che lo sapevano. Mentre adesso sono indeciso sul tornare in Italia da quanto sto bene. Poi le altre difficoltà sono rappresentate dalle differenze di gioco che distinguono il calcio italiano da quello spagnolo: il calcio spagnolo ha più pause, viene lasciato più spazio alla qualità del giocatore, è meno tattico, mentre in Italia viene tutto ingabbiato in schemi rigidi”.
Cosa le manca di Rimini?
“La mia famiglia e i miei amici, ma soprattutto la piadina! Però, ripeto, adesso come adesso non penso di tornare”.
Come sta andando il suo campionato?
“Bene, per il momento sono contento, siamo terzi in piena zona play-off. Sono principalmente un difensore centrale ma vengo utilizzato anche come centrocampista in mezzo al campo. Fino a questo momento ho anche segnato 3 gol, tutti decisivi”.
Sembra ci sia aria di crisi anche nel calcio spagnolo.
“Qua ci sono meno soldi da spendere rispetto all’Italia. In generale la crisi nella società spagnola è molto più pesante: basta pensare che nella mia squadra hanno licenziato ben cinque persone da quando è iniziato questo periodo”.
Sta seguendo la stagione del Rimini dalla Spagna?
“Certo. Il Rimini è molto competitivo, ha un bel gruppo e tanta qualità anche dopo le cessioni di Lunardini e Vantaggiato. Selighini è stato anche mio allenatore: è una grandissima persona e un tecnico molto preparato. Lo stimo molto”.
Quali sono i suoi progetti futuri?
“Sinceramente ora non lo so. Tornerò in Italia per le vacanze estive e poi spero di rimanere in Spagna. Se c’è la possibilità di restare un altro anno magari salendo di categoria sarei contento altrimenti, se non sono particolarmente stimolato dalle proposte che ho qua, tornerò in Italia”.

Matteo Petrucci