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Restituire è la regola del Sermig

“Perché siamo così bugiardi? Siamo testimoni veri, per i nostri giovani e per le persone che accogliamo?”. Non è un tipo da convenevoli o che perde tempo Ernesto Oliviero, fondatore del Sermig, che con un sorriso e questa esortazione ci accoglie in un’ampia stanza dell’Arsenale della Pace, per un lungo incontro con lui, al termine del cammino di formazione di due giorni che ha portato dipendenti, volontari e familiari della Caritas Diocesana di Rimini fino a Torino per incontrare questa realtà di accoglienza e pace.
Un piccolo uomo mosso da una fede umile e semplice, con un grande sogno: quello di sconfiggere la fame e la povertà e dare un ideale ai giovani cercando insieme a loro le vie della pace. Un ideale che ha trovato una risposta concreta nelle tantissime persone che negli anni si sono avvicinate al Sermig, soprattutto giovani, donando tempo e risorse materiali e personali per far crescere questa realtà che ogni anno accoglie migliaia di persone in difficoltà.
Quello che sorprende e salta all’occhio subito, è l’armonia che si respira in questo luogo, nonostante le centinaia di persone che ospita ogni giorno. C’è davvero pace. Le moltissime attività presenti e le persone che ci collaborano – dal doposcuola per i bambini, al servizio mensa o al laboratorio di restauro – fanno parte di questa grande famiglia che fa dell’incontro e dell’accoglienza un modo di vivere. “Dio non guarda l’orologio, il bene si fa bene. – ci racconta Mattia, uno dei giovani della fraternità che ha scelto di consacrare la sua vita a questa realtà – Significa avere attenzione e cura anche per gli ambienti in cui le persone sono accolte. Ogni situazione è un’opportunità di bene. Attraverso la nostra attività vogliamo costruire quel bene che fa notizia. Noi vogliamo renderlo visibile, per mostrare che si può scegliere il bene e scardinare il pessimismo dilagante che c’è e crea sfiducia soprattutto nei giovani”. Per una Chiesa scalza, come testimonia Ernesto, fatta di azioni quotidiane di accoglienza. Di sì e di no fermi, anche quando questo costa fatica.
E nel concreto come possiamo farlo? Promuovendo una bontà che non sia buonismo, ma partecipazione attiva dove ognuno possa fare la sua parte.
“Al Sermig devi cacciare il soldo. – dice sorridendo Luigi, volontario che si occupa dell’accoglienza di chiunque bussi al grande portone dell’Arsenale e che come Ernesto, ha scelto di lasciare il suo lavoro in banca, per dedicarsi pienamente ai poveri – Chiediamo alle persone che accogliamo di contribuire con quello che possono, anche solo un euro al giorno. – ci spiega – Questo non serve a finanziare il Sermig ovviamente, ma alla persona stessa, per riconoscere la dignità che merita e promuovere la sua autonomia”.
Partecipazione e restituzione, un’altra parolina che a volte diamo per scontato ma che al Sermig è sulla bocca di tutti. Restituzione come valorizzazione delle capacità di ciascuno, condividere tempo, cultura, beni materiali e non, con i più poveri, per il loro sviluppo e la loro dignità. Al Sermig la restituzione è una delle regole, che porta ogni progetto che nasce a crescere e espandersi al di là di ogni previsione “perché c’è un filo rosso che guida sulla via del bene e della speranza ed è quello della fede nel Signore” ci confida Ernesto, prima di salutarci.
Si chiude dietro di noi la porta dell’Arsenale e si apre la raccolta di riflessioni che hanno provocato questa bella e intensa esperienza. Cosa ci portiamo a casa dall’incontro con questa realtà, da sembrare così perfetta e generare anche un po’ di sana invidia? <+cors>“Noi abbiamo desiderato cambiare la nostra vita” mi viene in mente questa frase che ci ha detto Ernesto, con quella sua freschezza di sguardo e parole. Una frase che ci provoca profondamente: quanto siamo disposti a cambiare i nostri schemi per incontrare l’altro? Che sia un collega, un volontario che collabora con noi, un richiedente asilo o un senza fissa dimora…Quanto siamo disposti a incontrare l’altro e a cogliere la provocazione che porta? Domande che danno vita ad un cammino, sia come persone che come cristiani che operano in quella grande famiglia che è la Caritas. Un’esperienza, questo incontro con la realtà del Sermig e Ernesto Oliviero, che conferma la solidità di un gruppo di lavoro attento e curioso, la positività dei progetti di accoglienza attivi sul territorio e la volontà di continuare a testimoniare ogni giorno le nostre scelte di bene, perché ognuno di noi nella propria vita possa costruire un Arsenale di Pace.

Valentina Ghini