Home Cultura Ravegnani: l’artista dimenticato

Ravegnani: l’artista dimenticato

Rimini si perde per strada i suoi artisti, per lo meno se ne è perso per strada uno. Stiamo parlando di Giuseppe Ravegnani nato a Rimini nel 1832 e morto a Ferrara nel 1918. Un personaggio particolare, un artista eclettico, che ha lavorato a lungo fuori Rimini e che Rimini di contrabbalzo ha pensato bene di dimenticare totalmente.
Non esiste biblioteca, muro o museo che ospiti una sua opera e dire che di affreschi ne ha dipinti, ma vuoi i cambi di gusto, vuoi i bombardamenti che hanno in varie occasioni colpito la città, tutto è andato perduto. Oggi a ricordarlo ci pensa Giulio Zavatta, in un saggio “Per una biografia di Giuseppe Ravegnani, pittore riminese dimenticato” pubblicato sulla storica rivista d’arte Romagna arte e storia, (2007, n.79). Si cerca di ricostruire una biografia quindi. Ma una biografia particolare, che come spiegherà l’autore del saggio in una noticina a margine: “intende fissare alcuni punti fermi nella storia sia familiare, sia produttiva dell’artista (…). Si vuole costituire una semplice successione di fatti, opere ed eventi, comunque certamente non esaustiva, perché molto di questo interessante e operoso artista resta da scoprire”.
Dalla biografia ricostruita nel saggio, si legge:
“Nato a Rimini nel 1832 da famiglia altoborghese, consumò la propria gioventù tra ozi da vitellone e battute di caccia, prima di iscriversi fuori corso all’Accademia Artistica di Bologna, consigliato e sollecitato in questa carriera da Alessandro Manzoni, amico di famiglia. È probabile tuttavia che una prima formazione artistica l’avesse ricevuta in giovane età dal pittore riminese Luigi Pedrizzi. Così, infatti narra Carlo Tonini, dichiarando tra i tanti allievi di questi gli ‘eccellenti artisti Ravegnani e Bilancioni’. Ma questo alunnato doveva essere servito semplicemente per i primi rudimenti del mestiere. Altrove, a Bologna e per lungo tempo Giuseppe Ravegnani avrebbe proseguito la sua formazione. Dal 1853 è documentato infatti all’Accademia della città felsinea, e nel 1856 una delle sue opere fu premiata con l’acquisto. Si trattava di un ‘Cortile di Palazzo Spada’(…). Nel successivo concorso del 1857 Ravegnani ebbe nuovamente premio (primo nella classe in prospettiva) e mensione e una ‘Veduta del fianco settentrionale della Chiesa di San Francesco’ fu celebrata (…). L’opera fu acquistata allora dal Conte Francesco Ranuzzi e oggi si trova presso le Collezioni d’arte della Cassa di Risparmio di Bologna”.

L’attività artistica
In generale dai documenti raccolti e dalle testimonianze esistenti, si comprende come la prima attività pittorica dell’artista era dedicata al genere della veduta (non manca tra le sue opere una bella Veduta della Rocca Malatestiana di Rimini, che anche se a lungo venne attribuita ad un altro autore, è stata poi riconsegnata alla sua legittima origine).
Anche se a Bologna viene più volte segnalato come uno degli internisti più bravi della città. Il suo operato venne considerato seriamente, visto che decorò anche gli interni della chiesa di San Bartolomeo a Bologna, in particolare la seconda, la quarta e la quinta cappella.
Di lui si dice che era un camaleonte. Una dote che ha permesso al pittore riminese di rinnovarsi varie volte e di cimentarsi con diverse cose. Zavatta scrive nel saggio “Questo giudizio (relativo al camaleontismo, ndr.) può essere consono all’attività ferrarese ultima, dal 1880 in poi, ma non alla prima produzione ‘paesaggistica’ bolognese, fresca e ricca di spunti innovativi rispetto alla locale e coeva tradizione della veduta”.

Il ritorno a Rimini
Giuseppe Ravegnani tornò a Rimini dopo il periodo bolognese. Qui, per quanto se ne può sapere si dedicò all’ornato. “Nella natia Rimini fu infatti impegnato tra il 1870 e il 1873 ad affrescare finte architetture e decorazioni negli stabilimenti balneari, nella sala da ballo del Kursaal (…). Come è ben noto, la sorte dello Stabilimento Bagni di Rimini, scampato alle distruzioni della guerra, fu quella di essere demolito”. Giunge a noi dal lontano 1931 un articolo sulla Pinacoteca di Rimini che molte opere di Bilancioni andarono distrutte. Dopo i lavori al Kursaal arrivarono quelli alla chiesa Santa Chiara di Rimini. Di quella Chiesa “A Ravegnani era attribuito anche il disegno della cimasa dell’organo, intagliata poi da Giulio Pazza e dorata dai vicentini Giuseppe Dal Corno e Giovanni Cola”.
Il successo a Rimini, arrivò proprio con questo lavoro. Vuoi perché il luogo di culto era balzato agli onori della cronaca a causa di un miracolo della Beata Vergine, avvenuto appena venticinque anni prima, vuoi per gli interventi da lui fatti. Per lungo tempo il nome di Ravegnani e quello di Bilancioni (che collaborò con lui ai lavori) vennero spesi in varie occasioni e in modo lusinghiero. Poi ci fu la svolta attribuibile ad una calamità naturale. Siamo nel 1916 e la città venne scossa da un tragico terremoto, che danneggiò gravemente anche l’edificio di Santa Chiara. A noi è giunta notizia che lo stesso edificio venne restaurato da Ivo Valentini e Francesco Brici. “Risulta oggi difficile – si legge – stabilire l’entità dell’intervento di Brici, non essendo specificato se venne rifatto tutto l’ornato. E non è possibile determinare con certezza se l’opera di questo ultimo pittore ricalcasse in qualche modo le quadrature ottocentesche di Ravegnani, o integrasse solamente parti mancanti a seguito dei danneggiamenti. Anche per quest’opera comunque, come per quella del Kursaal, la sorte fu quella di scomparire, in questo caso se non forse del tutto dalla superficie dei muri, certamente e definitivamente dalla memoria dei riminesi”.

La commissione del declino
Poi arrivò un’altra commissione importante, ma anch’essa poco fortunata. È il 1876, la location è la Cella delle Reliquie nel tempio Malatestiano. Ravegnani è chiamato ad ornarle e decorarle. Con grande emozione e amore l’artista si avvicinò al meraviglioso affresco di Piero della Francesca. Ma questo non venne considerato positivamente. I clamori che avevano accompagnato l’artista nel caso della Chiesa di Santa Chiara, lo hanno completamente abbandonato in questo nuovo lavoro. In molti considerarono quel lavoro “con pitture discordi dall’ambiente e dall’affresco di Piero della Francesca”. Nel 1915 quegli affreschi vennero cancellati. Un triste destino cominciava ad abbandonare la dimensione della casualità, in Ravegnani c’era qualcosa che non gli avrebbe mai permesso di arrivare sino ai giorni nostri.

Il periodo ferrarese
A partire dal 1880 v’è traccia del Ravegnani a Ferrara. Aveva cinquant’anni quando ricoprì il ruolo di direttore della Scuola di Belle Arti “Dosso Dossi”, che con lui acquistò una certa vivacità culturale. Il nuovo lavoro non lo allontanò dalla pittura e dall’amore per gli affreschi. Continuò a farne, così come continuò con la pittura di cavalletto. “Tra gli affreschi che gli sono assegnati, anche se con prudenza e in maniera dubitativa, si segnalano quelli che ornano la casa dell’artista, nell’atrio del Palazzo Saraceni”. Ma a parte la sua casa, risulta che gli venne affidato un importante lavoro nel 1884, quando venne chiamato a decorare alcune delle stanze del bellissimo Palazzo Arcivescovile della città.
Morì a Ferrara, il 9 marzo del 1918.

Angela De Rubeis