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Raccontare la Storia con sana leggerezza

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La Bibbia raccontata al modo di Paolo Cevoli” è lo spettacolo andato in scena presso il Teatro Sociale di Sondrio. Quasi due ore di “storie”, tutte tratte dall’Antico Testamento, rilette in chiave contemporanea, affidate alla simpatia del comico riccionese famoso per i personaggi che hanno imperversato in tv a Zelig (dall’assessore di Roncofritto all’imprenditore di maiali Teddi Casadey) e per i suoi spettacoli teatrali.

“Sono un po’ come Masaccio – ha spiegato l’attore – he vestiva i protagonisti dei suoi quadri, sebbene appartenessero ad un’altra epoca, con quelli della sua epoca”. Cevoli stesso si definisce “imprenditore con l’obbì del cabarè”, rigorosamente scritto così, da immaginarsi pronunciato con il suo coinvolgente accento romagnolo e una capacità di raccontare e raccontarsi che renderebbe divertente anche la lista della spesa.

 

“La Bibbia. Il Libro dei Libri. Il Best Seller dei best sellers. Da tutti conosciuto anche se forse non da tutti letto. Ma sicuramente anche quelli che non l’hanno mai sfogliato, hanno qualche nozione di Adamo ed Eva, Caino ed Abele, Noè e l’arca”. Sono le parole con cui è iniziato lo spettacolo sondriese e che Cevoli affida alla sua pagina ufficiale. Quello in teatro è un momento per imparare a riflettere, con leggerezza e con il sorriso, su testi che sono alla base della fede. “Sapete – ha detto ancora l’attore – tutti diciamo: «ti racconto una barzelletta» ma non sappiamo da dove nascano… Ecco, secondo me le barzellette ce le raccontano gli angeli, per portarci un po’ di leggerezza nella nostra vita… Gli angeli sono senza peso, per poter volare, sono il simbolo della leggerezza, una leggerezza che significa sapersi affidare”.
Paolo Cevoli rilegge i temi biblici della creazione come una grande rappresentazione teatrale, dove Dio è il “capocomico” che si vuole rappresentare e far conoscere sul palcoscenico dell’universo. Dio è il “Primo Attore” che convoca come interprete i grandi personaggi della Bibbia. E forse anche ognuno di noi è protagonista e attore e può scoprire anche l’ironia e la comicità di quella Grande Storia.

Da dove è nata l’idea di raccontare la Bibbia?
“Faccio teatro da 15 anni. Nasco come imprenditore e mi sono sempre occupato di alberghi e ristorazione. Nella mia vita non ho mai pianificato nulla e sono diventato un «personaggio di spettacolo» a 44 anni. Sul palcoscenico per me è normale raccontare storie. La Bibbia? Nove anni fa ho fatto un pellegrinaggio in Terra Santa, un viaggio che mi ha suggestionato moltissimo. Sul lago di Tiberiade ci siamo fermati presso un approdo per le barche e ho visto una specie di «barbecue». la guida ci disse: «qui, probabilmente, Gesù Cristo risorto, aspettava con le braci ardenti, i suoi amici che tornavano dalla pesca. Questo episodio mi è rimasto nel cuore. Ho cominciato a pensarci e a chiedermi: chissà come sarà andata… Da qui è nato lo spettacolo «Il cuoco dell’Ultima Cena».
Poi le persone che lavorano con me e tanti fan mi hanno detto: tu le storie del vangelo le racconti in modo originale, divertente, ironico, leggero. Perché non guardare anche all’Antico Testamento… Quindi l’idea, a dire il vero, non arriva da me ma sono stati gli altri a suggerirmela. La Bibbia, con le sue 300mila parole aramaiche e le oltre 100mila in greco, racconta storie dove forte è l’impronta di Dio. Penso a tutte le persone che non vanno più in Chiesa, ai ragazzi che non frequentano il catechismo o che hanno genitori che si dicono non credenti: è il mio modo per contribuire a far conoscere quei contenuti… che altrimenti in moltissimi non conoscerebbero!”.

La Bibbia per raccontarla bisogna leggerla, senza fermarsi alla superficie. Dove sta la parte più difficile, per passare dal linguaggio rivelato al racconto sul palco?
“A dire il vero non ci sono poi tutte queste difficoltà… Quelle della Bibbia sono storie universali, che riaccadono continuamente. Io ho letto la Bibbia a partire da me, dalla mia storia, dal mio cuore, dalla mia esperienza, dalla mia testa. E mi sono messo anche dalla parte del popolo ebraico. Si sono raccontati, per tutta la vita, la loro storia. Hanno fatto memoria di tutto quello che è successo loro. Come Maria, nel Magnificat. La prima cosa che fa, nel suo incontro con Elisabetta, è ricordare quello che le è capitato. Raccontare: è un meccanismo che rende sempre nuove tutte le storie… E poi non potrei fare altrimenti di raccontare queste storie: farei fatica a non dire questa cosa meravigliosa che mi è capitata e che è la fede… è un po’ come con mia moglie e i miei figli, non riesco a non pensare e a non parlare di loro… Alcune battute dello spettacolo sono espressioni che utilizza effettivamente mia moglie: prenderla in giro è il mio modo per dire quanto tengo a lei!”.

C’è una domanda che torna spesso nel suo spettacolo: Dio è buono o è cattivo?
“È un interrogativo grande, che in tanti ci facciamo. Soprattutto se si vive un’esperienza di dolore. Ripenso a un incontro fra papa Francesco e alcuni malati. Gravi. Un bimbo gli ha chiesto: perché io? Il papa gli ha risposto: Non lo so. Bellissimo! Il Papa ha detto a quel bambino e a tutti noi: «Non ti do’ una rispostina, carina, che risponde alle mie attese. Però sono sicuro che Dio ti vuole bene». Chi non si fa questa domanda – Dio è buono o è cattivo? – ha un cuore di pietra. A tutti succede una malattia, un dispiacere, anche solo la domanda sul perché morire. Lo stesso Gesù se l’è chiesto e si è affidato anche Lui. Gesù non è venuto a spiegare. Ma ha vissuto il dolore e ci ha fatto vedere come viverlo…
Avrebbe fatto a meno della Croce e ha avuto una paura tremenda, peggiore di quella che potrebbe provare ciascuno di noi. Perché il suo legame con il Padre è tale che sperimentare quel senso di abbandono deve averlo ferito tremendamente. Ma poi si è affidato e ci ha detto che solo affidandoci e fidandoci la nostra vita avrebbe avuto un senso”.

Quanto è importante la fede nella sua vita?
“Penso che non esista un uomo che non abbia fede, perché la fede è una cosa senza la quale non puoi vivere. Come fai a vivere nel dubbio? E poi Dio ci vuole bene per quello che siamo. Lo sa che siamo stupidi, peccatori, eppure fatti a sua immagine e somiglianza, ovvero liberi. Oggi non sappiamo più cosa sia la libertà. La confondiamo con il fare quello che si vuole. La libertà è fare quello che ci rende felici. E l’amicizia con Lui, che ci vuole bene e si fida di noi, nonostante tutto, ci rende felici”.

Enrica Lattanzi