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Quel Bianchi, che caratteraccio!

Studiando la storia del porto riminese è inevitabile incontrare il medico anatomico Giovanni Bianchi, protagonista delle sue vicende dopo il 1764. Carattere polemico nel 1741 tentò a Siena la carriera accademica; una storia che era semi sconosciuta ma cruciale per la sua carriera. Scopriamo di volta in volta, tassello dopo tassello, che si tratta di un personaggio, anche oggi, di una singolare attualità.
E un altro tassello lo abbiamo aggiunto, recentemente!
La prestigiosa Accademia Petrarca di Arezzo, sapendo che studiavo l’argomento, ha inserito nel suo programma una conferenza sul contenuto del carteggio Bianchi–Perelli invitandomi a relazionare sui documenti. Nel 1918 Ugo Viviani (1871–1944) Medico legale, psichiatra, cultore di discipline umanistiche, divulgatore di scienza, storia e letteratura, pubblicò le lettere di Giovanni Bianchi al Professore di origini aretine Tommaso Perellli (1701-1783). Perelli studioso di legge, fisica, medicina, astronomia e idrostatica, fu rinomato professore universitario di astronomia a Pisa, Direttore della Specola, tra i maggiori letterati del secolo. Giovanni Bianchi conobbe Perelli a Bologna forse nello studio della medicina con Beccari. Nel 1741 l’intercessione di Perelli procurò a Bianchi l’incarico di Notomista a Siena, una vicenda curiosa. La chiamata a Siena, scrisse Bianchi, avvenne senza alcun suo “maneggio”. Ignaro, Carlo Tonini nel testo La cultura letteraria scriveva che “per quella nomina tanto più onorifica” si scomodò il Granduca di Toscana. Non fu così.
Le novità che ci arrivano da questa piccola scoperta sono tante anzi tantissime, tutte contenute nelle 22 lettere di Bianchi; fuochi d’artificio con botto finale, tre anni a Siena vissuti intensamente. Sono emersi i rapporti di Bianchi con l’Università, con i senesi, con i ministri e la Reggenza Lorenese. Tutti i curiosi aspetti del carattere di Bianchi, testimoniati dalla sua scrittura. Per Girolamo Carli prevalsero in lui l’affermare cose contrarie ai fatti, e la capacità di fare l’opposto di quanto promesso. Qualità che fanno di Bianchi un italiano ante litteram oltre un secolo prima dell’unità d’Italia. Nel carteggio sono assenti l’insegnamento, la pratica anatomica, la “sperimentazione” della nuova scienza medica dei “filosofi naturali” di scuola bolognese. Bianchi a Siena fu indomito promotore di se stesso in ogni disciplina, medicina, lettere, botanica, ecc… e considerò avversari chi non fu del suo parere.

Il documento
Il 20 aprile 1741 Perelli scrive a Bianchi “Io non ho esitato punto a nominare la vostra persona, e a entrargli mallevadore che voi corrisponderete a pieno all’intenzione di questi Sig.ri […]. Su tale mia informazione i medesimi si sono mossi ad offrirvi come fanno per mezzo mio la detta Cattedra coll’onorario annuale di 300 scudi (Perelli consigliò a Bianchi di trascurare le contese letterarie, ndr). Il profitto degli scolari al quale unicamente si avrà la mira nello scaricarmi dal resto delle fatiche che non servono che per l’ostentazione e la boria letteraria”. La “boria letteraria”, la stizza, la polemica, l’intolleranza dell’altrui nell’ambiente accademico e cittadino arrivò all’insulto reciproco e non fu gradito dalla Reggenza. A Siena criticò tutti, scriveva a Perelli che i Professori senesi erano “presunti letterati… molto ignoranti… molto incivili… uniti fra di loro come sorci passeri e galline”. Gli studenti senesi erano “gioventù più disattenta e più scioperata… ingegni più che mediocri e più deboli di quelli del mio paese”. Planco, rivolse una serie di insulti contro il Dott. Leone Pagliai e l’Accademia dei Fisiocritici unendo il ridicolo delle “corregge” al tragicomico della “scimmia”. Girolamo Gigli letterato Accademico della Crusca “buffone”. Colleghi, Letterati, cittadini “ignoranti e ribelli… che non erano capaci di rispondergli… pazzi cervelli”. Delle donne “signorine senesi che si divertono onorevolmente, come quelle di costì (Rimini e Pesaro) con gli ufficiali che tengono in casa…ora in un prato fuori porta Camollia… si trastullano di vedere il semplice congiungimento dei montoni con le agnelle”. Pompeo Neri Uditore, Consigliere di Stato, Segretario della Reggenza era “Uzidaros”, taccagno, restio a pagare. I medici teologi del Granducato di Toscana “servum pecus”. Bianchi pubblicò Ioannes Blanco seu Ianus Plancus, Auctore Anonjmo contenente accuse e maldicenze contro l’Università, i colleghi ed i letterati ma lodando se stesso. Tant’è che il 26 marzo 1743 fu costretto ad intervenire Neri Venturi, Senatore e Consigliere della Reggenza: “Fra le persone, che sono destinate con stipendi, e ricognizioni dalla Clemenza del Nostro Sovrano per insegnare ed istruire i giovini negli Studi delle Scienze, e belle lettere, e non per promuovere controversie, che tendono a turbare, et interrompere nel Pubblico quella quiete et armonia, che meritamente è a cuore al Governo, e che si vuole conservare, anco a costo di dovessi esemplarmente gastigare chi in avvenire tenterà o colle stampe, o con gli scritti o colle parole, l’altrui estimazione, e decoro offendenti, in qualunque maniera violarla. Nel partecipare a V. S. Ill.ma questi Sentimenti dè Superiori, la prego in oltre a compiacersi di rendersi di rendergli palesi a tutta la città, affinchè in futuro ciascuno possa guardarsi dal trasgredire verso i Suoi Colleghi, e Concittadini i limiti dell’onesto, Sicuro di riportarne col diverso contegno inevitabilmente il vigoroso conveniente gastigo”. Bianchi fu costretto alla ritrattazione. Girolamo Carli scrisse che Bianchi a Siena “non incontrò molto il genio di que’ Cittadini”. Nel libro De vescicatorj Bianchi la definì una “gita” a Siena. Una gita iniziata senza buoni auspici, qualche mese prima a Cortona cadde dal calesse, si curò la contusione alle costole con il “salasso ed altri rimedi”. La galenica pratica terapeutica del salasso a sostegno della teoria umorale di Ippocrate, trasformata in un rimedio universale “ad uso degli antichi” ai quali spesso si rifà Bianchi. Fu l’inizio della carriera dell’insegnamento nella pratica dell’anatomia, attesa per 20 anni ma il tentativo finì con l’abbandono e il ritorno a Rimini, forse passando per Pisa e Lucca visto il lasciapassare del 29 agosto 1744 conservato in Gambalunga. L’esito fu subito noto al mondo dei letterati, Ludovico Antonio Muratori informato dall’Abate Giuseppe Pecci, da Modena il 6 aprile 1743 scriveva “d’aver udito con dispiacere quanto ella mi ha notificato intorno al poco buon esito del signor Dottore Bianchi. Non l’ho mai praticato”. Il 12 luglio 1743 “Con dispiacere (bisogna che lo confessi) ho inteso la dissensione fra voi altri signori e il signor dottore Bianchi con tutte le conseguenze; perchè veggo di mal occhio i letterati in guerra fra loro; guerra, dico, che riguarda non qualche utile punto di letteratura ma la depressione l’un l’altro. Certamente gran difetto è l’alterigia in un letterato; e se peccasse in questo il signor Bianchi, sarebbe poco compatito […] sia detto a lei in confidenza: costì è persona, da me non conosciuta, che voleva scrivere contro di lei”. Purtroppo l’esuberanza di Bianchi gli procurò molte avversità, Muratori compreso. In tarda età propose l’acquisto della sua collezione ai senesi in cambio di una abitazione e del calesse a cui era abituato oramai da 20 anni. Nel 1763 fu associato all’Accademia dei Fisiocritici.

Loreto Giovannone