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Quando Verucchio era capitale d’arte

Giulio Carlo Argan, tra i più famosi storici e critici d’arte del Novecento italiano, tentò di opporsi alla grande ondata della “Pop Art” americana, segno evidente, a suo avviso, dell’incapacità dell’intelligenza contemporanea a sollevarsi al di sopra del mercato e della sottocultura di massa. Simile in questo a filosofi come Adorno e Horkeimer, ma anche al nostro Elémire Zolla, egli cercò di delineare un baluardo contro la catastrofe poetica ed espressiva, rintracciando quelle linee estetiche che meglio affondavano le radici nel più complesso pensiero europeo.
Tutto ciò è conosciuto: meno noto è il fatto che una buona parte di questa raffinata elaborazione intellettuale avvenne nel nostro territorio, tra Verucchio, la Repubblica di San Marino e, in forma tardiva e minore, Rimini. Proprio in questi luoghi venne a compiersi un’accurata riflessione sull’idea di Gestalt come innata necessità di ordine intimo e di senso, di compimento e direzione. Da tale visione sorgeranno così anche l’arte cinetica e l’optical art, le quali, come forme di meditazione sulle capacità percettive e conoscitive dell’uomo, portavano il discorso su categorie scientifiche e filosofiche ben più profonde delle fascinazioni “pop” statunitensi. Questo periodo è ora celebrato nella mostra Da Fontana a Yvaral (Verucchio, 27 luglio – 28 settembre 2008), promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini e sostenuta anche dall’aiuto personale del suo nuovo presidente, Alfredo Aureli.
L’esposizione è mirabilmente curata da Luca Cesari, finissimo studioso e storico dell’estetica, e illustrata da un elegante catalogo edito da Pazzini. Qui si espongono, dopo essere rimaste invisibili per ben trent’anni, le opere della Collezione della Pinacoteca di Verucchio, costituitasi coi doni di quei ’poeti visivi’ che, dal 1952 al 1970, avevano preso parte agli incontri d’artisti, critici e studiosi, diretti nel piccolo comune romagnolo dall’infaticabile e attentissimo Gerardo Filiberto Dasi, oggi “patron” dell’Associazione «Pio Manzù» e allora profetico organizzatore culturale di eventi dedicati all’arte moderna e contemporanea. Profetico proprio perché, prima di approdare alle grandi manifestazioni nazionali e internazionali, le nuove forme dell’arte “pop” e “gestaltica”, “cinetica” e “povera”, “informale” e “optical” trovavano accoglienza presso i Convegni di Verucchio e le Biennali di San Marino e di Rimini. Qui Dasi, con i suoi collaboratori e invitati (tra cui, oltre ad Argan, occorre almeno ricordare Cesare Brandi, Rosario Assunto, Umberto Eco, Bruno Zevi, Kenzo Tange) intesseva, in un confronto denso e profondo, i sentieri se non i destini della più alta cultura figurativa d’Europa e del mondo. Non a caso la mostra si arricchirà il 20 di settembre degli interventi di Gillo Dorfles e Maurizio Calvesi, due tra i prestigiosi intellettuali che hanno partecipato agli incontri verucchiesi e che hanno impegnato la loro ricerca tra antico e moderno: il primo dividendo la propria passione critica tra la pittura visionaria del cinquecentesco H. Bosch e i protagonisti della contemporaneità, il secondo lasciandosi affascinare sia dai maestri del suo tempo sia dall’indagine storica sui significati nascosti dell’arte tra Medioevo e Barocco.

Alessandro Giovanardi