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Guida breve per la chiesa riminese di Sant’Agostino

5.00

autore: Pier Giorgio Pasini
fotografo: Luciano Liuzzi
editore: ilPonte
numero pagine: 32
stampato: luglio 2007
prezzo: 5 euro
informazioni: redazione@ilponte.com

Descrizione

La chiesa di Sant’Agostino è la più grande della città e della diocesi di Rimini, e l’unica che, almeno all’esterno, conserva ancora un carattere architettonico medievale. Le sue alte mura perimetrali sono formate da cortine laterizie ritmate con regolarità da sottili lesene e sono coronate da una doppia cornice ad archetti; si presentano piuttosto tormentate, recando molte tracce di vecchie aperture e di posteriori aggiunte edilizie. L’aspetto attuale è dovuto ai restauri e all’isolamento operati negli anni venti e trenta del Novecento.

La parte meglio conservata e più suggestiva è quella dell’abside e del campanile (alto ben 55 metri), di forme moderatamente gotiche. I portali in pietra appartengono al XVII e XVIII secolo, e sono sormontati entrambi da un’aquila che è il simbolo “apocalittico” di san Giovanni evangelista. La chiesa è sempre stata dedicata a san Giovanni evangelista; ma, essendo appartenuta agli Eremiti dell’ordine agostiniano, veniva e viene comunemente detta di sant’Agostino.

Come i fianchi anche la facciata mostra molte tracce dei rimaneggiamenti subiti nel corso dei secoli; originariamente doveva essere assai diversa, con tre occhi o rosoni al centro e forse con archivolti sepolcrali ai lati del portale. Un “ricordo” di questi ultimi può essere ritenuta la tomba di Giovan Battista Paci, cavaliere di Santo Stefano, del 1618, a sinistra del portale.
La costruzione è databile agli ultimi decenni del Duecento ed è dovuta agli Eremitani di sant’Agostino, ai quali nel 1256 era stata concessa l’antica e modesta chiesa parrocchiale dedicata a san Giovanni evangelista, posta proprio al centro della città. Dopo aver acquistato le case e i terreni contigui fino ad occupare tutto l’isolato, gli Eremitani la ricostruirono molto più grande, forse a partire dal 1287, quando riuscirono a concludere positivamente una vertenza con la vicina parrocchia dei santi Giovanni e Paolo, cui era stata sottratta una buona parte del territorio di competenza.