Home Ultimaora “I poveri appartengono a tutto il territorio”

“I poveri appartengono a tutto il territorio”

Anno nuovo, direttore nuovo. Nell’accingermi a rivestire questo nuovo ruolo voglio condividere con voi alcuni pensieri.

Il primo, legato al mio essere francescano secolare, pensando ai tanti, articolati e complessi servizi che mi accingo ad ereditare, penso a quanto San Francesco, ormai nell’ultimo periodo della sua vita così intensa, così piena, così dedicata a Dio, disse ai suoi fratelli: “Incominciamo, fratelli, a servire il Signore Dio nostro, perché finora abbiamo combinato poco”.
Questo è il primo atteggiamento che insieme a voi voglio tenere: non accontentiamoci mai di quello che abbiamo fatto, anche se importante e grande, sicuramente c’è qualcos’altro da fare, qualcun altro da aiutare. Impariamo a festeggiare per i successi ma ricordiamoci che abbiamo la responsabilità di far fruttare al massimo i talenti che ci sono stati affidati senza adagiarci nel comodo “si è sempre fatto così”!

Il secondo pensiero è per le persone che si rivolgono a noi, sempre più e sempre meglio dovremo lavorare per renderle protagoniste delle loro vita, sempre più e sempre meglio dobbiamo farci interrogare dalle loro storie, sempre più e sempre meglio dobbiamo lasciarci evangelizzare da loro. Abbiamo la responsabilità di farci prossimi, di una prossimità contrassegnata da momenti di condivisione e vicinanza e dalla disponibilità “a prendere l’iniziativa, a coinvolgersi, ad accompagnare”, come ci chiede Papa Francesco.

Il terzo pensiero è per tutti i volontari e operatori, come ho avuto modo di dire più volte, eroi del quotidiano, persone che, nel nascondimento, senza cercare le luci della ribalta, dedicano ore della propria giornata al fianco delle persone in difficoltà che si rivolgono a loro. Gratuità, ascolto, altruismo, empatia, accoglienza sono le loro parole d’ordine. Cercherò di conoscervi uno ad uno, cercherò di far conoscere il vostro impegno perché il vostro esempio ci aiuti ad uscire dal qualunquismo, dall’indifferenza, dall’ipocrisia che contraddistinguono questo momento storico.

Il quarto pensiero è per la rete delle Caritas parrocchiali, veri e propri fari del territorio, aree di sosta e sollievo, riferimento e orientamento. Il ruolo da voi svolto è indispensabile per la prossimità che vi contraddistingue non solo verso chi ha bisogno di aiuto, ma anche per la prossimità educativa funzione prioritaria per la Caritas. L’obiettivo comune è lo sviluppo integrale di ogni singola persona che ci viene affidata. Per perseguire questo difficile obiettivo sapete di non essere sole: potete contare sul nostro supporto ed aiuto. Vi comunico sin d’ora che è mia intenzione incontrarvi, venire a conoscervi, condividere con voi un po’ del mio tempo per raccogliere vostre sollecitazioni e suggerimenti, ma anche dubbi e preoccupazioni.

Il quinto pensiero è alle nostre comunità locali e alla nostra responsabilità di farle crescere, attraverso la testimonianza della carità, in umanità, giustizia sociale e pace. Solo camminando insieme, con la collaborazione di ciascuno di noi, possiamo costruire comunità accoglienti dove nessuno è straniero o escluso. Una comunità capace di umanità è una comunità dove tutti, nessuno escluso, sono a casa, dove tutti stanno bene.

Un ultimo pensiero al compito che mi è stato affidato. Più ci penso più sono convinto che sarò un bravo direttore nella misura in cui riuscirò a chiudere i servizi che, come Caritas Diocesana, svolgiamo per attivare e responsabilizzare il territorio. I poveri non sono della Caritas, appartengono al territorio, ai quartieri, dove vivono. È responsabilità della Caritas, in collaborazione con le istituzioni locali e i servizi pubblici, attivare un discernimento comunitario con la finalità di attivare il territorio e le persone che lo vivono elaborando insieme modelli innovativi di welfare. Compito della Caritas sarà sempre più investire in processi piuttosto che in strutture o erogazione servizi. In fondo, se ogni ristorante di Rimini, una volta all’anno aprisse le proprie porte ai poveri, noi potremmo chiudere la nostra mensa.

Non mi resta che augurare a ciascuno di noi un 2018 ricco di umanità e pace, augurandoci vicendevolmente di saper essere testimoni credibili della nostra fede che ritrova nello sguardo e nelle ferite dell’altro lo sguardo e le ferite di Cristo. Servire i poveri è un privilegio che ci è stato affidato del quale dobbiamo esserne grati e saperne fare tesoro per noi e per le persone che ci sono vicine.

Mario Galasso