Home Attualita Plastica e ambiente, siamo ancora in tempo?

Plastica e ambiente, siamo ancora in tempo?

E’ il tema del momento, alla buon’ora. Improvvisamente, infatti, il mondo sembra essersi accorto di un problema per il quale il mondo scientifico lancia allarmi da almeno 30 anni: l’impatto dello sviluppo umano sull’ambiente, con riferimento all’inquinamento e al suo legame con i cambiamenti climatici. All’interno di questo ampio e variegato complesso di tematiche, che hanno in comune l’esigenza che l’umanità cambi subito direzione nel proprio modo di rapportarsi con l’ambiente prima che sia troppo tardi (con il punto di non ritorno che si affaccia all’orizzonte), ce n’è uno che trova maggiore spazio nel dibattito pubblico: la produzione della plastica monouso. Il materiale di plastica usa e getta, infatti, crea un enorme problema a livello di impatto ambientale, perché la sua produzione a livello globale è talmente elevata da rendere estremamente difficile uno smaltimento adeguato e totalmente sostenibile. Non è un caso, infatti, che l’allarme delle microplastiche nei mari sia diventato molto sentito, anche nel territorio riminese. E Rimini, di fronte a temi così importanti, ha risposto presente.

L’incontro
Pochi giorni fa proprio Rimini ha ospitato il convegno Plastiche – Rischi e opportunità nel contesto di un’economia circolare, organizzato dal Tecnopolo di Rimini e dal Centro Interdipartimentale di Ricerca Industriale Fonti Rinnovabili, Ambiente, Mare e Energia (CIRI FRAME) dell’Università di Bologna – Campus di Rimini. Un incontro importante, con l’obiettivo di mettere in collegamento le competenze sviluppate all’interno del Tecnopolo e dei centri di ricerca universitari del Campus di Rimini, con le aspettative di un territorio sempre più attento ai temi della sostenibilità e dell’economia circolare. Il convegno ha cercato di evidenziare i rischi dell’attuale contesto produttivo enfatizzando le opportunità legate alle più moderne tecniche di raccolta e riciclaggio dei materiali plastici. Il tutto cercando di pensare a soluzioni alternative e innovative, che partano dalla progettazione dei prodotti fino ad arrivare al loro riutilizzo, e analizzando le nuove tecnologie e i nuovi materiali, come le “bioplastiche”, biodegradabili e maggiormente riciclabili.

L’intervento
Ad approfondire queste tematiche è il professor Fabrizio Passarini (foto), direttore del CIRI FRAME del Tecnopolo di Rimini, intervenuto al convegno.

Professore, quali sono le esigenze di un incontro del genere? Come affrontare il problema della plastica in modo concreto?
“Al giorno d’oggi molto spesso sentiamo parlare di eventi, oppure di un’intera società che sia plastic free. Ecco, l’idea del convegno è quella di capire nel dettaglio i veri elementi che costituiscono il tema: quali sono le reali quantità in gioco, quali i tipi di plastica utilizzata, se davvero possiamo fare a meno di tutta la plastica prodotta oppure se dobbiamo cercare di intraprendere una transizione verso un sistema differente, in cui sia sì possibile ripensare ai prodotti in plastica, ma andando avanti con processi di recupero e riciclo che siano efficienti, senza pensare di doverne fare a meno completamente e in modo drastico e improvviso. Dobbiamo comunque avere la consapevolezza che siamo letteralmente circondati da oggetti in plastica, ed è davvero molto difficile potersene sbarazzare, quanto meno in tempi brevi”.

Occorrerebbero, però, anche interventi dall’alto.
“L’Unione Europea, proprio pochi mesi fa, a giugno, è intervenuta sul tema con una Direttiva (904/2019) in cui sostanzialmente si proibisce l’utilizzo di specifici oggetti in plastica monouso, a favore di prodotti e sistemi riutilizzabili e non tossici, quindi più sostenibili. Un provvedimento importante, a seguito del quale non vedremo più, nel futuro prossimo, molti degli oggetti in plastica monouso che conosciamo. Tutta la ricerca, dunque, d’ora in avanti verterà sull’individuazione di materiali alternativi. Va sottolineato, però, che la questione è più ampia, e non abbraccia solo la produzione di plastica monouso”.

Ci spieghi.
“Il problema è, più in generale, nei processi di reintroduzione dei prodotti polimerici (plastica) all’interno del ciclo produttivo. La vera questione è trovare metodi sostenibili per riutilizzare i prodotti, più che per smaltirli, in modo da arrivare a un’economia che sia davvero circolare”.

Quali possono essere questi metodi?
“Occorre innanzitutto partire dalla fonte, ripensando il modo in cui i prodotti in plastica vengono progettati. Una progettazione che, dunque, tenga conto fin dall’inizio dell’esigenza che gli oggetti non vengano smaltiti ma reintrodotti nella produzione. E, allo stesso tempo, occorre cercare di mettere in atto tutte quelle tecnologie innovative che, materialmente, possono recuperare questi prodotti, non solo da qui in futuro, ma anche rispetto a quanto si è perso negli anni passati. Per quanto riguarda il nostro territorio, ci sono ricerche avanzate, molto innovative, che sono portate avanti costantemente dall’Università di Bologna e dal Tecnopolo di Rimini”.

Cosa può emergere da questo Convegno?
“Un’importante presenza, oltre ai rappresentanti istituzionali, del mondo industriale, della ricerca e della tutela ambientale, è stata quella di Assobioplastiche, ente che riunisce tutte quelle aziende che producono e commercializzano le bioplastiche, ovvero polimeri non convenzionali, che possono essere prodotti a partire da biomasse oppure che sono compostabili, e biodegradabili. Tutti prodotti che possono rappresentare un’alternativa concreta alle plastiche monouso e rispondere a quell’esigenza di reintroduzione degli oggetti nel ciclo produttivo di cui si è parlato”.