Home Vita della chiesa In me hai più di un amico, un fratello

In me hai più di un amico, un fratello

Se le lettere che riguardano l’Azione Cattolica e quelle di argomento politico sono orientate sull’impegno pubblico di Alberto, l’ultimo gruppo di lettere è invece di carattere più personale.

Quelle che sono scambiate con la mamma e i fratelli restituiscono l’immagine di una famiglia che, nonostante i lutti e le difficoltà, ha saputo mantenere una straordinaria coesione, resa forte dalla intensità degli affetti e dalla comune fede.

Centro delle attenzioni è la mamma: Alberto non manca mai di inviarle una cartolina, anche frettolosa, per ricordarne l’onomastico e si mostra spesso preoccupato che le faccende di casa la affatichino. La coinvolge – evidentemente – in molte delle sue iniziative, se è vero che tutti (non solo gli amici più stretti) chiudono le lettere con i saluti per lei: «Ricordami tanto alla mamma, che io penso molto spesso»; «Tanti saluti e auguri alla Mamma e ai fratelli»; «Ossequia la tua mamma»; «La prego di sottoporre il mio ossequio alla mamma e ai fratelli»; «Mi è gradita l’occasione per inviare a Lei, alla sua Signora madre e a tutti i suoi famigliari, i più cordiali saluti»; «La saluto, unitamente alla sua Gentilissima Signora mamma»; «Assicura la tua cara e buona mamma che i dieci vestiti in più dei cento vanno ai suoi poveri come da promessa».

Lo stesso attaccamento lo si coglie anche tra i fratelli. Riconoscono le piccole debolezza gli uni degli altri, ma questo non li rende meno legati e non mancano di aiutarsi anche economicamente.

Ora sono Adolfo e Carlo che mandano un vaglia ad Alberto: «Carissimo Adolfo, Grazie degli auguri gentilissimi e dell’assegno davvero non meritato e soprattutto della lunga lettera che mi ha raggiunto a Bologna»; «Carissimo Carlo, non ti preoccupare per il vaglia, che però accetterò volentieri».
Ora è Alberto che manda un “vaglino” per il quale Lello ringrazia: «Ho ricevuto il tuo vaglia e ti ringrazio infinitamente».

A Lello, in particolare, implicato in una guerra che gli è assolutamente estranea, Alberto con la premura di un padre manda tutto quello che gli sembra utile per tenerlo legato alla vita buona. E Lello gliene è grato come un figlio riconoscente: «Ti ringrazio pure dei francobolli e dei giornali»; «Sei proprio bravo e non so come ringraziarti. Anche stasera ho avuto altre tue lettere una ordinaria da Torino e una aerea da Rimini con dentro il «Vittorioso» e le cartoline, ti ringrazio anche della cartolina di Carlo»; «oggi ho ricevuto il “Vittorioso” che mi mancava e ti ringrazio infinitamente»; «Come ti ho già scritto ho ricevuto tutti e quattro i pacchi. Ti devo ringraziare anche dei giornali e del catechismo».

Anche a Carlo, prigioniero degli inglesi in Egitto, cerca di far sentire l’“aria di casa”, preoccupandosi perfino di fargli aggiustare la vecchia radio: «Grazie anche del cartoncino della partecipazione del caro Lello. Mi farà molto piacere la sua foto o il ricordino se ne farete. […] Nell’altra tua mi dai molte notizie, tra le quali quella della mia radio. Proprio ci speravo poco, si vede che c’è ancora gente onesta a questo mondo, perché io con la mia testa non mi ero fatto dare nessuna ricevuta».

Già nel 1942, subito dopo la battaglia di El Alamein, tramite lo zio Eugenio si era interessato di riempire moduli per sapere della sua sorte e in seguito, per affrettarne il suo rientro non esita a coinvolgere tutti gli amici che possano interessarsi presso la Santa Sede, che si era assunta il compito di svolgere le ricerche e di tenere i contatti tra i prigionieri e le famiglie.

La figura di Alberto attraverso queste lettere ci viene incontro come quella di un giovane solare, pieno di energie, che non riesce a star fermo, non per inquietudine, ma per adesione alla vita.

Senza contare gli spostamenti di lavoro o di apostolato (che sono tanti), anche quando è lontano da Rimini si muove per partecipare alle iniziative di altri gruppi di Ac, per visitare mostre, per salire in montagna: «In queste domeniche ho approfittato della vicinanza per andare a Venezia e passare una giornata in montagna»; «un altro pellegrinaggio al santuario di S. Ignazio»; «domani forse andrò di nuovo a Lanzo dai Salesiani per esaminare le Guide […]. Il 7 finalmente, se sono libero da altri impegni di Federazione, calzerò gli scarponi e con un mio collega cercherò di arrivare a 3000 m. vicino al confine»; «Per fortuna sono arrivato in tempo (dopo un viaggio notturno, in piedi, da Lecco ndr) per partecipare al ricevimento in occasione del matrimonio del mio amico e per fare successivamente un ottimo bagno in mare: uno dei più belli dell’estate».

Trova persino il tempo di raccogliere francobolli: «Il giorno di S. Anna ho ricevuto 84 lettere. Avrai i tuoi bolli». Gli scrive la zia Anna da Ferrara
Ama il bello ovunque lo trova. Può essere una montagna, la mostra del Veronese a Venezia, perfino una mostra di arredamento e di merletti”.
Sa adattarsi alle più diverse situazioni: si mette ai piedi gli zoccoli, se ha regalato a un povero le proprie scarpe, ma non considera frivolo indossare i gemelli da polso, se la situazione lo richiede, né cercare calze velate per le amiche.

È capace di parlare con eguale semplicità e intensità a piccoli e grandi, non solo ai coetanei, ma anche ai genitori dei coetanei, che lo considerano un amico per sé e un modello per i figli.
Sa trovare parole delicate per la sorella Gede e la piccola Letizia Aldè che fanno la prima comunione:
Gli porterai il tuo cuore bianco come un giglio e lo affiderai a Gesù affinché lo custodisca sempre vicino al Suo. I palpiti divini del cuore di Gesù ti guideranno e ti insegneranno la strada giusta. Gesù vuole tanto bene ai bimbi ed è tanto contento quando può venire nei loro cuori, ed è sempre pronto ad ascoltare le preghiere sincere e semplici”.
Sa consolare la signora Delfina, triste perché figli e parenti non accettano l’idea che voglia sposarsi di nuovo, per giunta con un non credente:
È molto facile in questi momenti di materialismo latente anche nelle coscienze cosiddette cristiane, travisare le intenzioni e giudicare dalle apparenze. Ma lei così forte e con una fede così profonda e sincera, saprà superare anche eventuali difficoltà nell’interesse dei figlioli e per il bene di un’anima. Certo le si presenta un periodo difficile e non mancheranno le incomprensioni anche tra i famigliari, ma il Signore non abbandona mai chi in Lui si affida e saprà trasformare in tante benedizioni per il domani eventuali dolori presenti”.
E sa trovare le parole di speranza che aiutino a lenire il dolore degli amici:
La certezza della vita ultraterrena e della felicità eterna che attendono i buoni, i giusti ed i puri di cuore, devono confortare i nostri cuori addolorati, e spingerci con tanta fiducia nel Cuore Paterno di Gesù, per chiedergli pace, rassegnazione e speranza di ritrovarci presto tutti uniti nella Sua Gloria.
Sono passato anch’io attraverso momenti di dolore, quando più volte la morte ha portato via con sé in Cielo il babbo e i fratelli, e so quanto poco servano le parole umane a lenire la ferita profonda dell’anima nostra; ma sempre mi ha confortato sentire gli amici vicini. In qualunque cosa possa esserti utile, ricorda che in me hai più di un amico, un fratello”.

Alcune di queste lettere, poi, aprono una pagina molto umana sulla delicata vicenda del suo amore per Marilena Aldè. Un amore che Alberto aveva custodito nel silenzio per anni.
Sia per l’incertezza della propria definitiva vocazione:
Quando nel settembre del 1942 dicevo alla tua mamma di non pensare più a te, credevo che il Signore mi chiamasse per un’altra strada, ed ho atteso la chiamata pensando a te come ad una sorella.
Chiedo al Signore con insistenza che mi mostri la strada: Domine fac ut videam; ma certo non sono ancora degno di sentirla la voce divina, o peggio non voglio ascoltarla.”
Sia per rispetto delle scelte della ragazza, altrettanto incerta, anche se per ragioni diverse, sul proprio avvenire:
Non so proprio come ringraziarti delle buone parole che mi dici nella lettera circa il mio avvenire e delle preghiere che prometti di fare per me. So cosa vogliano dire parole simili da parte tua su un simile argomento e te ne sono tanto riconoscente, quanto poi alle preghiere ne ho davvero tanto bisogno, perché capisco anch’io di essere a un punto piuttosto decisivo della mia vita”.
Infine, quando ha chiara la scelta di vita, rafforzata anche dall’entrata nella Società Operaia di Gedda, che lo impegna “come laico in quanto laico”, decide di dichiarare il suo sentimento, con una intensità colma di trepidazione:
Non ti faccio fretta per la risposta: col passare degli anni ho imparato ad attendere le tue lettere anche molti mesi. Scrivimi pure quando credi, quello che senti, con tutta sincerità e lealtà: sono forte abbastanza per non scoraggiarmi, ho pazienza sufficiente in caso per attendere ancora; amo troppo il Signore per ribellarmi o piangere su quella che evidentemente sarebbe la Sua volontà, ed infine amo te tanto, che desidero solo la tua felicità, a costo anche di miei sacrifici e rinunce”.
Il rifiuto di Marilena segna la fine, che possiamo immaginare dolorosa, di un progetto a lungo meditato e pregato; ma, come ha sempre fatto, Alberto accetta il dolore, collocandolo dentro un disegno provvidenziale che lo supera:
Prega, Marilena, anche per me, sii unita al Signore […]. L’unione con Dio, aiuta a superare le miserie della vita quotidiana, e ad inquadrare le sofferenze, le contrarietà, le incertezze, le gioie, le disillusioni nel disegno già predisposto dalla divina Provvidenza, per la nostra santificazione […].
Il campo inesauribile della carità è una scuola magnifica di perfezione per noi e di apostolato per gli altri; ci abitua a considerare i veri valori della vita, che non è solo soddisfacimento dei nostri desideri ed ideali terreni; ci stacca di più dalle cose della terra”.
Le ultime parole della lettera, che porta la data del 26 settembre 1946, nove giorni prima della morte, sembrano quasi un presagio… (3-fine)

Cinzia Montevecchi

Qui la puntata precedente