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“Più consapevolezza e prevenzione”

I 396 bombardamenti sopra i cieli di Rimini ne hanno irreparabilmente danneggiato l’82% degli edifici. Durante la ricostruzione post-bellica e il boom edilizio, la città non era ancora classificata come zona sismica, pertanto le nuove costruzioni non erano tenute a rispettarne la normativa. Dunque, alla luce della pericolosità sismica del territorio (vedi anche le ultime scosse della scorsa settimana nel Montefeltro) sorge spontaneo domandarsi quanto cittadinanza e Amministrazione siano consapevoli dei rischi delle abitazioni e dei luoghi di lavoro. Purtroppo l’opinione pubblica tende a dimostrare sensibilità ai temi collettivi solo in seguito ad eventi catastrofici – come con l’Emilia – per poi dimenticarsi tutto sperando di essere graziati anche dal prossimo cataclisma.
Vediamo la situazione per quanto concerne l’edilizia pubblica e quella privata.

Edilizia pubblica.Come si sta comportando il Comune di Rimini?
“Vi sono 300 edifici comunali – spiega l’ing. Massimo Totti, responsabile della Direzione Infrastrutture, Mobilità e Ambiente di Palazzo Garampi – al fine di metterli in sicurezza antisismica si procede per tre livelli: monitoraggio dello stato di fatto; verifiche sui materiali e scelta degli interventi. Ma le risorse economiche, in parte nazionali, non sono continue”.
Per quanto riguarda la messa in sicurezza delle scuole l’ing. Alberto Dellavalle, dello stesso ufficio, afferma che “nel piano triennale del 2012, il Comune ha stanziato 500mila euro per ogni annualità. Nel 2012 si è lavorato sulla scuola di Montecieco. Quest’anno è la volta delle scuole Rodari, Raggi e Montessori”.
Gli interventi da fare vengono valutati caso per caso. Ad esempio, alle Rodari, trattandosi di una struttura prefabbricata degli anni Settanta con un telaio in cemento armato regolare, si sono adottati controventi esterni in metallo, limitando così gli interventi interni. Secondo il Rapporto 2012 di Legambiente sulla qualità delle scuole italiane, il 60% di queste è stato costruito prima del 1975, solo l’8% secondo criteri antisismici (in Emilia Romagna il 5!) e solo in un terzo delle scuole è stata eseguita la prova di vulnerabilità sismica. La necessità di interventi di manutenzione urgenti in regione è del 20% (in Sicilia e Basilicata si sale al 60). “Negli anni, il Comune, ha potuto infoltire un database con la schedatura di tutti gli edifici. Questo ci aiuta ad indirizzare gli investimenti”.
Quanto è pericolosa Rimini?
“Le pericolosità sismica di un territorio si basa sul dato statistico, per il fatto che i terremoti non sono prevedibili. Dal 1308 ad oggi Rimini ha avuto cinque terremoti con intensità Mercalli 8, mentre zone dell’Emilia hanno avuto pochi episodi o niente, per cui Rimini è da considerarsi più pericolosa dell’Emilia”. E sottolinea: “La sicurezza di un territorio non la fa l’incidenza delle scosse, ma lo stato degli edifici. Terremoti che da noi fanno vittime, in Giappone non sfiorano nemmeno i fabbricati”.

Edilizia privata. Quali sono le abitazioni più sicure?
“La tipologia costruttiva non è determinante per garantire la prestazione antisismica. Ogni fabbricato è sicuro se costruito nel modo giusto: dipende dal dettaglio costruttivo, dai materiali, dalle fondazioni, dalle aperture… insomma, dalla qualità dell’esecuzione. Non sono il cemento armato, il legno o l’acciaio che fanno la sicurezza antisismica, ma il progetto. Tendenzialmente anche un tradizionale edificio in muratura – compatto, con cordone centrale, forma regolare, tetto in legno e che non è stato soggetto a opere di demolizioni interne – potrebbe comportarsi bene in caso di evento sismico anche se costruito prima della normativa antisismica del 1983”. Come ci fanno notare gli ingegneri Alberto Amati e Gabriele Bartolini del Servizio Tecnico di Bacino Romagna (ex Genio Civile), i sistemi costruttivi più diffusi dopo la guerra sono stati la muratura e il misto muratura-cemento armato negli anni ’50-’60 e il telaio in cemento armato dagli anni ’60 ad oggi; mentre il cemento armato precompresso e l’acciaio sono limitati alla realizzazione di edilizia specialistica, come i capannoni industriali.
“Di recente si sta diffondendo l’uso strutturale del legno, anche se in gran parte utilizzato per le coperture e non per l’intera struttura”.
Rammentano inoltre che “le attuali Norme tecniche del 2008 prescrivono che le nuove costruzioni di civile abitazione sopportino, senza subire danni significativi, i terremoti che si ritiene possano essere più frequenti (quelli con un tempo di ritorno di circa 50 anni); e che si possano danneggiare anche fortemente senza crollare con i terremoti più intensi (tempi di ritorno, 475 anni). Per le opere strategiche si prescrivono livelli di sicurezza più elevati”.
Quanto sono sensibili i cittadini a questi temi? Secondo Dellavalle “la gente non ha piena consapevolezza dei rischi della zona ed il fatto che l’ultimo terremoto sia avvenuto nel 1916 fa sì che la cittadinanza non ne abbia memoria. Sulle abitazioni spendono soldi magari per rifare il cappotto, così vedono direttamente dei risultati con i risparmi in bolletta. Mentre mettere in sicurezza antisismica è un investimento privo di un riscontro immediato, dato che se ne ha un riscontro solo in caso di scossa”.
Ma se la scossa è arrivata e l’edificio non è sicuro, ormai è troppo tardi.
“Il problema è culturale e a tutti i livelli. Se compri casa hai dei vantaggi se è di classe energetica elevata. Invece se è antisismica interessa poco. Se nell’opinione pubblica si creasse una maggiore sensibilità al tema anche la politica gli andrebbe dietro”.

Mirco Paganelli