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Pasqua 2016 – gli auguri del vescovo Francesco Lambiasi

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Pasqua 2016 – gli auguri del vescovo Francesco Lambiasi – Siamo assetati di infinito, sempre inquieti e mai appagati. La nostra esperienza della felicità risulta fugace e invariabilmente fragile. Fragilissima. Di più: la fragilità è un virus che assedia la nostra intera esistenza in tutte le sue fasi e nelle sue forme più svariate. La fragilità del nascituro, del bambino, dell’anziano, del malato, del povero, dell’abbandonato, dell’emarginato, del perseguitato, del profugo, del carcerato. E tutte le età sono contrassegnate da sofferenze fisiche, psichiche, sociali. Come per la felicità, anche la fragilità ci accomuna tutti. La sofferenza – soprattutto se ingiusta, come quella degli innocenti – appare una formidabile sfida anche per la fede nel Dio di Gesù Cristo. Se siamo stati da lui creati per la felicità, perché allora non ci risparmia la violenza, il male, la morte? Alcuni di fronte a un dolore o a un lutto che fa sanguinare il cuore “chiudono” con Dio. È a quanti di voi, fratelli, sorelle, amici, si trovano in questa situazione che vorrei dedicare questi auguri pasquali. Permettetemi di farlo con tutto il rispetto che meritate e con tutta la delicatezza di cui sono capace.
No, non ho nessuna intenzione di tormentarvi con prediche noiose, con discorsetti preconfezionati, ma oso augurarvi di “riaprire” con Gesù. Lui non è venuto in mezzo a noi per tenere un corso sul mistero del dolore. È venuto per imparare a soffrire. E la sofferenza più atroce che ha dovuto sopportare è stata l’esperienza amara del “silenzio di Dio”. Nell’abisso di dolore in cui si è calato, ha sentito lontano Dio, ma il Padre non gli ha inventato una circonvallazione per fargli bypassare il Calvario. Lo ha aiutato a rimanere fedele alla sua missione. Avevano ragione capi del popolo, soldati e carnefici e perfino i malfattori crocifissi con lui a rinfacciargli che, se non poteva salvare se stesso, come poteva salvare gli altri? E invece proprio per salvare noi, lui aveva rinunciato in partenza a salvare se stesso. Del resto ci potremmo fidare di un Salvatore che avesse pensato solo a salvare la sua pelle?
L’esperienza del silenzio di Dio è terribile per tutti, credenti e non-credenti. Da qualche parte ho letto: “Il credente è un ateo che ogni giorno si sforza di cominciare a credere. E il non credente vive la lotta inversa: è un credente che ogni giorno si sforza di cominciare a non credere”.
Ecco i miei auguri: di poter riaprire insieme il “caso-serio” di Gesù di Nazaret.
Buona Pasqua!