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Orticolti, orti in… adozione

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Tutto è nato da un’esperienza intima e personale, come la morte di un padre che Michelina Trezza – Presidente e socia fondatrice – ha trasformato in un’occasione di rinascita: “Era il 2004 quando mi sono ritrovata a far fronte alla perdita di mio padre e non potevo permettere che quei campi che lui stesso coltivava con amore, cadessero in mano di persone che avrebbero speculato e li avrebbero intrisi di pesticidi. Non sopportavo l’idea di una terra martoriata e inaridita, trattata senza rispetto”.
Così prima pensò ad affittare i terreni a un prezzo simbolico per dare l’opportunità a qualcuno di coltivarsi da sé il cibo, poi, riflettendo con alcuni amici, l’idea prese forma e gettò le basi della cooperativa agricola sociale Orticolti a Santarcangelo. “Ognuno dei miei amici portò le sue competenze a questo progetto: chi faceva l’architetto, chi era esperto di produzione biologica, chi con la passione dei semi di coltivazioni perdute” ricorda Trezza.

Orticolti, orti in…
adozione

“Il 19 marzo 2010 la cooperativa si è costituita e da allora è un progetto quotidiano portato avanti da  una dozzina di soci, 4 dipendenti, un altro in via di assunzione e alcuni volontari che ci aiutano nelle tante attività. Il lavoro è tanto: 35mila metri quadri, tra campi coltivati per la vendita e orti in adozione, il tutto attorniato da alberi e siepi. Abbiamo un punto vendita in sede e organizziamo corsi, attività didattiche per bambini ed eventi ludico – culturali”.

Orticolti è una bella immagine figurata, perché la scelta di questo nome?
“L’idea è quella di sensibilizzare al rapporto con la terra, collegarsi con essa. L’arte della coltivazione è vista come processo di trasformazione della fatica dell’uomo per ottenere dei frutti insieme alla terra e non dalla terra. Un rapporto basato sull’esperienza in prima persona. Con i nostri laboratori, i corsi e gli orti in adozione vogliamo far passare questo messaggio”.

Cosa sono gli orti in adozione?
“Una parte dei terreni è dedicata agli orti in adozione, esistono due tipi di adozione: si può scegliere un terreno (secondo quante persone si vogliono nutrire con i suoi frutti variano le dimensioni) e decidere di venire a coltivarselo da sé, portandosi a casa il raccolto; oppure se non si ha tempo, si sceglie il terreno e saremo noi a coltivarlo per chi lo adotta. Tutta la nostra produzione è biologica, non utilizziamo prodotti di sintesi e rispettiamo i cicli di coltura. Negli ultimi anni ci siamo avvicinati alla Policoltura Ma-pi, si tratta di un approccio che tutela l’agrobiodiversità: si coltivano diverse specie sullo stesso terreno in modo che le piante si regolino e traggano beneficio le une dalle altre, lasciando andare a fiore una parte di piante perché i semi ricadano nel terreno naturalmente e, tra le altre, si piantuma lungo gli orti per favorire le coltivazioni che necessitano di ombra e umidità. Queste sono alcune delle caratteristiche di questo approccio”.

Come cooperativa sociale qual è invece il vostro apporto, quali sono le persone che impiegate?
“Abbiamo inserito persone svantaggiate con percorsi di formazione al lavoro come Garanzia Giovani o con tirocini, si tratta soprattutto di giovani migranti ma anche di persone con problemi di salute o di altro genere, sia italiani che stranieri. Per ognuno cerchiamo di capire insieme qual è il loro talento, come per quel ragazzo che ci ha mostrato di saper cucinare e che poi siamo riusciti ad assumere in cucina. La vita comunitaria fa parte del nostro progetto, a pranzo ad esempio abbiamo la mensa e mangiamo tutti insieme, tutti i giorni. Un’altra cosa cui teniamo molto è l’impegno nella CSA, Comunità di Supporto Agricolo alla quale collaboriamo con la Provincia di Rimini e l’Auser. Si tratta di una comunità di persone che si impegna a supportare i produttori locali con l’acquisto di un paniere settimanale. A differenza di altre realtà i prodotti sono solo locali e i consumatori sono ancor più parte attiva, poiché consapevoli delle difficoltà date dalle avversità meteo o dalle incursioni di qualche animale. Si tratta di una relazione personale dove il consumatore diventa attivo”.

Melania Rinaldini