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Oh! Fiume Marecchia

Ogni tanto, in realtà molto spesso nella nostra redazione, ci arrivano delle storie che giungono da lontano. Storie che emergono dalle cantine e dalle soffitte, storie che sono lettere, pensieri, fatti, cronaca e vita vissuta. Quando questo accade ci piace rendere partecipi tutti i nostri lettori dello stesso piacere e stupore che proviamo noi nel leggerle. Come in questa che stiamo per raccontarvi.

Curiosando fra le vecchie cose di famiglia, abbiamo trovato uno scritto olografo del bisnonno di mia moglie, redatto nell’aprile del 1960. In esso si fa memoria di un avvenimento eccezionale risalente alla seconda metà del mese di settembre del 1910. Il racconto descrive una piena eccezionale del fiume Marecchia; non che le piene del Marecchia fossero rare, ma questa narrata fu davvero imponente, tanto da suscitare ancora un vivido ricordo in Silvestro a mezzo secolo dal fatto narrato. E sì che il bisnonno è nato e vissuto a Ponte Verucchio, praticamente accanto alle sponde di questo fiume, e certamente di fiumane ne avrà viste tante, ma quella riportata ne ha scolpito il ricordo.
Marcello Ugolini

Con il tuo bel panorama che ti circondano, piccoli monti, colline e paeselli. Nasci dall’alpe in comune di Badia Tedalda provincia d’Arezzo, dal monte al versante del Tevere come un piccolo ruscello; scorri velocemente fra rocce, tiguri ombreggiata da piante e boscaglia. Molino di Bascio ti vede, sente rotolare grosse pietre, cespugli rapiti alle sponde. Segui il tuo cammino verso Santa Soffia, dove il fosso Storena impiena con altri ruscelli da ogni parte; si scaricano sorridendo.
All’imbocco del fiume Senatello che ti bagna, d’estate e d’inverno ti abbraccia e vi azzuffate; tu segui il tuo corso lasciando la Cicognania, presente la Rocca che al tuo rumoreggiare ti saluta. Il torente Messa che nasce dal Carpegna ti raggiunge con grande velocità; straripando qua e là, rotolando pietre, breccia, piante tutto ciò che ha trovato e tutto ti ha consegnato. A poco a poco t’ingrossavi sempre di più. Penabilli guardandoti, sbigottita al tuo passare dice, “ma na, non daneggi!”. Sbocchi il ponte, grossi e piccoli ruscelli ti raggiungono e si scaricano su te. Tu segui, senza salutarli.
Mercatino Marecchia, Novafeltria e Talamello con il suo Crocifisso in pittura di Giotto ti osserva sbigottito e con l’occhio ti accompagna. I passanti, fermandosi, dicevano fra di loro: «Se seguita così la pioggia, in pianura, andrà a finire nei campi». San Leo con la sua roccia a forma di torta con una sola porta di entrata, e sola d’uscita ti saluta e ti da l’addio. […] Si scorge San Marino col suo torrente gonfio a più non posso. Ti raggiunge con forza e ti spinge verso Scorticata (Torriana, ndr). Il ruscello Reo che nasce ai confini di Sam Marino verso Verucchio anche lui infame sbocca alla dogana con furia entra nel molino della farina, per uscire si fa largo batte un muro e l’altracqua alla finestra, scappa fra i campi e ti raggiunge.
Arrivi a Ponte Verucchio, in quello stretto, a cinque metri di altezza così furibonda atterri due pile e tre arcate, tutto il legno che hai trovato, ancor di più tre caldaie a vapore che servivano per il prosciugamento dell’acqua per il nuovo ponte in costruzione. Il monte Catone e la Rocca Malatestiana di Verucchio, anch’essi sbigottiti del tuo terrore straripando in mezzo i campi allagando tutto quello che hai trovato uva, granoturco, fieno, case coloniche, etc.
I passanti delle strade – di Rimini e Santarcangelo – ti seguono mormorando fra loro: «Guarda che piena. Non si è mai vista ai nostri tempi. Oggi cattiva domani forse no».

Ti guardano i paesani di Trebbio, Poggio Berni, Villa Verucchio con il Convento dei francescani, che entro il chiostro sorge il colossale cipresso piantato da secoli da San Francesco trovandolo per strada come bastone si puntellava, ed i suoi rami di punta ti fanno l’inchino. Corpolò, Santermete, Santarcangelo, San Martino dei molini, Vergiano, Santa Giustina, Spadarolo, guardandoti fissi al tuo passaggio così imbizzarrito traversare campi e penetrare nelle case dei poveri contadini faceva scappare via i suoi abitanti… col bestiame per salvarlo.
«Poveri noi», dicevano gli invasi! L’ultima collina di Covignano ombreggiata da pini e in basso la chiesetta del Crocifisso che ti condanna nell’abisso.
San Martino in Riparotta tutta allagata e la strada Emilia sembrava un torrente fino alle Celle sperdendosi qua e là. Entri a San Giuliano, imbocchi il ponte Tiberio con furia strepitosa. Entri nel canale trasportando via gondole, scialuppe e barchette, l’indossavi sulla groppa e via in mare. Il sottopassaggio e qualche via investite dalle acque, fermavano il transito dei passanti.
A Rimini finisci in mar e per tua indegnità ti hanno condotto al di là. Non più verso la rotonda bensì nella Barafonda (San Giuliano mare, ndr). Lasciando la memoria dove era Francesca da Rimini ed il Mastin vecchio ed il Mastin nuovo da Verucchio. E con questo è il mio final.
Oh! Marecchia è sempre bello il tuo panoram. Dall’Alpe al mar.

Pancotti Silvestro
Aprile 1960, Verucchio, Forlì