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Non seconde ma nuove generazioni

Luna, 21 anni, è nata in Marocco, ma di africano ha solo la città natale oltre al cognome, El Maataoui. Luna infatti è in Italia da quando arrivò con la famiglia a Fornovo ad appena sei mesi. Il suo percorso è quello di tanti migranti arrivati da altri paesi ma italiani a tutti gli effetti: né qui né lì, sospesi in un limbo. “Ero ancora piccola quando un bambino mi disse: «Tuo padre ha rubato il lavoro al mio». Lì capii che non ero italiana. Non mi sentivo di casa anche se dentro di me mi sono sempre sentita orgogliosa di vivere qui e di essere io stessa italiana. Nel 2006 l’Italia arrivò alla finale dei mondiali contro la Francia. In quel momento mi sono sentita per la prima volta parte di questo paese. Ai rigori speravo tanto di vincere. Avevo 9 anni. Però in momenti in cui l’Occidente viene scosso da gravi atti terroristici, come è avvenuto nel novembre 2015 a Parigi con la strage del Bataclan, mi sento vittima e colpevole”.
Luna ha raccontato la sua difficile storia al centro A. Tarkovskij di Rimini, davanti a ottocento adolescenti riminesi e una cinquantina di insegnanti, in occasione dell’evento i “Muri o ponti. L’integrazione come possibilità”. Come lei altri giovani delle nuove generazioni hanno condiviso la propria storia di integrazione che, come spesso rammenta il Papa, è essa stessa una storia di popoli e di culture che si incontrano.
Spesso le nuove generazioni che oggi popolano un’Italia sempre più multietnica, restano intrappolate in pregiudizi sociali e culturali che non facilitano un processo di integrazione già molto osteggiato dalla burocrazia italiana. Se facciamo la somma dei minori stranieri nati da genitori immigrati o arrivati qui da piccoli, di quelli che hanno acquisito la cittadinanza italiana e dei figli di coppie miste, superiamo il milione e mezzo di persone. Una cifra significativa, alla quale vanno aggiunti i figli ormai maggiorenni nati da genitori stranieri. Per tutti loro, come hanno confidato i ragazzi intervenuti all’evento organizzato dalla Consulta di Rimini e dall’Ufficio Scolastico Provinciale, la scuola rappresenta un tetto sicuro. In Italia oggi si contano circa 815 mila studenti stranieri, il 9% del totale, sei su dieci, non sono “immigrati” ma nati in Italia, più di un terzo frequenta la scuola primaria.
Sul palco del centro Tarkovskij, insieme a Luna, sono saliti Mina Sharkawy, giovane di origini egiziane; Luna El Maataoui, seconda generazione di un famiglia arrivata dal Marocco, studentessa universitaria di Scienze giuridiche, e Marouen Bejaoui, di origini italo-tunisine, studente universitario di Filosofia, Valeria Khadija Collina, autrice del libro Nel nome di chi, in cui racconta la drammatica esperienza del figlio Youssef, italo-marocchino, uno degli autori dell’attentato perpetrato a Londra il 3 giugno 2017 e in cui sono morte 11 persone tra cui i tre attentatori.
“Come è possibile vivere tra identità diverse?”. Si tratta, ha spiegato il giornalista e scrittore Giorgio Paolucci che ha moderato l’incontro, di una “domanda da rivolgere innanzitutto a noi prima che ai nuovi arrivati nel nostro paese perché la vera identità è un’identità che non vive in modo statico ma che si arricchisce dell’incontro tra l’io e il tu che assieme formano il noi”.
I racconti dei ragazzi intervenuti, infatti, hanno dimostrato come una vera esperienza composta da culture diverse metta in gioco una nuova forma di convivenza. Per tale ragione queste “nuove generazioni” rappresentano una nuova sfida e una risorsa non solo dal punto di vista demografico, ma anche storico e sociale perché esse inducono gli italiani a riscoprire le proprie origini novecentesche quando erano loro stessi protagonisti dei flussi migratori.
“Si tratta di giovani figli di immigrati molti nati in Italia o arrivati qui con i genitori” ha aggiunto Paolucci. “Non si sentono seconde generazioni ma nuove generazioni che vogliono vivere l’Italia come la loro terra. Sono un punto di incontro tra mondi diversi, un vero ponte”.
La dinamica dell’incontro, dunque, arricchisce tutti.
“L’Ufficio Scolastico Provinciale ha accolto volentieri la provocazione culturale degli studenti della Consulta di Rimini, che da tempo volevano mettere a tema l’integrazione e l’accoglienza, pensando ai tanti compagni di classe di origini straniere che siedono nei banchi di scuola accanto a loro. – spiega Franca Berardi, responsabile Ufficio Studi-Formazione-Politiche inclusive e giovanili per Forlì, Cesena e Rimini – Non si diventa cittadini solo attraverso una legge o un assistenzialismo vuoto e diseducativo, ma vivendo la propria dimensione di cittadinanza attiva sul territorio, chiamando i giovani a riflettere, ad argomentare e a formulare giudizi adeguatamente soppesati”.
Alessandro Notarnicola