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Il nome di Dio è misericordia

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Misericordia. Un significante che nasconde dietro di sé un mistero tutto da scoprire al quale papa Francesco ci sta educando nel suo pontificato. Questo è stato messo a tema nella serata di mercoledì 29 giugno da Cristiana Caricato , vaticanista di Tv2000, a Rimini su invito del centro culturale Il Portico del Vasaio.
L’incontro ha preso il via dal libro intervista di Andrea Tornielli, Francesco. Il nome di Dio è misericordia.
Le parole della vaticanista, classe 1968, sono fonte zampillante della misericordia alla quale il Papa continuamente ci richiama.

La misericordia è un atto di paternità. Quando Papa Francesco, al ritorno dal viaggio in Armenia, è entrato in sala Clementina, Benedetto si è si è tolto lo zucchetto. Questo è un gesto di grande umiltà, da parte di colui che attraverso le dimissioni ha fatto un gesto di grande fede e che pregando nei giardini vaticani dice: “Mi sento a casa nella bontà di papa Francesco”. Da questo si capisce che Benedetto è un figlio di Francesco. Francesco è un padre per tutti.
Spesso si sente dire che il Papa parla solo di immigrati e carcerati. Invece, proprio in quell’abbraccio in sala Clementina si è capito che Francesco è il padre di tutti, anche di Benedetto, la cui dimora attuale è stata paragonata dallo stesso Francesco alla porziuncola di San Francesco. Anche da questo paragone, si comprende che il magistero di Francesco si inserisce nel magistero della Chiesa, con una grande attenzione alla misericordia.

La misericordia è un abbraccio reale e concreto al dolore dell’altro. Un omossessuale, amico dalla Caricato e sostenitore del family day ha scritto, su invito della giornalista, una lettera a papa Francesco in cui ha raccontato di sé. Il Papa, dopo aver letto la lettera, ha chiesto il numero di telefono all’amica vaticanista. Francesco, nel pomeriggio del venerdì santo, lo ha chiamato ed è stato con lui al telefono per circa tre quarti d’ora. Questa è la misericordia. Questo è l’atto più grande che un Papa possa fare. Nel giorno di dolore per la Chiesa, il Papa ha avuto del tempo per chi si trova addosso una condizione di dolore, al punto da essere considerato pietra di scandalo. Il papa è una persona estremamente fisica nei suoi gesti: ti abbraccia. È un uomo che percepisce che la misericordia è toccare la ferita dell’altro. Essere misericordiosi significa entrare nella carne dell’altro.

La misericordia e la geopolitica. Dalla veglia per i perseguitati in Siria, alla storica pace tra gli Stati Uniti e Cuba, dalla dichiarazione congiunta firmata tra Armeni e Turchi, al viaggio in Caucaso. La geopolitica non è una strategia diplomatica studiata a tavolino, ma è la fede. Ed è questa che papa Francesco ha usato anche nel suo recente viaggio in Armenia. Gli Armeni per firmare la dichiarazione congiunta hanno dovuto dimenticare che i turchi erano stati i loro aguzzini. È stato un atto, frutto di quella misericordia che Francesco ha avuto durante il soggiorno in Armenia. Non nell’edificio del vescovo cattolico, ma in quello del cattolicos. È qui che papa Francesco ha soggiornato. Questo è il metodo di Francesco: fare compagnia reale alle persone che incontra. E così raggiunge i suoi obiettivi.

Cristo crocifisso è la misericordia, anche nella società contemporanea. L’umanità oggi è ferita. Tanti sono i giovani che vivono in famiglie disastrate. Tanti sono i poveri, vicini di casa, proprio della porta affianco. C’è bisogno di amore. La misericordia non è buonismo, ma è condivisione dell’amore per l’altro e della sua croce di dolore. C’è bisogno di consequenzialità tra ciò in cui si crede e ciò che si fa. La misericordia si impara vivendo la fede, attraverso atti concreti. Non c’è bisogno di ragionamenti o di teorie astruse. Bisogna recuperare l’essenzialità del Vangelo. E in questo papa Francesco è un esempio, da cui imparare quotidianamente.
Un bell’incontro, indubbiamente.

Sara Castellani