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Il mistero del Cristo d’oro

Una storia tutta riminese a metà strada tra Pasquale Rotondi e i Monuments Men portati sul grande schermo da George Clooney. È quella straordinaria del Cristo d’oro di Benvenuto Cellini, sepolto nel cortile della Biblioteca Gambalunga per salvarlo dalla Guerra. Una vicenda misteriosa e affascinante che riemerge per i 400 anni della Gambalunga.

È il 21 agosto 1945, la guerra è terminata da alcuni mesi e Carlo Lucchesi, direttore della Biblioteca Gambalunga, ritiene, dopo il dramma del passaggio del fronte e i 382 bombardamenti che hanno devastato la città, sia venuto il momento di recuperare uno dei reperti più preziosi di Rimini, quel Crocifisso d’oro attribuito a Benvenuto Cellini donato al Comune dal cardinale Michelangelo Tonti dopo la sua elezione a Vescovo di Cesena il 27 marzo 1612.

Un bene preziosissimo che “il Prof. Lucchesi nell’ottobre 1943 – si legge nel verbale che attestava il recupero depositato negli archivi della Gambalunghiana sottoscritto da sei presenti – aveva sotterrato in un angolo del cortiletto della biblioteca, diligentemente racchiuso in una cassetta di zinco saldata con fiamma autogena”.

Nella storia del Cristo d’Oro, come nei migliori thriller, compare anche l’esistenza di una traccia, probabilmente una piantina, nascosta tra gli archivi della biblioteca che Lucchesi tracciò per far sì che rimanesse una traccia che consentisse di recuperare il prezioso crocifisso dopo averlo nascosto in un punto segretissimo e inaccessibile del Palazzo Gambalunga: “Solo ne lasciai cenno, per umana prudenza, negli atti della Biblioteca”. Un accorgimento che oggi può far sorridere ma che letto con gli occhi d’allora, non dovette apparire assolutamente superfluo. Rimini dal novembre 1943 al settembre ’44 fu sottoposta a 396 bombardamenti aerei, navali, terrestri, il primo dei quali il 1° novembre ’43 a solo poche settimane dall’avventuroso sotterfugio. Le bombe furono impietose, ben poco della città fu risparmiato e tra questi, fortunatamente, il Palazzo Gambalunga e parte del suo patrimonio inestimabile che non era stata portata al sicuro, a Covignano prima e a Torricella poi. Una fortuna immensa se si pensa alla sorte che toccò al seminario vescovile, dall’altra parte di via Tempio Malatestiano che lo stesso Alessandro Gambalunga racconta nel suo testamento di vedere dalle stanze della “sua” biblioteca.

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