Home Attualita Migranti riminesi, sempre più soldi spediti in patria

Migranti riminesi, sempre più soldi spediti in patria

E’ un modo più efficace e diretto di qualsiasi altra forma di cooperazione per aiutare la propria terra d’origine e i cari rimasti in patria. Come avveniva per gli italiani emigrati all’estero nei decenni passati, anche i nuovi migranti avvertono la necessità di spedire alle proprie famiglie tutto quello che è possibile racimolare dai propri stipendi in terra straniera. E a guardare i dati delle rimesse che ogni anno partono dall’Italia per i paesi d’origine dei lavoratori o imprenditori immigrati, si tratta di una mole di denaro sempre più consistente. Nel 2011, dal BelPaese sono partiti ben 7,4 miliardi di euro, il 12,5% in più rispetto al 2010, lo 0,5% del Pil nazionale. La cifra che mediamente ogni straniero invia, ammonta a oltre 1.600 euro l’anno contro i 1.552 del 2010.
I dati diffusi dalla Fondazione Leone Moressa di Mestre, che analizza i flussi monetari transitati per i canali di intermediazione regolare (istituti di credito e agenzie di trasferimento contanti) mostrano quindi un quadro positivo e in crescita. Qual è la situazione per gli immigrati della nostra provincia? Dal Riminese, sempre nel 2011, sono partiti 34.419 euro, cifra che colloca questa provincia nella parte medio-alta della classifica (al 36° posto).
Rispetto all’anno precedente quando dai “riminesi d’adozione” erano stati inviati nei paesi d’origine 29 milioni di euro (il 5% in più del 2009) si tratta di un bel salto in avanti, pari al 15,7%. Il Paese che nel 2011 ha ricevuto di più è la Romania (18%), seguita da Senegal (14,8) e Ucraina (8,3).
Per le rimesse e i lavoratori che le inviano, dunque, sembra non esserci crisi. In realtà, Luciano Marzi dalla Caritas diocesana ci aiuta a leggere i dati anche da un’altra angolazione. “In quest’ultimo anno – spiega – un maggior numero di famiglie, soprattutto rumene, si sono dovute dividere a causa della crisi. A Rimini è rimasto solo il capofamiglia con un lavoro stabile. Gli altri famigliari sono dovuti tornare in patria”.

Alessandra Leardini