Home Attualita Metalstar 2000 – Se crescere e dare lavoro diventa una “impresa”

Metalstar 2000 – Se crescere e dare lavoro diventa una “impresa”

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Economia bloccata, giovani che non trovano lavoro, capannoni deserti… La storia che stiamo per raccontarvi smentirà ciascuno di questi punti. È l’odissea – non la prima di questo tipo alla quale diamo spazio – di un’impresa che soffre le conseguenze della sua crescita. Proprio così. Uscita dal tunnel profondo della crisi, la Metalstar 2000, azienda metalmeccanica riminese, ha saputo rialzarsi non solo recuperando, già nel 2012, tutto ciò che aveva perso, ma addirittura raddoppiandolo al 30 settembre 2017, con una crescita costante negli ultimi anni. Parallelamente, gli addetti sono tornati ad aumentare e oggi sono 36. Merito del nuovo incremento di produzione e commesse che quest’azienda ha saputo stimolare diversificando i settori di mercato e investendo in ricerca e sviluppo, nuovi software, nuovi macchinari e reparti come quello di taglio lamiere che parte in questi giorni.
Ma è proprio con la crescita, come ci riferiscono i quattro soci, Oto Cusano (fondatore), i figli Federico e Giada, e Merj De Angelis, che iniziano paradossalmente molti altri problemi.

Da tempo lo stabilimento a San Salvatore (1000 mq più altri 1000 di telonati) non basta più. Eppure di fianco avrebbe due ettari di terreno belli pronti per ingrandirsi. “Abbiamo realizzato – raccontano i soci – un piano di sviluppo aziendale, un progetto di ampliamento con annessi tutti gli studi richiesti per la fattibilità, sostenendo anche grandi costi. Ci sono stati diversi incontri in Comune ed era formalmente tutto accettato. Ma all’ultima Conferenza dei servizi è arrivato il no senza particolari motivazioni ostative. Probabilmente non c’è stata la volontà politica per procedere”.
“Già 15 anni fa avevamo acquisito un terreno di 1000 metri con 600 di capannoni a Villaggio Primo Maggio per poter avere ulteriori spazi. Allora erano sufficienti. – racconta Oto – Purtroppo sono passati 15 anni! Abbiamo finito adesso di pagare gli oneri di urbanizzazione e saremmo pronti per costruire, ma è già troppo poco per noi. Per poter portare avanti il nostro piano di sviluppo ci servirebbero complessivamente 5000 mq”.
Nel frattempo, dopo aver perlustrato varie aree artigianali della zona, sentendosi proporre prezzi proibitivi (fino a 1 milione di euro per 2500 mq. di terra, “prezzi più da speculatori immobiliari che non da consorzi che dovrebbero aiutare le imprese”) le due famiglie hanno comprato un capannone di 1500 mq a Coriano per trasferirvi un reparto di produzione. “Uno dei più grandi che abbiamo trovato. – aggiunge Giada – Non potevamo spostarci troppo lontano, abbiamo macchine settate al centesimo di millimetro”. “Solo per il trasloco  – aggiunge Oto – abbiamo dovuto spendere 400mila euro. Senza contare gli sprechi di tempo e risorse. In Italia abbiamo già un costo orario altissimo che ci penalizza con i competitors stranieri. E perdipiù noi per poter crescere stiamo sprecando perché dove siamo non ci fanno ampliare”.

A.A.A. Lavoratori qualificati cercansi.
La Metalstar, che si avvale anche di manodopera straniera “molto ben integrata”, come sottolineano i soci, ha un desiderio: prendere giovani direttamente dalle scuole tecniche e professionali e formarli sul campo. Trovare saldatori e figure meccaniche in generale, purtroppo, è quasi impossibile.
L’azienda collabora con gli enti di formazione ospitando stagisti che frequentano corsi di ricollocamento per disoccupati. Ma il desiderio è di poter incrementare e rafforzare il rapporto tra azienda e formazione. “Stiamo pensando ad un progetto di stage aziendali con le scuole, ore di lezione pratiche in azienda. – anticipa Federico – Qualcosa di più rispetto a quello che si fa oggi”.
Se fosse messa nelle condizioni di ingrandirsi in loco, la Metalstar potrebbe ancora notevolmente aumentare personale e produzione. Allo stesso tempo, ci sono altre aziende che chiudono o delocalizzano all’estero. “In un certo senso sono costrette a farlo: qui – osserva Oto – non sono nelle condizioni di poter crescere”.
Si guarda comunque al futuro con ottimismo. Le richieste dal mercato avanzano: c’è già una nuova macchina alla quale mettersi al lavoro.

Alessandra Leardini