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Memoria non è solo ricordo

BolzoniSola

La memoria e la sua funzione dal Rinascimento al Novecento. Di questo si è parlato nel quarto incontro del ciclo di conferenze de I Maestri e il Tempo, promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini, con il patrocinio dell’Istituto per i Beni Artistici Culturali e Naturali della Regione Emilia Romagna in collaborazione con l’Ufficio Scolastico di Rimini in palazzo Buonadrata. L’incontro dal titolo “Teatri della Memoria tra Rinascimento e Novecento” ha visto l’intervento di Lina Bolzoni, docente di Letteratura Italiana presso la Scuola Normale Superiore di Pisa e studiosa appassionata della memoria e della sua funzione come testimoniano le pubblicazioni inerenti al tema, quali La stanza della memoria (1995, ed. Einaudi) e Il lettore creativo. Percorsi cinquecenteschi tra memoria, gioco e scrittura (2012, ed. Guida), solo per citarne alcuni. Ripercorriamo attraverso la parola gli scenari della memoria che la Bolzoni ci ha illustrato durante la sua lezione.
La memoria, strumento per ricordare. La civiltà occidentale è custode di una tradizione che aiuta a ricordare ossia a sviluppare capacità culturali. Nella società priva di scrittura, quale quella omerica, la memoria aveva una funzione inestimabile: attraverso di essa miti, storie e personaggi vivevano di luogo in luogo, di tempo in tempo. Ma ricordare non è semplice, pertanto nel tempo si sono creati strumenti che aiutassero l’uomo a ricordare, in altre parole è nata la  mnemotecnica. Nel ’400 e nel ’500, si iniziano a produrre delle immagini fantastiche che servono per fare ricordare i contenuti dei vangeli.
La memoria non è ricordo fine a se stesso. Nel Medioevo l’arte della memoria serviva ai predicatori per l’elevazione interiore dei fedeli e del popolo, nel Rinascimento invece si costruiscono dei palazzi della memoria, in quanto l’uomo rinascimentale estende i suoi interessi a diversi ambiti del sapere. Di fronte all’enciclopedia del sapere, bisogna costruire dei veri palazzi della memoria che aiutino a contenere tutto il sapere. Ad esempio il francescano Thomas Murner utilizzava le carte da gioco per fare ricordare la logica e il diritto. Nel suo fantasioso agire, realizzava esibizioni pubbliche facendo vedere che estraendo una carta si poteva ricordare meglio il testo che si doveva imparare  a memoria. La memoria diviene così ordine e potere delle immagini. Ma la memoria non è solo questo. Essa è anche un sistema di luoghi, come avviene con il padre domenicano Johannes Romberch, uno dei sette padri domenicani che si oppose a Lutero, nel suo libro sull’arte della memoria usava i luoghi dell’abazia per fare ricordare determinati concetti.
La memoria non è solo ricordo, è anche creazione fantasiosa. L’arte delle memoria non serve solo a sopperire qualcosa che manca. La memoria non è solo passività, è anche creatività. La novità si esprime in un dialogo con l’altro. Attraverso la memoria si possono creare cose nuove ed inedite. Con l’avvento della stampa, ricordare sembra non essere necessario. In realtà si lega sempre di più alla letteratura.
Un cultore dell’arte della memoria, un possibile protagonista dei romanzi di Marguerite Yourcenar. È così che Lina Bolzoni ci presenta l’umanista Giulio Camillo che scrisse il L’idea del theatro, un testo nel quale si progettava la costruzione di un teatro ligneo sul modello vitruviano nel quale tutto lo scibile umano sarebbe stato archiviato come in una moderna enciclopedia. Nato in Friuli e formatosi a Venezia, Giulio Camillo, avvezzo alle pratiche alchimiste, vaga per l’Europa per trovare uno sponsor per il suo teatro della memoria. Impresa per nulla semplice e banale. Trova uno sponsor nel francese Francesco I, ma le stampa del suo utopico progetto verrà alla luce solamente sei anni dopo la sua morte, quindi nel 1550. Camillo, che  trova spazio nell’edizione del ’32 dell’Orlando Furioso di Ariosto “e quei che per guidarci ai rivi ascrei/ mostra piano e più breve altro camino, Giulio Camillo” sbeffeggiando in qualche modo l’assenza del Macchiavelli che si offese per non essere stato menzionato, entrò in contatto con Erasmo da Rotterdam, Pietro Bembo, Aretino ed anche Tiziano che di lui fece un ritratto. Un teatro della memoria frutto di diverse tradizioni filosofiche ed in grado di raccogliere tutto lo scibile umano: questo era il progetto di Camillo. L’architettura ordinata e proporzionata del teatro si può ravvedere secondo Camillo anche nei testi. Un insieme di file interconnessi, come i moderni computer. Questo è il teatro della memoria di Camillo.
Poi nel Settecento i teatri della memoria scompaiano, per riapparire nel Novecento. Un abruzzese antifascista emigrato negli Stati Uniti, Marino Auriti, presentò il progetto di un palazzo enciclopedico che avrebbe dovuto essere costruito nei pressi della statua di Abramo Lincoln a Washington.

Sara Castellani