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Meeting per l’amicizia fra i popoli – L’eredità dei padri, radice sempre nuova

meeting manifesto

Un albero, un simbolo, che è compagno dell’uomo da milioni di anni. Questa l’immagine dalla quale è nata l’idea grafica del nuovo manifesto del Meeting per l’amicizia fra i popoli realizzata dal grafico riminese Bruno Monaco.
Il titolo della XXXVIII edizione della kermesse (in programma dal 20 al 27 agosto prossimi nei padiglioni di Rimini Fiera), ovvero “Quello che tu erediti dai tuoi padri, riguadagnatelo, per possederlo”, pone l’accento sul bisogno di riappropriarsi di quello che ci è stato lasciato in eredità ma soprattutto sui passi, sul cammino, sul lavoro di ognuno, necessari per riguadagnare questa eredità. Proprio “Come un albero – è il commento di Bruno Monaco – che dalle proprie antiche e solide radici trae energia vitale per rigenerarsi, crescere e dare nuovi frutti ad ogni stagione”.
Che cosa abbiamo ereditato? Una somma di valori? Una storia? Delle verità? Come tutto il meglio di ciò che i padri hanno vissuto può essere giudicato e soprattutto riguadagnato? Queste domande saranno il cuore del Meeting 2017, un luogo di dialogo reale dove condividere – secondo l’idea degli organizzatori – la ricchezza e la bellezza di cui ognuno è portatore. Un luogo dove si possano intravvedere insieme percorsi possibili di costruzione condivisa, avendo come orizzonte il mondo.
La stessa posizione che anima una delle novità del Meeting 2017: una mostra su Gerusalemme. Per verificarne la fattibilità e proseguire la collaborazione con la Custodia di Terra Santa, la Presidente del Meeting di Rimini Emilia Guarnieri, accompagnata dalla responsabile mostre della manifestazione Alessandra Vitez e da Roberto, è stata tre giorni a Gerusalemme. Per constatare la possibilità di mostrare i luoghi dove Gesù ha vissuto. Ma anche l’occasione per raccontare come quell’Avvenimento continua ad essere presente nella vita di tante persone.
Da ottocento anni i francescani sono in Terra Santa a custodire i luoghi, memoria della vita di Gesù, e a custodire le persone, cristiani e non cristiani. Il Meeting ne ha conosciuti tantissimi in questi anni: padre Ibrahim, padre Firas, francescani che in Siria, Israele, Palestina, Giordania confortano, educano, testimoniano speranza, annunciano la salvezza di Gesù.
A Gerusalemme i frati hanno messo mano alla catalogazione del materiale archeologico, iconografico e fotografico per un nuovo Museo. “Sulla targa dei benefattori che hanno contribuito all’avvio dell’impresa campeggia il nome di don Giussani, segno di quell’affetto commosso che ci lega da sempre alla storia della Custodia e, per noi, quasi un suggerimento del cuore con cui essere lì” racconta Emilia Guarnieri”.
Il terzetto riminese è stato accolto da padre Francesco Patton, il Custode, accompagnato da padre Stephan e dalla sua collaboratrice Marie: è iniziato così il dialogo sulla bellezza degli ottocento anni di presenza francescana. E si è iniziato ad immaginare la Mostra per il 2017. “Ma perché non pensare anche ad un progetto espositivo di più ampio respiro, nel 2019?– si è chiesta la Presidente della Fondazione Meeting – A quel punto sarebbero ottocento anni dallo storico incontro tra Francesco e il Sultano, un esempio di dialogo tra due uomini diversi, che ebbero il coraggio di parlarsi: il Sultano non si convertì, ma i Francescani poterono continuare a vivere pacificamente in quei luoghi”.
Mentre i progetti espositivi prendevano forma, le giornate a Gerusalemme diventavano occasione di altri incontri imprevisti. “Benedetta, Ilaria, Sara, archeologi, giornalisti, operatori presso la Custodia. Una sera, di ritorno dal gesto che una volta alla settimana riunisce una trentina di persone, con messa, Scuola di comunità e cena, – prosegue il racconto la Guarnieri –Benedetta è venuta a salutarci insieme a Bernadette. Un nuovo incontro. Violino in spalla, occhi scintillanti, vibrante di emozione come le corde del suo strumento, ci racconta di una famiglia, la sua, intessuta di musica, dove le note, amate e condivise, sono diventate una carezza al dolore della vita. Lei ora studia e suona in orchestra a Tel Aviv. Ultima di quattro figli, tutti musicisti come i genitori, parla del fratello Emmanuele, il compositore, con un affetto e una stima che ti fa desiderare di conoscerlo e di ascoltarlo. E chissà che il prossimo Meeting non possa essere l’occasione per ascoltare lui, i suoi fratelli e la loro orchestra…”.
Già, chissà.
Città affascinante, e piena di contraddizioni, Gerusalemme. Tocchi i sassi che aveva toccato Gesù, mentre ti muovi in mezzo a mille contraddizioni, diversità, ostilità. Nelle strade ci si fa largo tra ebrei, musulmani, cristiani, palestinesi, israeliani, popoli feriti da violenze e persecuzioni, dove è normale convivere con la guerra. “Si capisce perché la saggezza di chi è qui da anni, come il Nunzio monsignor Giuseppe Lazzarotto, sa che i tempi di una possibile pacificazione sono lunghi, affidati alla educazione e alla vivacità di quelle iniziative di pace che nascono sia tra gli israeliani che tra i palestinesi”.
Emilia, Alessandra e Roberto hanno incontrato una di queste esperienze: Women wage peace. Madri israeliane, intenzionate a battersi per far cessare il conflitto tra Israele e Palestina, cui si sono unite donne palestinesi, cristiane, mussulmane. “Hanno cominciato trovandosi nelle case a parlare di pace. A fine ottobre la Marcia della Speranza le ha viste in migliaia marciare da Nord a Sud di Israele, lungo il confine, mentre donne palestinesi e giordane marciavano dall’altra parte. Contano su comitati di solidarietà in diversi paesi del mondo. Recita un detto ebraico: «Non sei chiamato a portare a termine il lavoro, ma ora non puoi esimerti dal farlo». «La diversità è un dono», ci hanno detto”.
Stili, sensibilità, persone diverse ma all’interlocutore proviamo a dire ti voglio bene lo stesso, proviamo ad andare avanti insieme. Lo proponeva padre Pierbattista Pizzaballa, oggi Amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme. “Nella lunga conversazione con lui, abbiamo visto all’opera quello «sguardo redento» che non è una risposta ai problemi, ma che ti mette nella posizione più giusta per affrontarli. E in quel contesto di problemi forse irrisolvibili è evidente che questo sguardo è indispensabile per vivere”. E tradurlo, per quanto possibile, anche in una mostra.

Tommaso Cevoli