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Medici di famiglia in via di estinzione?

Secondo uno dei proverbi più famosi basta una mela quotidiana per “togliere il medico di torno”. Ma ciò che la saggezza popolare non considera è l’estremizzazione: cosa accadrebbe se tutti i medici si “togliessero di torno”?

Certo, l’assenza totale di medici è uno scenario impensabile, ma una loro drastica diminuzione non è solo un problema possibile. È già realtà, nel nostro Paese.

Parliamo di medici di medicina generale (MMG), i cosiddetti medici di famiglia, che secondo le stime saranno sempre di meno in futuro. Un futuro prossimo, non indefinito o remoto.

Una carenza allarmante, dovuta a un cortocircuito del sistema formativo: nei prossimi anni i medici di base che andranno in pensione saranno nettamente di più di quelli che subentreranno nel ruolo, a causa di un “collo di bottiglia” rappresentato dai pochi posti messi a disposizione nei corsi di formazione, necessari per conseguire il Diploma di formazione specifica in medicina generale, titolo esclusivo per poter esercitare l’attività di medico di base in Italia. Tanti medici di famiglia stanno per appendere il camice, dunque, e pochi lo indosseranno.

Quanti?

I numeri

A scattare una fotografia precisa di questo allarme nazionale sono gli stessi medici di base: secondo una delle più recenti indagini della FIMMG (Federazione Italiana Medici Medicina Generale, il massimo sindacato nazionale della categoria), infatti, a fronte di circa 43mila medici di famiglia attivi in Italia, nei prossimi cinque anni ne andranno in pensione 14.908. Tradotto: 14 milioni di italiani potrebbero rimanere senza medico di base.

Un trend destinato anche a peggiorare: seguendo la proiezione, nel 2028 verrebbero a mancare 33.392 medici di famiglia, con il picco che verrebbe a coincidere con il 2022: solo in quell’anno ne andranno in pensione 3.902.

E a casa nostra? Secondo i dati dell’Ausl Romagna, a fronte dei 230 medici di base in attività in provincia di Rimini, saranno 3 quelli ad appendere il camice entro il 31 dicembre 2019.

Numeri che saliranno in futuro: 8 cessazioni nel corso del 2020 e altre 8 nel corso del 2021, per arrivare a una stima di 17 nel 2022. Numeri non esorbitanti, dunque, per il nostro territorio. Ma, sulla carta, potrebbe andare molto peggio, segno che il problema rimane.

Lo spiega il dottor Corrado Paolizzi, medico di base di Rimini. “Guardando all’elenco di tutti i medici di base presenti in provincia di Rimini, – è l’analisi del dottor Paolizzi – se col finire dell’anno andassero in pensione tutti i medici di famiglia che hanno più di 65 anni, quindi senza aspettare di arrivare al massimo dei 70 anni, Rimini si troverebbe con circa 95 medici di base in meno. Se pensiamo che in media, arrotondando per difetto, ogni medico assiste più di 800 persone, il calcolo è presto fatto, e non sono numeri trascurabili. Il problema, dunque, c’è eccome. E sarebbe pressoché impossibile formare abbastanza medici, solo per la provincia di Rimini, per rispondere a numeri del genere”.

Un vero e proprio allarme? Parla l’Ordine

Un panorama della sanità del prossimo futuro che non fa ben sperare, guardando ai numeri. Come si sta riflettendo sul nostro territorio? Qual è la situazione dei camici bianchi di Rimini?

Risponde, analizzando la situazione, il dottor Maurizio Grossi, presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Rimini.

“Il tema della carenza dei medici di base – le parole di Grossi – è, purtroppo, attualissimo. E tocca anche la nostra realtà. Oggi c’è una situazione di difficile arruolamento di medici, soprattutto nelle strutture ospedaliere. Possiamo dire che attualmente ci sono ospedali che si trovano in una situazione di netta sofferenza a causa di queste difficoltà di reclutamento, a fronte dei tanti pensionamenti. E, in questo, il dipartimento che registra la maggiore criticità, a livello nazionale ma anche a Rimini, è quello di emergenza, rianimazione e terapia intensiva”.

Si può parlare di vero e proprio allarme?

“È una situazione critica, di vera emergenza. E lo sta diventando anche nella nostra realtà: non c’è ricambio, i concorsi vanno deserti, e in un contesto del genere le Regioni cercano di ingegnarsi in diversi modi: chi forma i giovani medici con dei corsi regionali, chi arruola medici liberi professionisti in attesa di trovare medici di base da assumere come dipendenti, perché oggi in Italia la sola laurea in Medicina non è sufficiente per essere assunti in ambito ospedaliero, occorre essere specializzati, anche per la medicina di base. E quindi ci possono essere casi di giovani medici che hanno la laurea, e vengono assunti dopo corsi regionali molto brevi, di pochi mesi, per essere impiegati in Pronto Soccorso. Questa è la realtà attuale”.

Tutto questo a causa di un difetto a monte, a livello formativo.

“Sì, c’è un‘imbuto’ a livello di formazione. Si pensi che oggi le Università, a fronte di circa 9mila medici che si laureano ogni anno, mettono a disposizione circa 6mila o 6.500 borse di studio. Guardando al nostro territorio, decine e decine di medici andranno in pensione nel prossimo futuro, e i numeri che abbiamo per quanto riguarda i subentri non sono di certo sufficienti per colmare queste uscite. In provincia di Rimini non viviamo ancora una situazione di vero allarme, ma basta andare poco lontano, in alcune zone del parmense o del piacentino, per trovare serie criticità”.