Home Attualita Mattarella e APGXXIII: solo cose belle

Mattarella e APGXXIII: solo cose belle

Rimini, 07/12/2918: Cinquantesimo anniversario Comunità Papa Giovanni XXIII, l il Pres.della Repubblica Sergio Mattarella incontra uno dei protagonisti del film "Solo cose belle"

Non è stata una giornata normale neanche per il Presidente della Repubblica, quella di venerdì 7 dicembre. Mattarella conosceva don Oreste, aveva anche parlato con lui, ma l’incontro con la sua comunità, con le storie incarnata delle persone che la compongono, lo ha indubbiamente scosso.

Ma partiamo dalla cronaca della giornata.
Già dalle 8 del mattino le porte del Palacongressi di Rimini sono aperte per accogliere i primi ospiti. Molti sono riminesi e fra loro anche 3500 studenti, ma tantissimi (oltre 2000) vengono da tutt’Italia, dove sono presenti 201 case famiglia, in cui oggi sono accolte 1283 persone. Ci sono anche rappresentanti dalle 50 comunità e case famiglie sparse nel mondo. C’è pure Mara Rossi, che da tanti anni rappresenta la Papa Giovanni XXIII presso l’ONU a Ginevra.

Alle 9,30 il primo appuntamento: la proiezione in anteprima del film di Kristian Gianfreda “Solo cose belle”, che racconta la storia di Benedetta, una ragazza di sedici anni in crisi adolescenziale. La sua vita e quella della comunità cittadina (il film è ambientato a San Giovanni In Marignano) cambieranno in modo imprevedibile con l’arrivo in paese di una casa famiglia rumorosa e stravagante, composta da madre, padre e il loro figlio naturale, un extracomunitario appena sbarcato, una ex-prostituta, un carcerato, due ragazzi con gravi disabilità e un bimbo in affido. Tra gli ospiti della struttura c’è anche Kevin, un ragazzo di cui Benedetta si innamorerà (entrambi nella foto in basso con la “mamma” e Ciccio) e che metterà in discussione le sue certezze.

Nel cast artistico ritroviamo, oltre ad attori reali, gli ospiti delle case famiglia, con le proprie diverse abilità. Fra loro diventerà l’idolo dell’assemblea riminese Francesco detto Ciccio (nella foto in alto con il presidente) , un ragazzino con grave disabilità, che nel film incoraggia il “fratello” Kevin con una battuta che provoca l’applauso dell’assemblea: “Mi hanno chiamato handicappato, gli ho risposto dicendo che sbagliavano: io sono cinese!”.

La curiosità è grande e per un po’ i presenti giocano a riconoscere luoghi e persone. Il film, costruito a mo’ di commedia all’italiana è davvero gradevole, scorre veloce e piace ai ragazzi in sala. Alla fine un lungo applauso per lo staff, attori, sceneggiatori, tutti sul palco, eccetto il regista, Gianfreda, troppo impegnato nella regia anche di quell’evento.

Nel frattempo il presidente Mattarella è già a Rimini. Accompagnato dal Vescovo e da Giovanni Ramonda, sta visitando una casa famiglia e la stanza di don Oreste alla parrocchia della Resurrezione, accolti dal parroco don Renzo Gradara.
Anche la casa famiglia è alla Grotta Rossa (nella terza foto dall’alto). È quella dove Hiessel e Valeria, papà e mamma, vivono con i loro due piccoli figli naturali, un anziano di 65 anni con disabilità motorie, un uomo di 50 già senza fissa dimora, una donna di 40 anni con ritardo mentale, una ragazzina rom di 18, due giovani donne ed una donna somala col suo bimbo giunto tramite il corridoio umanitario di due settimane fa .

Sono le 11 quando il Presidente entra al Palacongressi. I 7000 presenti (la grande sala della Piazza è insufficiente ed un migliaio sono “emarginati” nell’anfiteatro) lo accolgono con un fragoroso e prolungato applauso. Il primo intervento è di Ramonda, che racconta della comunità presente in tutte le regioni d’Italia e in 43 Paesi dei cinque continenti.

La ringraziamo per il bene che vuole al Paese, al senso di giustizia che continuamente richiama nei suoi interventi, nel difendere i diritti fondamentali della vita, della famiglia, del lavoro, dell’attenzione ai deboli, dell’implementare un’economia di condivisione”. Poi una citazione di don Benzi: «Le persone fragili non possono essere solo oggetto di assistenza, ma sono costruttrici di umanità. Un popolo che lascia indietro i più poveri è destinato ad autodistruggersi.» Segue il racconto di 50 anni di vita, da quel campeggio con “gli spastici” (come si diceva allora) ad Alba di Canazei nel 1968 alle “Comunità Educanti dei Carcerati” (CEC) di oggi.

Un riferimento all’accoglienza dei profughi a Pratica di Mare (il corridoio umanitario “benedetto” da Salvini, per intenderci) sembre rispondere alle osservazioni fatte da qualcuno anche in comunità: “Riteniamo la scelta dell’accoglienza imprescindibile: i profughi in mare vanno soccorsi, accolti e integrati, ma soprattutto occorre puntare su una soluzione che è stata già sperimentata con successo: i corridoi umanitari”.
Un intervento lungo, molto descrittivo e ricco di riferimenti concreti, fino alla richiesta di “nuove missioni a Cuba, in Thailandia, in Camerun, in Grecia e in Irlanda”.
L’accenno poi al valore della pace, all’impegno di Operazione Colomba e alla richiesta di “istituire un Ministero della Pace che sviluppi anche un’educazione alla non violenza nelle scuole”.

Seguono quattro testimonianze, molto ricche di vita e umanità. Prima tra tutte quella della casa famiglia dove vive Ciccio, 14 anni, disabile a causa di un’ipossia al momento del parto. I suoi compagni di classe – ci vien detto – gli hanno regalato un bel papillon, perché fosse elegante in occasione dell’incontro con il Presidente.
Poi interviene Daniela arrivata in Italia dall’est a 17 anni. “Persone di cui mi fidavo mi avevano promesso un lavoro”. Presto scopre di essere stata in realtà venduta, la mettono sulla strada, subisce minacce e torture, fino a tagliarle le orecchie. Dopo di lei Glory, nigeriana, 22 anni, vittima di tratta per prostituzione. Dopo tante violenze, chiama disperata i volontari della Papa Giovanni e viene liberata.

Tocca ad Operazione Colomba. Giulia è nata in una casa famiglia e dopo la laurea è andata a New York per uno stage all’Onu. Nel 2016 è partita per la Palestina, l’anno seguente è andata in Libano come volontaria, dove vive in una tenda. Lì. afferma, pensa di servire bene la sua “amata Costituzione”. È lei che traduce l’appello di Abdo, un profugo siriano, appena giunto dal Libano. È fra coloro che hanno scritto la proposta di pace consegnata alla Commissione e al Parlamento europeo (seconda foto dall’alto).

Chiude le testimonianza Daniele, 28 anni, arrestato per rapina a mano armata. Dopo un lungo percorso riabilitativo nelle CEC, a fine pena, ha trovato lavoro ed ora vive integrato pienamente e vuole restituire il doppio di quel che ha ricevuto in bene. È accompagnato da Giorgio Pieri, responsabile delle case educative per carcerati, che spiega con parole chiare al Presidente quanto convengano queste esperienze rispetto al carcere tradizionale, sia come recidiva (15 contro l’80%!), che come costo.

Mattarella nel suo intervento risponde, una ad una, a tutte le positive provocazioni di Giampaolo Ramonda e dei quattro testimoni.Nella società non ci possono essere scarti, ma solo cittadini di identico rango e di uguale importanza sociale. Una diversa visione metterebbe in discussione i fondamenti stessi della nostra Repubblica” è il cuore del suo messaggio.

Sulla tratta di esseri umani è puntuale: “È un impegno inderogabile combattere senza tregua la tratta e la riduzione in schiavitù. Questa piaga non è debellata. Lo vediamo ogni giorno sulle nostre strade e nelle nostre città”. “Nessuno può voltare la testa dall’altra parte – aggiunge, – nessuno può mettere a tacere la propria coscienza di fronte a questo mercato infame. E meno che mai può farlo lo Stato. Non sono le vittime delle tratta a dover essere perseguite ma tutti gli sfruttatori, tutti quelli che sono coinvolti o che si lasciano coinvolgere. Sono le donne a pagare sempre il prezzo più alto: la libertà di ogni donna è condizione per la libertà di tutti”.

Sulla pace afferma: “State dimostrando a tutti che si può tenere insieme la concreta solidarietà, l’aiuto alle persone, con una diplomazia popolare orientata alla distensione”, dice. Ricorda le parole di don Benzi, secondo cui «guardare gli occhi con il mondo dei poveri scuote le coscienze».
E questo detto nel giorno in cui il Censis fotografa un’Italia egoista, spaventata ed incattivita, aiuta a credere che però un’altra Italia è possibile ed è già all’opera.