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Matrimonio e unioni: che differenze?

Il matrimonio, l’unione civile e la convivenza di fatto. Quali differenze? E quali diritti e doveri? Risposte che lunedì sera, presso la parrocchia Santa Maria a Mare di Viserba, ha provato a dare l’avvocato Giuliano Zamagni, presidente del Forum delle Associazioni Familiari di Rimini e vicepresidente di Azione Cattolica, nell’incontro organizzato con la collaborazione dell’Ufficio Diocesano per la Pastorale della Famiglia.

Avvocato, quali sono le forme di matrimonio in Italia?
“In Italia l’ordinamento giuridico e quello canonico permettono di delineare il profilo di quattro tipi di matrimonio. Il matrimonio civile: è quello che si celebra in Comune, o negli altri luoghi a questo deputati secondo il regolamento comunale, e che viene officiato dal sindaco o dai suoi delegati. Ha gli effetti stabiliti dall’ordinamento civile, ma dal punto di vista religioso non ha nessun effetto. Chiaramente è già il segno di voler dare stabilità alla propria unione, e implica la disponibilità ad assumere responsabilmente diritti e doveri dello stare insieme. Il matrimonio concordatario: è quello che si celebra in chiesa, davanti al ministro di culto e davanti alla comunità, e ha anche effetti civili in quanto in quel momento il ministro di culto assume il ruolo di ufficiale di stato civile. Il matrimonio concordatario è quello che dona il sacramento e allo stesso tempo produce effetti anche per l’ordinamento statale. Oltre al matrimonio concordatario vi è quello celebrato davanti a ministri dei culti (diversi da quello cattolico) ammessi nello Stato, il cui riconoscimento dipende da adempimenti diversi a seconda che la confessione sia titolare o meno di un’intesa con lo Stato italiano. Infine vi è il matrimonio solo religioso: nel caso in cui non sia opportuno che lo stato civile sia quello di coniugato, ma c’è il desiderio di chiedere la benedizione della propria unione davanti a Dio e alla comunità cristiana, è possibile celebrare un matrimonio che non ha effetti civili, ma solo religiosi”.

Quali sono le differenze tra un matrimonio e un’unione civile?
“Il matrimonio, pur non avendo una specifica definizione, trova la sua fonte nell articolo 29 della Costituzione, che definisce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, il quale è ordinato a sua volta «sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi». Può essere celebrato in presenza dell’ufficiale di stato civile o in chiesa. L’unione civile, invece, è indicata come «una specifica formazione sociale ai sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione» tra persone maggiorenni dello stesso sesso e per la sua costituzione prevede una dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile ed alla presenza di due testimoni. In caso di matrimonio e unione civile, le coppie sono soggette al regime di comunione dei beni, se non optano per quello di separazione, hanno diritti riconosciuti in caso di successione e hanno l’obbligo di collaborazione morale e materiale. Anche il trattamento fiscale e previdenziale è (quasi) identico: TFR e pensione di reversibilità in caso di dipartita del coniuge, detrazioni fiscali per prima casa e familiari a carico. Differenza sostanziale è la mancanza dell’obbligo di fedeltà nelle unioni civili, che invece è espressamente previsto dall’art. 143 del Codice Civile nel matrimonio”.

Come ci si comporta con un’unione di fatto?
“La convivenza di fatto va dichiarata semplicemente all’anagrafe ed è una forma fruibile da coppie eterosessuali o omosessuali, purché non vincolate da rapporti di parentela o adozione, da un altro matrimonio o unione civile. Chi opta per questo tipo di unione potrà sottoscrivere un contratto di convivenza (redatto da un notaio o un avvocato) con cui disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune, senza diritti sulla successione, ma con la possibilità, come per chiunque altro, di ricorrere al testamento nei limiti della quota disponibile. Effetti di natura previdenziale non sono contemplati tra componenti delle coppie di fatto. Unico impegno riconosciuto dalla legge è relativo al diritto di partecipazione agli utili dell’azienda del partner, ma non nel caso in cui si lavori nell’azienda”.

Quali sono i diritti e i doveri del matrimonio o dell’una o dell’altra forma di unione?
“Per quanto riguarda il matrimonio, precisiamo subito che marito e moglie sono uguali di fronte alla legge, hanno quindi gli stessi diritti e gli stessi doveri che sono regolati dall’articolo 143 del Codice Civile. Partiamo dai doveri: fedeltà, assistenza morale e materiale, collaborazione nell’interesse della famiglia, coabitazione, l’obbligo di contribuire ai bisogni della famiglia in proporzione alle proprie capacità economiche e di lavoro e, infine, il dovere di rispettare la libertà del coniuge. Tra i diritti, invece, c’è quello a non essere traditi (non solo fisicamente), all’ assistenza, alla collaborazione nell’interesse della famiglia. Per quanto concerne le unioni civili, la normativa di riferimento è la Legge n.76 del 20 maggio 2016. Con la costituzione dell’unione civile le parti acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri; dall’unione civile deriva l’obbligo reciproco all assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Entrambe le parti sono tenute, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni. Tra i diritti c’è quello agli alimenti e ai diritti successori, In caso di decesso di una delle due parti, invece, andranno corrisposte al partner sia l’indennità dovuta dal datore di lavoro (ex art. 2118 c.c.) sia quella relativa al trattamento di fine rapporto (ex art. 2120 c.c.). Per quanto riguarda le convivenze di fatto: il convivente può essere nominato tutore o amministratore di sostegno in caso di infermità totale o parziale del partner, e può visitarlo in carcere o in ospedale prestando assistenza in caso di malattia e acquisendo voce in capitolo per quanto riguarda il trattamento terapeutico. In caso di morte del convivente intestatario del contratto di affitto, il partner può subentrare nel contratto e rimanere nell’immobile; inoltre, se il convivente deceduto era proprietario della casa, il partner può continuare a vivere nella dimora per un periodo di altri due anni o pari alla convivenza se superiore, ma non oltre i cinque. Cosa forse ancora più importante, al convivente spetta il risarcimento del danno, similmente a quanto previsto per marito e moglie, in caso di morte del partner per infortunio sul lavoro o altro fatto illecito. Tra i doveri dei conviventi previsti dalla Legge Cirinnà è importante invece ricordare cosa succede in caso di separazione della coppia. Il giudice, su richiesta di uno degli ex conviventi, può infatti stabilire l’obbligo al versamento degli alimenti. Tale obbligo è però valido solo se l’ex partner versa in stato di bisogno. A differenza di quanto succede per le coppie sposate, non è invece possibile richiedere il «mantenimento», se non espressamente previsto dal contratto di convivenza: gli alimenti sono relativi solo alla necessità di sopravvivenza dell’ex partner e sono quindi inferiori in importo al mantenimento”.

Francesco Barone