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Sotto le stelle della ceramica

In quelle opere vive il gusto estetico e l’amore per l’arte. Modellato dall’abilità delle mani. Ma c’è anche chi in un piatto modellato o in un vaso lavorato mette una ricerca di riscatto, di valorizzazione, conquistando – lavorazione dopo lavorazione – capacità e competenze. Per questi “autori”, la scoperta di sé come artefici di un’opera, contiene fatiche e motivazioni, sogni e possibiltà.

Con le opere che nascono con queste precise caratteristiche e con il prezioso contributo di circa 45 artisti della Provincia di Rimini, ogni anno si rinnova un appuntamento che ancora esprime e trasmette il senso di una presenza unito alla passione per l’arte. Si tratta della Mostra di Ceramica organizzata dalla Fondazione Enaip – Centro Zavatta di Rimini, e allestita fino al 25 novembre presso Castel Sismondo, in piazza Malatesta.

“Lo spirito e l’intenzione che anima la Mostra di Ceramica è essere parte di uno spirito che, sia pure al di fuori del grande dibattito artistico, ne riflette i sentori. – l’ha descritta il riminese Stefano Pivato scrittore, saggista, già Rettore dell’Università di Urbino – Realizzate da artisti o da chi ha messo nella ceramica anche una ricerca di riscatto alla sua situazione di marginalità, le opere vogliono valorizzare simbolicamente, attraverso la realizzazione di un progetto, l’intelligenza del lavoro manuale”.

La prima mostra di ceramica prendeva forma a Rimini nel 1961: esponeva le opere realizzate durante il corso per ceramisti, uno dei primi gestiti nella sede riminese. Da allora molte cose sono cambiate, ma i percorsi alternativi non sono mai mancati (dal Progetto Obiettivo Integrazione al “Piede Libero” organizzato presso la Casa Circondariale di Rimini). Realizzate da artisti affermati, e da altri in cerca di una propria cifra stilistica, e ancora da chi ha messo nella ceramica anche una ricerca di riscatto alla sua situazione di marginalità, le opere vogliono valorizzare simbolicamente, attraverso la realizzazione di un progetto, l’intelligenza del lavoro manuale.

L’edizione 2018 – con la direzione artistica di Annalisa Morri – è la numero 57 di questo lungo, infinito, artistico e umano percorso (orari di apertura: 16-20). La ceramica, “suprema creazione dell’uomo – fa notare Vittorio Betti, presidente del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Enaip – Centro Zavatta di Rimini – è stata plasmata, dipinta, ideata nei secoli come pura forma d’arte, di tecnica, d’espressione, di ingegno, di materia viva. È parte della nostra vita, valore aggiunto del nostro quotidiano, aggregazione dell’uomo con la natura”. A tema c’è la bottiglia. Di forma sinuosa ed elegante, è cilindro che nel suo tendere verso l’alto, si fa collo affusolato. Vagamente antropoforma, verticale presenza su superfici orizzontali, la bottiglia ha saputo affascinare grandi artisti. Per Pablo Picasso “una bottiglia su un tavolo è significativa quanto un dipinto religioso”. Giorgio Morandi, più d’ogni altro, l’ha resa protagonista delle sue mutevoli composizioni ad intessere una relazione “muta” capace di raggiungere l’armonico equilibrio.

Nessuno ha mai chiesto alle bottiglie di Morandi cosa contenessero: per Ennio Flaiano, un intellettuale dagli orizzonti ampi, quei cilindri vuoti non erano nemmeno più recipienti ma “l’idea di un mondo possibile, di soluzioni possibili”. Nella mostra riminese artisti come Gio’ Urbinati, Veronica Zavoli, Enzo Maneglia o le più giovani dello Studio Ramina, ci aiutano ad incamminarci verso queste vivide, umanissime possibilità.

Tommaso Cevoli