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“Le Fontanelle” al tempo dei briganti

Siamo a cavallo tra Settecento e Ottocento, e la situazione politico-sociale in Romagna, e nel territorio di Rimini, è piuttosto delicata. È il cosiddetto ‘periodo napoleonico’, caratterizzato da una costante instabilità politica: il governo del territorio riminese cambia volto e colore continuamente, passando dagli austriaci ai francesi in modo repentino. Questo causa un continuo e ripetuto transito di truppe diverse sul territorio, portando a una destabilizzazione della popolazione, con devastazione di campi e raccolti, furti e violenze. E a un fenomeno ben preciso: il brigantaggio.
A questo contesto si riconduce un fatto di cronaca tutto nostrano, avvenuto nella zona delle “Fontanelle” di Riccione nel 1800, la cui violenza ed efferatezza suscitarono clamore in tutte le cronache dell’epoca, non solo locali: l’assassinio durante una rapina di due mercanti milanesi, Giovan Angelo Antonioli Margaroli e Gabriele Maria Azarri, e di uno bolognese, Luigi Toselli, avvenuto il 29 luglio ad opera di una banda di cinque briganti provenienti dal territorio di Sogliano sul Rubicone.
La vicenda, ricostruita attraverso documenti e cronache dell’epoca, viene raccontata dallo scrittore riccionese Fosco Rocchetta nel libro Le Fontanelle di Riccione – Ambiente e Storia di un’area urbana tra mare e collina, edito dal Comune di Riccione nel 2006. Di seguito un estratto del racconto.

“Proprio per attingervi acqua e dissetare sé stessi ed i cavalli, fecero sosta alle Fontanelle quegli sventurati mercanti il 29 luglio 1800 che, nel loro percorso lungo la Flaminia, erano diretti alla famosa ‘fiera di Senigallia’. […] L’assassinio alle Fontanelle del 29 luglio 1800 sulla strada corriera o via Flaminia nel borgo di Riccione, che fece un grande scalpore in tutto il territorio riminese per la sua crudeltà, testimonia il pericolo e la minaccia sempre incombente di subire assalti e ruberie da parte di quanti si mettevano in viaggio nei secoli passati, fossero essi pellegrini o ricchi mercanti di prima sfera, diretti verso una delle più importanti fiere dell’epoca, quale quella di Senigallia, che annualmente richiamava migliaia di commercianti e uomini d’affari provenienti da diverse parti della penisola italiana, dell’Europa e del bacino del Mediterraneo.

La rapina e l’assassinio
Il gruppo dei mercanti che transitava sulla Flaminia, in località Fontanelle di Riccione, era costituito, come accennato, da Giovan Angelo Antonioli Margaroli di Domodossola, ma residente da più anni a Milano, ‘negoziante di prima sfera di tellerie e di altri generi’, condotto su una carrozza trainata da due cavalli dal cocchiere Antonio Biagioni di Reggio Emilia e da Gabriele Maria Azarri anch’egli commerciante milanese. A costoro, partiti il 20 luglio da Milano, pervenuti a Bologna, si aggiunsero i mercanti bolognesi Giuseppe Toselli, amico del Margaroli, Luigi Montanari ed ‘un giovine di negozio del cittadino Raddaeli’. Non è da escludersi che il viaggio fatto insieme dai tre mercanti verso la medesima meta potesse essere ricondotto al timore, avvertito da tutti, di poter essere rapinati, e dalla necessità di potersi meglio difendere in caso di assalti, dal momento che, per di più, erano consapevoli di avere con sé oggetti di valore e una notevole quantità di denaro per poter fare acquisti alla fiera di Senigallia. La mattina del 29 luglio, partita la compagnia da Rimini alla volta di Pesaro, questa pervenne tre ore dopo ad un luogo detto Le Fontanelle, fece quivi sosta ‘per godere il beneficio di quell’acqua che copiosamente scaturisce dal monte’, al pari dei cavalli che anch’essi furono fatti ristorare nella suddetta sorgente. Successivamente saliti in carrozza tutti, ad eccezione dell’Azarri che si era avviato un po’ prima a piedi in direzione sud, videro ‘retrocedere il medesimo con due francesi disarmati fuggendo’, e quest’ultimo disse che ‘era una bella cosa essere in compagnia, perché gli si erano presentati due uomini armati’. Non appena pronunciate queste parole furono sparate dal ‘vicino greppo a mano destra’, alcune archibugiate che colpirono in faccia Gabriele Maria Azarri il quale gravemente ferito cadde a terra. Un altro sparo colpì mortalmente il padrone della carrozza, il mercante milanese Giovan Angelo Antonioli Margaroli che cadde disteso a terra ‘sopra il ponte detto il Fosso dell’Albero’. I cinque briganti autori dell’atroce misfatto provenivano da una località del territorio di Sogliano al Rubicone: noti per la loro crudeltà, si erano già resi protagonisti di altri delitti ed assassinii. […]

La fuga dei briganti
Dopo aver commesso l’assassinio alle Fontanelle i malfattori, lo stesso giorno dell’orrendo misfatto, ‘fuggiti verso la selva ch’è sopra Riccione’, si diressero verso la Repubblica di San Marino, ‘colla lusinga forse di rendersi in quel Dominio sicuri’, ove, dopo essersi rifocillati all’osteria, proseguirono il loro viaggio. […] In seguito, prima di dividersi e darsi alla fuga e alla macchia in zone diverse della penisola, i cinque briganti, ovvero Giacomo Antonio Bagnolini ed Antonio Zolini capi della banda, e con essi Giuseppe Parlanti, Domenico Grotti e Pietro Baldacci, trascorsero una notte a Pietracuta nell’osteria di Domenico Rossini, dopo aver sostato, al fine di farsi riparare un archibugio, nella bottega del fabbroferraio Giulio Fabbri.

La sorte della banda
Dopo la spartizione del bottino avvenuta a San Marino, i componenti della banda presero vie diverse. Pietro Baldacci morirà di morte naturale, nella parrocchia di Santa Sofia di Bascio, in base a quanto ebbe a riferire Antonio Paladini comandante della gendarmeria volante del Dipartimento del Rubicone in un documento in cui si dice che il Baldacci, pentito per la sua partecipazione al barbaro assassinio, ‘lasciasse somma a quel parroco da restituire ai derubati’. È documentato l’arresto del contumace Domenico Grotti nell’ottobre 1802, e la sua morte il 17 febbraio 1803 nelle carceri di Valentano, nel viterbese, territorio parimenti noto per il fenomeno del brigantaggio durante tutto l’Ottocento ed oltre. In quanto alla sorte di Giuseppe Parlanti, ‘si diceva che fosse stato fucilato dai francesi in Mercato Saraceno’. Ed infine a riguardo dei due capi della cricca armata responsabile dei barbari assassinii delle Fontanelle, vale a dire Giacomo Antonio Bagnolini e Antonio Zolini, il primo venne arrestato un mese dopo l’orrendo delitto, l’altro due anni dopo, il 14 luglio 1802, a Corneto Tarquinia nel Lazio, altro luogo in cui nell’Ottocento la malavita ed il brigantaggio imperversarono.
Entrambi vennero condannati ‘alla pena dei ferri in vita’, ossia al carcere perpetuo”.