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Lady Bird, ovvero come spiccare il volo

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All’anagrafe risulta il nome di Christine ma lei preferisce farsi chiamare Lady Bird. Per il suo esordio dietro alla macchina da presa (ma aveva già condiviso un’esperienza registica con Joe Swanberg, co-firmando Night and weekends del 2003) l’attrice Greta Gerwig, “reginetta degli indipendenti” (diversi film con il compagno Noah Baumbach come Frances Ha e Mistress America, ma anche una partecipazione a To Rome with love di Woody Allen), racconta la storia di questa adolescente un po’ ribelle (la interpreta con bella partecipazione emotiva Saoirse Ronan), spesso in conflitto con mamma, decisa ad entrare in un’università di alto livello, anche se le condizioni economiche familiari, visto lo stato di disoccupazione del papà e il lavoro di mamma all’ospedale psichiatrico con doppi turni, sono insufficienti. Lady Bird è personaggio raccontato con gusto e brio nelle sue giornate in una scuola cattolica, tra musical scolastici, amicizie, amori che nascono e muoiono e gli immancabili balli studenteschi.
C’è molto dell’esperienza personale della Gerwig, anche sceneggiatrice, in questo vivace racconto: non a caso la regista sceglie la “sua” Sacramento, la città di origine, per ambientare il film, in un quadro di periferia, dove si sogna la grande città e si cercano occasioni importanti per spiccare il volo (e il nome scelto dalla ragazza non è certo casuale).
La giovane Ronan (nomination come migliore attrice agli Oscar, assieme ad altre quattro, tra cui quella per la regia) si trasforma in un alter-ego della Gerwig in un film che profuma di spirito libero, con la sua aria indie che lo rende fresco e piacevole, addentrandosi con il giusto spirito nell’anima di una ragazza atta a costruire una personalità decisa, pur con le inevitabili fragilità della sua generazione.

Il Cinecittà di Paolo Pagliarani