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La sofferenza nascosta di un padre amorevole

Ferdinando-Zamagni
Il suo testamento spirituale ne rivela un’anima sacerdotale percorsa da fatiche, ma anche da tanti doni. Già 13 anni fa don Ferdinando Zamagni aveva scritto il suo testamento spirituale. Una paginetta in cui anzitutto ringrazia per “i doni elargitimi: dalla vita, alla Vocazione Sacerdotale, che mi ha dato la possibilità di avvicinare tante anime: in particolare a Borghi e Regina Pacis,e, per quanto indegnamente, rendere visibile di Cristo, la sua presenza. Grazie Signore, d’avermi condotto fino a questo giorno”.
Ma poi colpisce quel riconoscere i proprio limiti “quasi d’aver tentato la Vostra Bontà e Misericordia, nell’incamminarmi nella strada del sacerdozio, del quale ho sempre avuto coscienza della mia indegnità, e, nonostante tutto, d’aver accettato posti di responsabilità, quasi con incoscienza, vivendo sempre nell’atteggiamento del supplente, fino a chiedere con insistenza di essere esonerato dalla responsabilità di Parroco a Regina Pacis, nel 1986”.
Una difficoltà vissuta fin dagli anni del seminario “attraverso prove fisiche e psicologiche che ben meritavo, da vivere quasi alla giornata, pur portando avanti, senza grave scandalo la missione affidatami dai Pastori della Chiesa Riminese”.
Con molta umiltà chiede “perdono ai Superiori e Confratelli nel Sacerdozio che ho incontrato nel lungo cammino, per le eventuali incomprensioni; così pure alle popolazioni con le quali ho avuto rapporti di ministero, come cappellano a S. Giustina e Bellaria Monte, come Parroco a San Gauenzo di Montefiore dal 1949 al 1951, a Bagnolo di Borghi dal 1951 al 1954, poi a San Cristoforo di Borghi fino al 30 Settembre 1966, e a Regina Pacis, come Parroco fino al 30/06/1986”.
Prima di concludere ringraziando chi gli ha dato la vita, i fratelli e i nipoti cui era molto legato don Ferdinando sorride pensando anche al tanto bene che ha fatto, anche se ne accenna appena:“Posso dire d’aver sempre avuto attestati di benevolenza e comprensione oltre ogni merito, da parte di tutti”.

Una testimonianza
Più gli anni passano, più riconosco il suo valore come uomo, come cristiano, come parroco. Io c’ero quando arrivò in questa Parrocchia! La Chiesa e la canonica erano state appena costruite. C’era ancora qualche debito, ma la mensa dell’ACLI  garantiva una discreta entrata e tutto sembrava filare liscio.
don Fernando doveva sostituire un parroco che ci aveva lasciati all’improvviso. In quel frangente don Fernando ci raccolse come fa la chioccia con i pulcini. Sempre paziente, prudente, saldo nell’obbedienza alla Chiesa e al Vescovo. A noi giovani questa sua prudenza, questo suo non buttarsi mai allo sbaraglio nelle iniziative, provocava una certa irritazione. Erano gli anni  del “68”, quelli della contestazione giovanile. Mal sopportavamo l’autorità, l’obbedienza, le regole …. e i comandamenti del Signore. Molti giovani della Parrocchia in quel periodo presero altre vie e il cuore di padre di don Fernando fu lacerato. Si succedettero molti cappellani: i più rimasero fedeli alla loro vocazione, altri no. L’Amore per la Comunità cresceva in lui in modo direttamente proporzionale alla sua sofferenza: lo scandalo suscitato da alcuni confratelli provocava turbamenti nei fedeli. Ma lui non ebbe mai parole di giudizio o di accusa nei confronti di chi aveva sbagliato. Soffriva in silenzio. Poi arrivò la malattia. Gli avevano dato pochi mesi di vita. Il Vescovo mandò un nuovo cappellano con diritto di successione in caso di morte di don Fernando. Ma don Fernando non morì. Questo nuovo sacerdote fu capace ad attirare molti a sè. Don Fernando  messo da parte.
Dopo alcuni anni, rinunciò, per motivi di salute, all’incarico di Parroco. Si trasferì presso i suoi familiari, continuando però a prestare il suo servizio in Parrocchia. Celebrava una Messa la domenica, confessava i bambini il sabato pomeriggio, visitava gli ammalati con fedeltà, dedizione e  umiltà. L’emarginazione aumentò. Soffrì molto in quel periodo, senza poter capire le motivazioni profonde di un tale atteggiamento.
Dopo 28 anni arrivò un nuovo parroco, Don Lauro. Fu come una carezza di Dio per il vecchio sacerdote. Chiacchieravano, scherzavano, ridevano. Il giovane chiedeva consiglio all’anziano e lo ascoltava, come deve essere! L’anziano era disponibile senza invadere, come deve essere!
È stato quello un periodo sereno, grazie al fraterno rapporto col nuovo parroco, ma tormentato dallo scrupolo di non avere fatto abbastanza per la Comunità.
Decise di trasferirsi alla Casa del Clero non appena si rese conto della progressiva perdita di autonomia. Non voleva essere di peso alla famiglia.
Un nuovo inizio, abbracciando ancora una volta la Croce, sempre in discreto silenzio, dicendo SÌ all’Amore.
Ed ora?
Ora gli chiediamo perdono per il contributo che anche noi ho dato al Martirio del suo Cuore e gli rivolgo questa preghiera:
Caro Don Fernando, tu continui ad amarci dal Cielo perché l’Amore è per sempre.
Intercedi per la nostra Comunità e per ciascuno di noi! In Dio vedi con chiarezza ciò di cui abbiamo maggiormente bisogno! Mite, umile, forte, paziente Don Fernando, prega per noi!
Con affetto e riconoscenza.

Maria, Anna e i tuoi amati parrocchiani