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La scuola ai tempi dei nativi digitali

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Non è mai abbastanza. Parlare di certe tematiche non è mai abbastanza, soprattutto se non si riesce a imparare dai nostri errori. E sono i fatti di cronaca a ricordarcelo. Quando questo accade è segno che c’è ancora molto da imparare e insegnare. Per questo torniamo sul tema del cyberbullismo intevistando il professor Pier Cesare Rivoltella.

Professore, chi sono i nativi digitali?
“Questa definizione è stata introdotta da Marc Prensky, consulente statunitense nel campo dell’educazione e dell’apprendimento, in un articolo del 2001. Già allora si provava a spiegare il disagio degli adulti di fronte alla destrezza con cui i ragazzi utilizzavano le nuove tecnologie. Il nativo viene descritto come un «madrelingua» di strumenti digitali. I ragazzi sono nati dentro una cultura tecnologica e sviluppano facilmente la loro destrezza, invece l’adulto è come un migrante e le tecnologie sono come la lingua del Paese d’arrivo, tutta da imparare”.

Una bella provocazione per gli adulti e in particolare per il mondo della scuola.
“Oggi sappiamo che il problema vero non è il divario digitale fra le generazioni. Alcune ricerche ci parlano di un consumo mediale medio degli insegnanti molto vicino a quello degli alunni. Il busillis nasce quando queste attività diventano risorse didattiche, quando il web varca la soglia della classe. Non è un problema di divario digitale, ma di capacità. È inutile rifiutare in toto le nuove macchine ed è altrettanto inutile utilizzarne di nuove adottando vecchie pratiche. Quello che serve è una solida motivazione educativa. Ci sono poche risorse a disposizione? Può bastare un telefonino. L’insegnante saggio sa dosare la tecnologia al di là delle proprie competenze tecniche. Prensky ha in seguito aggiornato il proprio pensiero individuando nuove figure.

Quali sono queste figure?
“Abbiamo gli smanettoni, i saggi e gli stupidi digitali”.

Comincerei con lo smanettone?
“Colui che insegue novità e mode, ma non conosce i linguaggi. Non è detto che i nostri studenti, pur essendo più svelti di noi, siano anche più competenti; non è vero che i nuovi media sono auto alfabetizzanti, non è vero che non necessitano di insegnamento, non è vero che non serve l’adulto. Per diventare competente il ragazzo ha bisogno di un insegnante”.

Il saggio?
“È colui che usa in termini virtuosi i linguaggi e gli strumenti tecnologici e utilizza la fortezza, come una  virtù del digitale. Il saggio possiede prudenza, spirito critico, rifiuta conformismo e omertà”.

Infine lo stupido…
“Sono stupidi gli sprovveduti. Utilizzano i media fin dalla scuola dell’infanzia, ma non calcolano gli effetti delle loro azioni, mancano di buon senso, non sanno essere responsabili”.

È corretto dire che fenomeni quali il cyberbullismo si originano da qui?
“Certo.  Il cyberbullismo, con tutte le sue sfaccettature, è un atto di grave stupidità e ci dice che si devono affrontare i rischi non in termini terroristici ma preventivi, educando precocemente”.

Al tempo della cyber-stupidity cambia il compito della scuola?
“I compiti della scuola non cambiano. La sua finalità principale è trasmettere il patrimonio culturale, formare per il futuro, accompagnare il percorso di ricerca di senso e di costruzione identitaria del soggetto.
Inoltre la scuola non deve accontentarsi di evitare i pericoli o proteggere ad ogni costo, ma deve aiutare il ragazzo a maturare quelle capacità che gli consentano da solo di far fronte ai rischi, che sono indissociabili non solo dall’utilizzo della rete, ma dall’educazione in quanto tale; in termini tecnici si chiama empowerment, ovvero la conquista della consapevolezza di se stessi e delle proprie scelte”.

L’incontro con il prof  Rivoltella è stato il primo di quattro seminari riminesi di formazione dedicati ai fenomeni del bullismo, del cyberbullismo e del disagio giovanile.
“All’origine di questa proposta di formazione – ci dice Franca Berardi dell’Ufficio Scolastico di Rimini – c’è l’ipotesi che il problema in questione siano, prima di tutto, gli adulti. Il bullismo e le sue moderne evoluzioni non si affrontano parlando del fenomeno in sé, né fornendo un catalogo di indicazioni operative utilizzabili per lo scopo”.
Il prossimo appuntamento è al Teatro Tarkovskji: mercoledì 14 dicembre 2016, dalle ore 15 alle ore 18 con il professor Massimo Bini. Titolo dell’incontro: La grande bullezza – viaggio nella scuola; come riconoscere i bulli e dar loro una sonora ora di lezione.

Rosanna Menghi