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La scossa della vita: i ragazzi fra i terremotati

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Quell’hotel crollato sotto il terremoto che ha devastato l’Italia centrale li ha interrogati. I ragazzi di Rimini avrebbero dovuto alloggiare in quella struttura di Frontignano di Usita. Sui monti Sibillini, infatti, i riminesi trascorrono uscite, vacanze e “tre giorni” già da diversi anni. La vista dell’hotel messo ko dal sisma ha suscitato un desiderio: “ci vediamo comunque quest’inverno”. 174 studenti delle scuole superiori (insieme ad un manipolo di educatori ed insegnanti) han mantenuto la promessa: per tre giorni, tra Natale e Capodanno, hanno affiancato gli sfollati nelle zone marchigiane. “Il sisma ha scosso tutto, anche le nostre coscienze. – assicura don Claudio Parma – Non siamo venuti nelle Marche per sopperire ai bisogni di queste persone, non ne siamo in grado, ma per condividere con loro giorni di festa e di letizia”.
La scossa della vita” – com’è stata intitolata la tre-giorni dagli organizzatori di Gioventù Studentesca – si è “srotolata” tra tornei di briscola con i più anziani, giochi con i bambini, la preparazione della piadina con le ragazze e le mamme, la tombola con in palio prosciutto e tablet, zampone e chitarra.
”Piantate” le tende al Centro Giovanni Paolo II di Loreto, ogni mattina i ragazzi si dirigevano rispettivamente a Porto Sant’Elpidio, Porto Recanati e Sarnano, negli hotel e nei villaggi vacanze che ospitano i terremotati.
Vinta la prima, quasi naturale, ritrosia, bambini, ragazzi, mamme, papà e nonni si sono fatti coinvolgere nelle attività e nelle relazioni. E sono nate anche belle amicizie. Alessandro, Carlo e Luca, ad esempio, bambini di 8 e 10 anni, sono rimasti così sorpresi dal gesto e dal dinamismo dei ragazzi riminesi che al momento della partenza hanno abbracciato i loro “animatori” con le guance solcate dai lacrimoni. La mamma di Alessandro, anche lei con le lacrime agli occhi: “grazie per quel che avete fatto, i bambini anche in così poco tempo si sono affezionati a voi”. Sentimento reciproco.
La proposta pomeridiana verteva su incontri alla Santa Casa di Loreto, a Recanati per un recital e un dialogo sul poeta Leopardi e la visita alla mostra sulla Maddalena curata da Vittorio Sgarbi. Poi il gran finale: tre pullman messi a disposizione dai riminesi che si sono autotassati, hanno trasportato gli sfollati del terremoto fino a Montorso: qui il coro di Gs ha “intonato” una dozzina di brani del “Concerto di Natale”, prima della cena, messa in tavola da un gruppo di amici arrivati dalla Riviera appositamente per allestire il catering.
Per proseguire la festa, Gs ha invitato gli amici dell’Anfass di Sarnano: primo passo di un gemellaggio che legherà i riminesi a questa esperienza di accoglienza di ragazzi disabili la cui sede è stata “scossa” dal terremoto.

Paolo Guiducci

L’esperienza di Maria Cecilia Rocchi, V Liceo scientifico

Sono partita per questa vacanzina fisicamente stanca e moralmente abbattuta perché ero in un gruppetto diverso da quello dei miei più cari amici. Sentivo tutti i preparativi dei giochi come un peso, qualcosa che stavo facendo per gli altri ma non per me. E questo costava fatica.

Arrivata a Porto Sant’Elpidio insieme a una cinquantina di ragazzi, di cui ne conoscevo la metà, è accaduto quello che non avrei mai pensato succedesse e quello che mi ha salvata, annullando tutte le mie paure e i miei sensi di inadeguatezza. Cosa avrei mai potuto portare, che gioco avrei mai potuto organizzare a queste persone che avevano vissuto una tragedia tanto grande? Chi ero io per pensare di potergli aiutare con le mie sole forze?

Menomale che tutti i miei piani e i miei schemi sono saltati. Menomale che niente è andato come avevo previsto, anche perché io non sarei stata all’altezza di quello che mi ero prefissata di fare. Non sarei riuscita a portare a termine tutto quello che avevo pensato, e così è stata veramente una salvezza che la realtà si sia rivelata tanto diversa. Ad aspettarci c’erano quattro o cinque bambini più o meno sui sei anni, insieme a una quindicina di anziani pronti per giocare a briscola.

In quel momento non ho potuto far altro che sorridere alla semplicità di questa realtà che mi è venuta incontro, quasi fosse per me. È bastato un pallone, un gruppetto di noi ragazzi, per iniziare a giocare con quei bambini e per regalarci attimi di felicità pura.

Non conoscevo quasi nessuno ma, non so come né quando, ho iniziato ad amare ognuno di loro come se fossero stati miei amici da una vita. Ho iniziato a provare questo affetto indescrivibile non solo per quei bambini, ma anche per tutti quei ragazzi che, nonostante fossero così diversi da me, amavano quegli stessi bambini esattamente come me. Un amore incommensurabile mi accomunava a questi ragazzi coi quali non avevo niente in comune. Un amore incondizionato, libero, che è talmente grande da non potere essere mio; e amare loro significava per me essere felice.

Ringrazio Dio perché le cose non sono andate come volevo io; ringrazio Dio per avermi fatto accorgere di questo mio cuore bisognoso di amare attraverso l’incontro con questa nuova compagnia.

E’ incredibile come io non abbia fatto assolutamente nulla di materiale se non accettare questa realtà pensata così palesemente per il mio bene. Non credevo di poter amare qualcuno dopo soli due giorni averlo incontrato, ma ho trovato un fratellino che non so se rivedrò mai, ma che amerò per sempre. Abbiamo fatto un piccolissimo passo insieme, e per sempre io avrò a cuore il suo destino.

Questi tre giorni sono stati una grazia perché hanno risvegliato questo mio “cuore di pietra” trasformandolo in un “cuore di carne”. Un cuore che ama e che non aspetta altro che il palesarsi della sua presenza attraverso la realtà che gli sta davanti.

Maria Cecilia Rocchi, V Liceo scientifico