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La musica supporto per diverse patologie

La musica come cura per l’anima. Ma anche come supporto a molte patologie e disturbi. Perché la musica è capace di curare, di integrare, di equilibrare. Abbiamo incontrato Samuele Ferrarese, docente di Psicologia e didattica della musica presso l’Università di studi di Milano Bicocca, e formatore AID (Associazione Italiana Dislessia) durante un incontro organizzato di recente presso le scuole medie ‘Bertola’ di Rimini.

Dottor Ferrarese, come può la musica migliorare disturbi del linguaggio o di lettura (DSA) o altre patologie?
“La musica può essere di supporto a molti disturbi: le neuroscienze, con gli ultimi studi, ci stanno dicendo che le attività che riguardano la musica, il linguaggio e il movimento condividono nel nostro cervello percorsi molto simili. Quindi intervenendo, con la pratica e l’ascolto musicale, è possibile dare forza a questi circuiti e quindi anche alle altre attività come il linguaggio, la lettura ecc..”.

Nella pratica?
“Le applicazioni dell’utilizzo della musica nell’ambito della riabilitazione del potenziamento cognitivo sono molteplici. Ad esempio con persone che soffrono di malattie degenerative che riguardano anche il movimento, come il Morbo di Parkinson o l’Alzheimer: attraverso la musica, entrando nel ritmo, queste persone riescono a migliorare le loro prestazioni sia verbali sia motorie.
Anche per i disturbi dell’apprendimento alcune ricerche attestano come la pratica musicale sia utile, ad esempio per migliorare le performance in lettori dislessici”.

Anche le persone senza particolari problematiche possono trarre benefici?
“Tutti possono trarre vantaggio dal training musicale. Semplicemente le persone con disturbi dell’apprendimento possono vedere risultati ancora piu efficienti, ad esempio, nella propria velocità di lettura. Ma chiunque può trarre vantaggio da un percorso musicale. Parliamo sia di suonare uno strumento sia di ascoltare musica”.

Durante la conferenza affermava che nella scuola la musica non è abbastanza presente.
“Il rapporto tra scuola e musica non è ancora un rapporto felice. Nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria la musica è un elemento importante inserito nel piano di studio con una programmazione, ma spesso l’insegnante non è formato per lo svolgimento di un insegnamento musicale. Nella scuola secondaria di primo grado la musica, attraverso un insegnante specializzato, diventa una disciplina importante per poi scomparire nella scuola secondaria di II grado dove la musica sembra essere statata ghetizzata all’interno dei licei musicali. Questi ultimi esistono e preparano, ma non permettono a un gran numero di persone di avere a che fare con il materiale musicale. Inoltre esiste anche un altro limite: il punto di vista da cui si guarda la musica mentre si fa didattica. Conoscendo le strutture cerebrali che condividono musica/ linguaggio/movimento, bisognerebbe pensare al tipo di didattica efficace non solo per la musica in sé, ma anche per il potenziamento delle abilità linguistiche e motorie”.

Che cos’è l’ear training?
“L’ear training è lo studio dell’ascolto dell’orecchio. È importante quanto la pratica musicale, anche il movimento viene coinvolto, deve essere una pratica musicale continuativa, a qualsiasi livello, una pratica che non necessita di livelli di preparazione specifici. Ma è bene sapere che nel momento in cui ci si mette a fare musica si stanno potenziando i circuiti di cui abbiamo parlato che riguardano la persona nel suo insieme con le sue diverse abilità. L’ear training consiste in una serie di attività che riguardano il rafforzamento delle proprie capacità di ascolto nel riconoscere i fenomeni musicali: ascoltando un brano saper riconoscere tempo, ritmo e struttura, altezze dei suoni… Abilità che diventano efficaci solo dopo un certo periodo di training assistito da persone che riescono a far ascoltare le giuste variabili al momento giusto”.

Silvia Ambrosini