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La dignità nel piatto

Dignità. Tutto nasce dalla volontà di preservare la dignità delle persone, anche quando la malattia e le disfunzioni fanno perdere, passo dopo passo, le piccole abitudini che le tengono vive.

La tavola è da sempre uno dei momenti più importanti della nostra quotidianità. E’ a tavola che si parla, ci si confronta, si prendono le decisioni importanti. Il convivio, spesso, è il fulcro attorno al quale ruota il resto della giornata, sia per l’aspetto sociale, che per quello legato al piacere del cibo.

Quando la possibilità di sedersi a tavola e mangiare con gli altri è compromessa, tutta la vita rischia di incrinarsi. La disfagia, ovvero la difficoltà di deglutizione, un disturbo che può avere diverse origini, mette in crisi la vita delle persone perché le priva di questa possibilità.

La disfagia si può “aggirare” frullando il cibo, riducendolo in pappa, in modo che sia facile da deglutire, ma in questo caso ciò che si perde è proprio il piacere di mangiare i propri piatti cari, quelli preferiti, e nel contempo si perde la voglia di andare a tavola, perché si guarda con nostalgia e invidia gli altri commensali.

Proprio per preservare la dignità del pasto e renderlo ancora un momento piacevole, è nata l’associazione IdeaFlavor.

“L’Associazione nasce da un workshop con operatori di strutture per anziani, disabili e ospedalieri sul tema anziani gusto e alimentazione a cui abbiamo partecipato alcuni anni fa – racconta Andrea Vorabbi, presidente di IdeaFlavor – in quel momento sono emersi diversi aspetti interessanti, come il fatto che oltre il 30% delle persone in struttura presentava problemi di masticazione e deglutizione. Ci siamo chiesti se fosse possibile creare qualcosa che riuscisse ancora a dare gusto, soddisfazione e piacevolezza durante il pasto per gli ospiti della struttura.

Da lì il pensiero che ha portato alla nascita dell’associazione con amici e professionisti dell’ambito socio sanitario e della ristorazione: creare una risposta alimentare con consistenza appropriata ma anche con gusto”.

Ed è proprio questa la chiave di volta. Sulla consistenza, purtroppo, non ci sono alternative: chi soffre di disfagia deve mangiare cibo con una consistenza molto morbida, ma sul gusto, invece, si può intervenire.

“Per preparare un piatto, per prima cosa lo scomponiamo nei suoi ingredienti principali, che vengono ridotti in farina e poi reidratati, sta poi alla persona decidere se ricomporli oppure no. Insieme agli amici che negli anni hanno partecipato al progetto, abbiamo esplorato il mondo del gusto senza darci dei limiti, senza darci dei limiti”.

Uno degli amici è Gabriele Baschetti, chef che si è messo in gioco in prima persona.

“Io ho cominciato perché avevo un problema a casa con un familiare – racconta – Lo vedevo soffrire mentre noi mangiavamo e non sapevo perché. Poi ho conosciuto Andrea e mi ha parlato della disfagia e mi ha chiesto: ma tu sapresti trasformare questi piatti in creme?, e io ho detto: proviamoci. E’ partita così, adesso collaboriamo assieme da 5 anni”.

Ma come funziona la preparazione? 

“Io immagino come di fare esplodere il piatto, portando i vari ingredienti in creme e poi li assemblo in base alla ricette. Ad esempio per un piatto di pasta aglio, olio e peperoncino, si rende la pasta in farina, poi si aggiunge olio maturato all’aglio e al peperoncino e si assembla”.

“Tutti i piatti si prestano a questa procedura. L’unica cosa che non si può riprodurre è l’aspetto croccante. Tutto il resto si può fare”.

Che si possa fare l’associazione lo sta dimostrando in una serie di incontri. Noi abbiamo assistito ad uno di questi momenti lo scorso 25 novembre, a Villa Verucchio.

L’iniziativa, organizzata da ASP Valloni Marecchia che promuove il Progetto “Casa Residenza Aperta al Territorio, interventi qualificati a sostegno della domiciliarità“, verteva proprio sull’alimentazione di persone con difficoltà di masticazione e deglutizione.

Durante un laboratorio teorico-pratico condotto da una logopedista, dallo chef Baschetti e dei membri dell’associazione, sono state realizzate ricette, e date indicazioni che possono aiutare a cucinare in casa i piatti tradizionali per mantenere il gusto, garantendo la sicurezza e la giusta consistenza.

A fine laboratorio non poteva mancare il buffet, ed è stato lì che abbiamo constatato che tutto, può essere ridotto in crema mantenendo però il sapore originario. Come la piada con stracchino e rucola, o il vitello tonnato, o ancora la pizza e la pasta. La consistenza è sempre morbida, ma i sapori sono distinti, diversi, e quello che si sente in bocca è il gusto del piatto da cui la crema è tratta.

Un’altra esperienza particolare riguarda le bevande. Chi soffre di disfagia, infatti, può avere difficoltà anche a deglutire liquidi e le bevande vengono rese così gelatinose. Anche in questo caso, tutte le bevande si prestano al procedimento. Abbiamo assaggiato un bicchiere di sangiovese, e anche uno spritz.

Scopo di questi incontri è quello di fornire le giuste competenze a chi, in famiglia, si occupa di una persona con problemi.

“Noi cerchiamo di condividere questa scoperta – continua Vorabbi – e lo facciamo attraverso due canali: i percorsi formativi che riguardano persone che vivono a casa, familiari o assistenti familiari che custodiscono persone con una problematica di questo tipo; o personale di struttura, in una logica di condivisione di un sapere culturale che non è un peggioramento organizzativo ma anche può essere un miglioramento della qualità della vita anche per gli operatori.

“Abbiamo anche scritto un libro: il gusto della morbidezza, con 80 ricette”.

“Questo evento è pensato per le famiglie, all’interno di un progetto che abbiamo presentato due anni fa che si chiama: una casa residenza aperta al territorio, finanziato dai piani di zona per la salute e il benessere sociale del distretto Rimini nord – ha aggiunto Manuela Graziani, responsabile dei servizi per anziani di Asp Valloni Marecchia – Quando si segue a domicilio una persona che ha una malattia o una condizione di non autosufficienza, molte volte ci si sente soli, le difficoltà sono tante. Questo ci è sembrato un piccolo aiuto”.

“Inoltre preservare la dignità della persona è importantissimo. Attraverso il cibo non ci si nutre solamente per vivere: dal cibo passa anche l’affetto. Ci stiamo organizzando anche in struttura. Ovviamente è più complesso, i numeri grandi rendono tutto più difficile. Abbiamo 160 ospiti e cucinare per tanti è difficile, ma stiamo introducendo degli accorgimenti nuovi”.

Alla giornata del 25 era presente anche Linda Innamorati, logopedista, secondo cui “è importante mantenere le giuste abitudini durante il pasto, come evitare il letto, non solo per la postura, ma anche perché mangiare a letto ci confonde, non ci fa percepire il passaggio del tempo. E, non ultimo, deprime. Quando invece sono a tavola so che sto mangiando, mi vesto, e condivido la mia giornata con altre persone”.

“La disfagia è un problema diffuso – prosegue la dottoressa Innamorati – non è una patologia in sé, ma è un sintomo correlato ad altre difficoltà, che possono essere di tipo neurologico, motorio, o delle sindromi, o problemi funzionali. Non per forza chi ne soffre deve seguire una dieta modificata, ma servono delle accortezze. Levare il gusto e la bellezza della condivisione è una delle cose più frustranti, così come frustrante è vedere le altre persone che mangiano tutto quello che vogliono e loro no, e per questo lo chef Baschetti ha cercato delle strategie per rendere tutti i cibi della giusta consistenza”.