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La Bibbia: un libro ispirato e ispirante

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Nella seconda lettera a Timoteo Paolo viene rappresentato nell’atto di consegnare al suo discepolo tutto quanto è necessario per la conservazione e la crescita della fede. In questo contesto egli afferma: “Tu rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. Conosci coloro da cui l’hai appreso e conosci le Sacre Scritture fin dall’infanzia: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene mediante la fede in Cristo Gesù. Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona” (2Tm 3,15 -16, trad. CEI 2008). La frase che più ci interessa è: “Tutta la Scrittura ispirata da Dio”, che si può tradurre anche come “ispirante Dio”. Secondo la prima traduzione l’ispirazione si può comprendere come quel fenomeno per cui l’opera letteraria è frutto non solo delle mani e del pensiero di autori umani ma anche dell’azione di Dio, attraverso lo Spirito Santo. Nella seconda traduzione invece si intende che la Scrittura è essa stessa ispirante, ossia produce in chi la legge degli effetti che conducono a Dio. I due significati sono complementari: in quanto ispirata da Dio la Scrittura porta a Dio chi la legge. Se dunque lo Spirito non esercita la sua azione solamente nella stesura dello scritto, ma anche nell’atto della lettura, ciò comporta una caratteristica duplice della Scrittura: da un lato, in quanto ispirata da Dio, essa attesta una rivelazione di Dio, dall’altro lato, in quanto ispirante Dio, prolunga la comprensione di questa rivelazione nel cuore di ogni credente.

Cerchiamo di capire meglio: come avviene il fenomeno dell’ispirazione?
Ci sono tanti modi di comprendere l’ispirazione e ancora oggi non si è giunti ad una dottrina completa e condivisa, anche se, ovviamente, ci sono alcuni punti fermi. Alcune descrizioni e formule che hanno avuto fortuna nel tempo provengono dai padri. Giovanni Cristostomo parla di una condiscendenza di Dio che come Logos discende per prendere corpo nella carne di un uomo e come Sapienza discende per prendere corpo in uno scritto. Agostino e Girolamo concepiscono la Scrittura come un dettato dello Spirito Santo all’autore umano, espressione che ritorna sia nel Concilio di Trento sia nei concili Vaticano I e Vaticano II. San Tommaso e tutta la Scolastica adopera distinzioni aristoteliche basate sul concetto di causa. Così come per lavorare il ferro la causa efficiente primaria è il fabbro e la causa efficiente strumentale è il martello, allo stesso modo nella Scrittura la causa efficiente primaria sarebbe Dio e l’uomo la causa efficiente strumentale. La teoria della dettatura corre tuttavia il pericolo di far pensare ad una forma letteralistica di ispirazione, per cui viene ispirata ogni lettera, parola, frase, indipendentemente dal contesto in cui sono inserite. Inoltre così si svalorizza molto il ruolo dell’autore umano, la sua libertà e intelligenza, la sua cultura e azione. Questo rischio è presente anche nella teoria scolastica, che concepisce l’uomo come uno strumento.

Come l’ispirazione divina può valorizzare l’umanità e storicità delle Scritture?
Si è spesso ricorso al concetto di assistenza negativa, secondo cui l’ispirazione avviene prevalentemente attraverso un’azione di preservazione dello Spirito, che avrebbe operato principalmente per impedire all’agiografo di commettere sbagli grossolani. Un altro modello è quello dell’approvazione susseguente: per cui l’agiografo non scrive con la consapevolezza di essere ispirato, ma solo in seguito la Chiesa, per mezzo del suo uso, approva lo scritto come ispirato da Dio. Queste ultime due teorie restrittive dell’ispirazione sono state respinte dal Vaticano I e dall’enciclica Provvidentissimus Deus, perché restringono l’ispirazione a determinati momenti o fenomeni. Oggi, per evitare questi estremi erronei, si cerca di vedere l’azione dello Spirito non come alternativa all’azione umana, personale e comunitaria, ma concomitante (ispirazione concomitante) ai fattori umani: lo Spirito soffia nella carne dell’uomo e la eleva e ingloba nella storia trinitaria della salvezza. Occorre dunque tenere insieme diversi aspetti dell’azione dello Spirito: il fatto che l’ispirazione è un fenomeno che passa attraverso autori umani, con la loro psicologia, mentalità, cultura, lingua e modelli letterari (teorie letterarie) e il fatto che i libri biblici sono composti da più autori, entro una tradizione comunitaria di composizione e di interpretazione, che rende possibile l’ispirazione (teorie comunitarie-ecclesiali).

Dati questi punti fermi, come semplificare per avere un’immagine il più possibile completa e sintetica dell’ispirazione?
Il celebre esegeta Alonso Schökel usava la metafora dello spartito musicale per descrivere brevemente il processo dell’ispirazione biblica. La Bibbia infatti è come uno spartito di una sinfonia che viene scritto attraverso un processo di composizione complesso, partendo da alcune idee e motivi musicali, che l’autore intreccia e sviluppa fino a generare i diversi movimenti della sinfonia. Poi l’esecutore, partendo dallo spartito e tenendo conto di una tradizione di esecuzione influenzata dai tanti precedenti direttori d’orchestra, la ripropone in modo sempre nuovo. Cosa collega la sinfonia che aveva in mente l’autore con quella eseguita tanti anni dopo? Lo spartito. Allo stesso modo la Bibbia è uno spartito che mette in collegamento la tradizione di composizione degli autori umani in periodi storici diversi, con la tradizione di interpretazione delle comunità e degli uomini che la leggono in altri periodi storici. Lo Spirito Santo non può passare se non attraverso la Bibbia come spartito, ossia attraverso le tradizioni di composizione e interpretazione dei suoi scritti, per rendere possibile il fenomeno dell’ispirazione, grazie al quale la Bibbia viene letta in ogni periodo storico nello stesso Spirito in cui fu scritta.

Come può accadere che la lettura della Bibbia sia sempre nuova eppure sempre fedele allo Spirito in cui fu scritta?
Non si può mai esaurire il significato e l’interpretazione della Scrittura, ma essa cresce con chi la legge. Inoltre, anche se per pura ipotesi arrivassimo al punto di aver “capito” tutto di un certo brano della Scrittura, anche in quel caso una nuova lettura non sarebbe mai identica alle precedenti. L’ispirazione infatti non si colloca solo a livello cognitivo per garantire che il lettore capisca proprio quello che lo scrittore intende, ma anche a livello retorico, ossia in riferimento agli effetti che essa produce nel lettore. Si tratta di esperienze di liberazione e guarigione, sinteticamente descritte da Isaia (cf. Is 35,5-6; 61,1-3) e citate dai vangeli a riguardo di Gesù (cf. Lc 7,21-22): i ciechi vedono, i sordi odono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i morti risorgono, ai poveri è annunciato il Vangelo! Queste esperienze di guarigione e liberazione sono definite come effetti messianici dal teologo contemporaneo C. Theobald. Sono effetti che lo Spirito suscita nel cuore dei lettori, sempre nuovi e diversi perché sempre nuove e diverse sono le realtà storiche e vitali in cui accade una lettura, sia essa personale o comunitaria. La Chiesa ha fatto esperienza di questi effetti nella sua liturgia e nella sua vita e ha potuto riconoscere a posteriori l’azione dello Spirito, presente fin dall’origine nel processo delle Scritture. In tal modo essa è stata in grado prima di sperimentare e in seguito di definire il canone dei libri sacri.

Davide Arcangeli