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L’alzheimer e quello sguardo al futuro

L’alzheimer è un processo degenerativo cerebrale che provoca un declino progressivo e globale delle funzioni intellettive. Parole difficili che risuonano con il fragore di una valanga dentro la testa e il cuore dei familiari. Ti viene detto che non è guaribile, che il suo decorso dura molti anni, che nell’ultimo stadio della malattia la persona ha le stesse facoltà cognitive di un bambino di poche settimane. La speranza, dopo la diagnosi, lascia il passo alla disperazione.
Inizia la consapevolezza che la persona che ami andrà sbiadendo un poco alla volta. È ingiusto, inaccettabile. È altrettanto vero che il morbo di Alzheimer o demenza senile colpisce “materialmente” una persona ma ne ferisce molte altre, prima fra tutte il familiare.
Cosa fare allora, a chi rivolgersi e quale tipo di assistenza e servizi offre la rete socio sanitaria e associativa nel nostro territorio? Il convegno organizzato dall’Azienda Servizi alla Persona di Casa Valloni e associazione Alzheimer di Rimini, ha fatto chiarezza su questo tema con Uno sguardo al futuro. Percorsi e progetti a sostegno delle persone con demenza nella provincia di Rimini mettendo in luce, oltre le problematiche riguardanti la malattia, nuovi modi di interagire e di rapportarsi col malato assieme ad altre prestazioni da modulare e adattare alle sue esigenze.

Servizi e attività. Quando si parla di Alzheimer si parla spesso di una malattia dal punto di vista clinico, ma poco si dice di quelle persone obbligate a sostenere il pesante carico dei problemi assistenziali.
“Ma esiste una rete clinica integrata – spiega Elisabetta Silingardi, direttore dell’unità operativa Anziani e disabili dell’Ausl – che funge da interconnessione tra continuità assistenziale e di cura. Occorre sfruttare le reti già esistenti, che sono efficenti e non crearne di nuove perché i servizi interagiscono e comunicano fra di loro”. E se la comunicazione costituisce l’essenza di ogni esperienza umana, non riuscire più a capire gli altri e farsi capire si rivelano gli elementi più disastrosi di questa malattia. Il malato ha difficoltà a seguire qualsiasi tipo di conversazione, a pensare a quello che vuole dire. È lento ad esprimersi, dimentica alcune parole o le sbaglia. A poco a poco le parole si cancellano dalla memoria: non trova più il nome degli oggetti. Parla in modo ripetitivo, sempre più di rado, fino ad arrivare a non parlare più. Nel rapporto tra noi e la persona malata c’è un muro: è diventato un estraneo.
“Abbiamo attuato una serie di interventi di supporto psicosociale e training cognitivo che agiscono sul comportamento, stiamo vedendo i primi risultati positivi – precisa Manuela Graziani, responsabile del settore socio assistenziale del Valloni – con la musicoterapia (ritmi anni ’30-40) con la quale riusciamo a modulare il tono dell’umore assieme a varie forme di socializzazione, con Danza&Teatro (discipline Metodo Hobart) che fungono da sostegno nelle disabilità fisiche e mentali, aiutando a superare le difficoltà del linguaggio verbale, del movimento, della relazione”.

Amarcord Café. Un’esperienza importante nell’affrontare la malattia è quella dell’Amarcord Café. Inaugurato il 20 ottobre 2010 presso Casa Valloni, costituisce già un punto di riferimento per gli operatori del settore, i malati e i loro accompagnatori.
“È un ambiente che promuove l’inserimento sociale; qui i malati si sentono più a loro agio, viene favorita la relazione, l’incontro, pur essendo sotto la guida dei vari operatori – spiega la psicoterapeuta Francesca Vaienti – non è un bar, è un luogo appositamente strutturato dove trascorrere un paio d’ore la settimana (al mercoledì dalle 15 alle 18). C’è intrattenimento, dialogo, confronto. Il nostro obiettivo è stimolare la memoria traendo spunto di conversazione dai vissuti di ognuno”.
Mentre gli anziani sorseggiano un thè, una bevanda, magari con una buona fetta di torta, stanno in compagnia di persone con gli stessi problemi, giocano a Memory, parlano, ricordano.
“È un vero toccasana anche per gli accompagnatori: qui possono trovare sostegno e avere risposte”.

Laura Prelati