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Inverno asciutto, è allarme siccità?

Ci avviciniamo alla primavera. Le temperature non sono ancora stabili, in pochi giorni si passa dalla voglia di passeggiare in maniche corte all’esigenza di ritirare fuori il giubbotto invernale (non a caso marzo è detto il “mese pazzerello”), ma ormai siamo proiettati verso le belle stagioni. Purtroppo, però, non è detto che i mesi a venire possano essere davvero così… belli. Per un motivo: la siccità.

Nonostante, infatti, al momento non ci troviamo in una vera e propria situazione di emergenza, l’allarme siccità potrebbe scattare nel prossimo futuro, a causa dell’inverno appena trascorso, e delle sue caratteristiche. A puntare l’attenzione su questa situazione è Coldiretti Emilia Romagna, attraverso un’analisi condotta sulla base degli ultimi dati Isac/Cnr (l’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima), pubblicati in occasione del #Fridaysforfuture, il movimento di protesta globale che, nato dalla spinta della giovane attivista svedese Greta Thunberg, punta a chiedere ai potenti del mondo misure concrete contro i cambiamenti climatici (un movimento che trova l’appoggio di tanti giovani anche a Rimini). Una fotografia, quella scattata da Coldiretti, che di certo appare preoccupante.

L’analisi

Secondo i dati in provincia di Rimini (e in tutta la Regione), l’inverno appena trascorso è stato fin troppo asciutto: precipitazioni molto scarse, addirittura diminuite di oltre il 40% rispetto alle aspettative (date dalla media storica), hanno portato a un progressivo prosciugamento di fiumi, laghi, invasi e terreni. Ma non solo. L’inverno è stato anche avaro di nevicate, soprattutto in quota, e questo può portare a una preoccupante scarsità d’acqua utile per l’irrigazione delle coltivazioni. “La siccità straordinaria di questo inverno – ha infatti sottolineato la stessa Coldiretti Emilia Romagna – creerà problemi alle colture principali della nostra regione, come cereali, frutta e ortaggi, ma anche alle semine di questi giorni, come la bietola e il pomodoro”. Non siamo in stato d’emergenza. Ma in proiezione, viste le caratteristiche dell’ultimo inverno, l’allarme potrebbe non tardare. Rimanendo in ambito agricolo, la Coldiretti regionale aggiunge: “La pioggia è attesa dagli agricoltori, ma per essere di sollievo alle colture deve durare a lungo, cadere in maniera costante e non troppo intensa; mentre i forti temporali, soprattutto con precipitazioni violente, provocano danni poiché i terreni non riescono ad assorbire l’acqua che cade violentemente e tende ad allontanarsi per scorrimento con gravi rischi per l’erosione del suolo”.

Un clima che cambia e i problemi per l’agricoltura

In tutto questo, tra i principali colpevoli sono da annoverare le temperature anomale. “Il caldo anomalo – spiega Coldiretti – dopo un febbraio che ha fatto registrare temperature superiori di 1,38 gradi rispetto alla media storica del periodo di riferimento (+5,1 a marzo ndr), ha accelerato i processi vegetativi con mandorli e albicocchi che sono in fiore e i peschi già pronti a sbocciare, ma tutte le coltivazioni sono in grande anticipo. La ‘finta primavera’ ha ingannato le coltivazioni favorendo un ‘risveglio’ che le rende particolarmente vulnerabili all’annunciato ritorno del freddo con danni incalcolabili per la produzione”. L’andamento anomalo di quest’anno, ha poi concluso l’associazione dei coltivatori, conferma i cambiamenti climatici in atto, che si manifestano con eventi estremi, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense e un rapido passaggio dal maltempo alla siccità.

La conferma di Arpae

Interpellata sull’argomento, anche Arpae regionale conferma questa situazione anomala e preoccupante. “Nell’ultimo inverno – fanno sapere da Arpae Emilia-Romagna – abbiamo avuto troppa poca pioggia e temperature sopra la media. Questo ha portato a due conseguenze: da una parte siccità idrica generalizzata, e dall’altra un prematuro sviluppo di alcune vegetazioni e una precocità della diffusione nell’aria dei pollini. E, a proposito di aria, in questo contesto va aggiunta anche una sua prolungata stazionarietà, che ha portato a registrare tanti sforamenti di Pm10 nel territorio”.

E gli usi civili?

Oltre ai danni all’agricoltura, quali possono essere le conseguenze di questa situazione sulla quantità d’acqua disponibile e adibita all’uso civile? Al momento, da questo punto di vista, non si ha una situazione critica. Nel nostro territorio l’approvvigionamento di acqua potabile è affidato a un sistema integrato di produzione gestito dalla società Romagna Acque-Società delle Fonti. Un sistema che prevede diverse fonti di approviggionamento: la diga di Ridracoli, quella del Conca, le falde delle conoidi fluviali (oltre agli impianti potabilizzatori ravennati).

Qual è, dunque, la situazione del sistema in questo periodo? La diga di Ridracoli rappresenta forse il caso più emblematico: al momento fa registrare 20 milioni di metri cubi d’acqua, su una capienza possibile di 33 milioni. Ben 13 milioni in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, in cui la diga era tracimata. Per quanto riguarda le altre fonti, la diga del Conca al momento è ferma, al fine di rispondere alla domanda estiva d’acqua, mentre le falde, pur non essendo in una situazione critica, fanno meno testo, perché a causa del fenomeno della subsidenza (abbassamento del terreno), non possono essere oggetto di eccessive estrazioni, non potendo quindi venire in soccorso in modo decisivo in caso di emergenza siccità.

Possibili soluzioni?

Carlo Carli, vicepresidente del CER (Canale Emiliano Romagnolo) e presidente di Confagricoltura interprovinciale FC-RN, interviene sul tema, ragionando sulle possibili soluzioni per il futuro. “La situazione del clima è certamente problematica, – spiega Carli – soprattutto, nell’immediato, se pensiamo alle possibili ricadute di freddo. Abbiamo molti frutteti in piena fioritura, e una nuova ondata di freddo porterebbe danni ingenti. Allargando il punto di vista, però, dobbiamo dire che la nostra provincia è storicamente una zona secca, che soffre frequentemente il problema della siccità. Per questo occorre ragionare su progetti che possano risolvere questo problema a lungo termine”.

Ad esempio? “Penso alla possibilità di allungamento del CER fino al sud della provincia. – continua Carli – Nel 2017 abbiamo avuto l’inaugurazione di un nuovo tratto a Bellaria, ma l’ideale sarebbe poter arrivare fino al Conca. Un progetto di massima già c’era, ma ora si è riaperto un tavolo con Romagna Acque e il Consorzio di Bonifica per ragionarci concretamente. In questo modo il nostro territorio avrebbe vantaggi sotto diversi punti di vista”. Quali? “Romagna Acque afferma di avere una necessità di 35 milioni di metri cubi d’acqua per la provincia di Rimini. Di questi, più di 20 vengono prelevati da falde, e questo porta al problema della subsidenza e dell’incontro con il cuneo salino. Con il CER questi problemi non ci sono, garantendo alle coltivazioni non solo maggiore quantità d’acqua (che può portare alla produzione di nuove colture) ma anche qualità. Ovviamente un progetto del genere necessità anche della collaborazione degli agricoltori: occorre una ‘scommessa’ da parte loro, un cambiamento imprenditoriale per poter investire su colture possibili solo con grandi quantità d’acqua, e mai viste prima nel nostro territorio. Con il CER possiamo avere più acqua, ma se poi le coltivazioni rimangono le stesse e questa non viene utilizzata il progetto perde la sua forza”.