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Investire in startup: un rischio da correre

Startup: forse una delle parole più abusate negli ultimi anni per indicare le nuove imprese che hanno spinto il magico pulsante “start” per iniziare la loro avventura. Le vere startup, però, quelle fedeli al senso del termine, sono quelle con un’alta carica innovativa. Realtà che sviluppano in un business plan, realizzandolo in un concreto progetto di impresa, un’idea insolita, spesso molto curiosa. Come curiose sono le 1.177 idee di business sbocciate in sedici edizioni dal concorso “Nuove Idee Nuove Imprese”. L’ultima terminerà il 5 dicembre con un forum e la premiazione dei tre vincitori. Ma forse, per la prima volta, la macchina di “Nuove Idee Nuove Imprese” potrebbe portare anche a nuovi progetti e nuovi sviluppi, aggiuntivi al concorso in sé. Al suo timone c’è oggi una associazione con obiettivi pluriennali presieduta da qualcuno che la cultura d’impresa la mastica da decenni (nonostante una laurea in Medicina e Chirurgia) essendo alla guida di una delle imprese che più portano alta la bandiera del made in Rimini sui mercati italiani e stranieri. Maurizio Focchi, tra i vari impegni con la Focchi Spa e quelli sociali con Cittadinanza, la onlus da lui fondata, che sostiene progetti di riabilitazione psichiatrica nei paesi più poveri, ha accolto anche questa nuova sfida: la presidenza della associazione.

Focchi, una sfida non facile, in tema di startup, in un territorio come la provincia di Rimini poco vocato, statistiche alla mano, all’innovazione. Perché?
“È una sfida che mi appassiona. Ho seguito con attenzione tutti i progetti finalisti e tra questi ci sono idee molto buone. Alcune anche sorprendenti. La nostra associazione ha messo insieme la creatività di questi partecipanti con una formazione importante, quest’anno migliorata grazie all’apporto di Deloitte Spa (tra le più grandi realtà nei servizi professionali alle imprese in Italia, ndr). La Deloitte è intervenuta in ambito formativo, ha partecipato al comitato tecnico-scientifico nella valutazione dei progetti e ha dato anche un apporto finanziario mostrando di credere nella nostra iniziativa”.

A proposito di formazione, un grande problema delle startup in Italia è il loro basso tasso di sopravvivenza. Il concorso di Nuove Idee Nuove Imprese è solo un primo passo. Ma poi queste startup che fine faranno?
“Il rischio insito nelle startup fa parte del rischio imprenditoriale. Non dimentichiamoci che molto spesso si tratta di idee insolite sul mercato. Ci sta che molte provino e commettano degli errori, ma dagli errori ci si può rialzare con successo. Io faccio sempre l’esempio di Starbucks che era fallita, ma ha saputo cambiare, perfezionare il modello e oggi è quello che tutti conosciamo. Resta il fatto che un accompagnamento è fondamentale. Per questo motivo stiamo studiando una collaborazione con l’incubatore di Deloitte, Officina Innovazione, per offrire lo stesso servizio, a tariffa agevolata, alle startup del nostro concorso che volessero aderire. Si tratta di un’incubazione di qualche mese, per aiutarle a precisare il progetto, a renderlo più adatto al mercato e cominciare a vendere. Inoltre, in questa medesima direzione, stiamo pensando a sinergie con l’associazione riminese Primo Miglio che ha sede sempre qui, a Innovation Square”.

C’è qualcosa tra le 13 idee di business arrivate in finale, che l’ha sorpresa in particolar modo?
“La loro eterogeneità. Rispetto alle prime edizioni, quando prevaleva il digitale, oggi c’è un po’ di tutto: agricoltura, intrattenimento, turismo e molta tecnologia”.

Sempre in tema di innovazione, se da un lato quello che doveva essere un nuovo incubatore per startup in ambito turistico – Innovation Square – è oggi più una sede di eventi e co-working, dall’altra potrebbe esserci una nuova opportunità con Industrio Ventures, l’acceleratore privato di startup che sta realizzando buoni risultati in Trentino. È vero che sta cercando di portarlo a Rimini?
“Stiamo pensando a una fase ancora ulteriore rispetto a quella dell’incubatore di Deloitte e Primo Miglio. Un gruppo di 5-10 imprenditori che, come accaduto in Trentino con Industrio Ventures, investano complessivamente un milione di euro per finanziare nuove startup. Sono una decina quelle finanziate da Industrio. Ci hanno chiesto di replicare a Rimini una cosa simile con il loro aiuto. Servono però imprese mature che investano. Ne beneficerebbe il territorio ma ne beneficerebbero anche loro stesse attraverso un’attività di open innovation: potrebbero, con le startup finanziate, se vicine al proprio settore, esternalizzare in parte e arricchire la propria attività di ricerca e sviluppo”.

E del rapporto tra impresa e territorio cosa pensa? Prendiamo l’università. Con la crisi della Fondazione Carim e l’uscita di alcuni soci pubblici UniRimini cerca nuovi partner e più volte ha auspicato una collaborazione da parte del mondo dell’impresa.
“È auspicabile e potrebbe essere un’ottima prospettiva. Fa parte del prendersi cura della formazione”.

I soci fondatori di Nuove Idee Nuove Imprese sono otto, quattro di Rimini e quattro di San Marino. È necessario cercarne altri viste le incognite legate alla Fondazione.
“Alla Fondazione come agli altri soci dobbiamo molto, ma dal 2018 l’obiettivo è di allargarci anche alla Romagna, verso Forlì e Ravenna. Abbiamo già contatti in questa direzione”.

E della Carim cosa ci dice? Come vede l’arrivo di Credit Agricole?
“Lasciando da parte gli errori del passato, posso dire che sono molto fiducioso. Era la cosa migliore che potesse accadere. Una banca tra le più grandi d’Europa, con una governance come CariParma, tra le più efficienti e attente anche ai territori. Sarebbe stata auspicabile però una legge a livello governativo che consentisse a Carim e CariCesena di rimanere società giuridiche autonome. Se le istituzioni pubbliche si muovessero per spingere questa legge sarebbe una bella cosa”.

Focchi, spostiamoci anche verso la sua azienda. Siete sempre più proiettati all’estero. Quali i mercati oggi più proficui?
“Per noi l’Inghilterra. Ma ora, un po’ per desiderio di crescere e un po’ per diversificare, stiamo provando a entrare nel mercato del nord est degli Usa, a cominciare da New York”.

La spaventa la politica protezionistica di Trump?
“Per ora su questo ci sono solo timori. Piuttosto, speriamo che non faccia guerre…”.
Alessandra Leardini