Home Storia e Storie Il Signore è con te anche laggiù

Il Signore è con te anche laggiù

Un archivio storico non è un luogo di raccolta di carte morte, ingiallite dal tempo, in attesa di qualche studioso che voglia ricostruire eventi e vicende del passato; ma è un luogo vivo di memorie, di persone, di affetti che rimangono nascosti fra le pieghe dei documenti e delle scartoffie”. Don Fausto Lanfranchi, introduce così Il signore è con te anche laggiù, libro edito da il Ponte che raccoglie le lettere che Lello Marvelli spedì al fratello Alberto dal fronte russo nel 1942.
Autrice Cinzia Montevecchi, che racconta il suo incontro con le lettere di Lello:
“Nel riordino dell’Archivio del beato Alberto ho trovato un plico, chiuso da un sottile spago, che conteneva cinquantasette tra lettere e cartoline che Lello aveva mandato ad Alberto durante l’anno del suo servizio militare. <7i>– spiega la Montevecchi – Mi ha commosso, perché, coi suoi settant’anni, racconta la premura delle mani ignote che si sono adoperate affinché le migliaia di chilometri, le intemperie e l’orrore della guerra non ne impedissero l’arrivo; e insieme la staffetta di affetti che ha fatto in modo che il tempo non ne facesse perdere la traccia. Custodite prima dal fratello, poi dalla mamma, dalla sorella Gede, da Maria Massani, da don Fausto Lanfranchi… Peccato che siano solo una piccolissima parte della corrispondenza che si intuisce essere stata fittissima in entrambe le direzioni”.

A quali mesi si riferiscono le lettere?
“La prima lettera è del gennaio 1942. In essa Lello comunica ad Alberto – impiegato a quel tempo alla Fiat di Torino – che gli è arrivata la cartolina-precetto e «gli tocca andare militare». La corrispondenza continua durante i mesi di addestramento in Italia e si infittisce dal giugno, quando l’11° Raggruppamento artiglieria, al quale Lello era stato assegnato, viene mandato in Russia. Le ultime due lettere sono della fine di dicembre, ma risultano >«verificate per censura» solo il 19 gennaio. Si tratta per la maggior parte di cartoline e di biglietti postali brevi, sia perché, come sottolinea con simpatica autoironia, Lello non ha una gran passione per la scrittura, sia perché è preoccupato della censura. Si ha però il sospetto che tanta reticenza sia dovuta piuttosto al desiderio di non far stare troppo in ansia quelli di casa…Non mi sembra un caso, infatti, che la lettere dell’8 novembre, in cui Lello, preoccupato dei «preparativi che si fanno di là dal Don», raccomanda di «non dir niente alla mamma», sia l’unica spedita in via Bonsi, alla sede dell’Azione Cattolica, anziché all’indirizzo di casa”.

Deve essere stato di una certa emozione seguire le tracce di Lello da Rimini al Don…
“Al momento della partenza per la Russia Lello viene impiegato al Comando di gruppo come scritturale e, all’occorrenza, come postino e telefonista, perciò riesce ad essere sufficientemente informato e a volte indica i nomi dei paesi che incontra, nomi che sfuggono alla censura. Inoltre l’11° Raggruppamento di artiglieria era stato assegnato al Corpo d’armata alpino. La partenza avviene il 19 giugno. Non sappiamo, invece, dove Lello si trovasse il 27 dicembre (data della sua ultima lettera), perché la censura ha passato un tratto di pennarello sul nome della località, ma dall’atto di morte risulta che il 20 gennaio, quattro giorni dopo che era stato finalmente ordinato alle truppe alpine di abbandonare la linea del Don, si trovava nell’infernale confusione di Opyt, tra «colonne impazzite di autocarri, carriagi, slitte e salmerie, tra uomini che urlano, spingono, bestemmiano, sostano, corrono». Qui, lui, che era stato sempre addetto al comando e probabilmente non aveva mai avuto occasione di sparare, combatte con coraggio, tanto da meritare la medaglia di bronzo alla memoria. Il suo corpo non è stato mai restituito alla famiglia. Il suo nome è conservato, insieme a quello degli altri 69.000 morti in Russia nella cripta del tempio di Cargnacco”.

Che cosa ha salvato Lello dall’abbruttimento e dalla disperazione?
“Lo ha aiutato a mantenere la rotta, a non perdere mai di vista ciò che veramente importa, la straordinaria rete di affetti che gli aveva creato intorno la famiglia: legami solidi, con la mamma, i fratelli, gli amici, gli educatori della parrocchia.
Fondamentale lo straordinario rapporto con Alberto, che, benché più vecchio di soli quattro anni, lo accompagna quotidianamente con la premura accorata di un padre, facendogli arrivare di tutto: libri, giornali, francobolli, pacchi, vaglia, oltre a quella messe di piccole notizie, apparentemente banali, ma insostituibili per tener ancorati alla vita normale.
Anche per questo le lettere sono interessanti, perché ci consentono di aggiungere una nota di tenerezza in più alla nostra conoscenza di Alberto e ci svelano, in filigrana, il suo volto paterno. Una paternità non solo accettata, ma apprezzata e amata dal giovane Lello, perché esercitata con mitezza e autorevolezza insieme.
Le lettere dalla famiglia (le poche rimaste di Alberto, quelle della mamma e di Carlo), pubblicate a conclusione del volume, servono a dar ragione del clima positivo in cui Lello è cresciuto e si è formato. Sono esempio toccante di una intensità di affetti che riesce a comunicare altre la lontananza geografica e di una sollecitudine che vive della comune fede e trova in essa la forza di reggere alla caduta di ogni «valore e verità» e di mantenere intatta la «nostalgia del cielo».
Quasi dolorosamente presago, nella lettera del 24 gennaio ‘43, alla quale acclude il messaggio del Papa sulla pace, Alberto esorta il fratello a servire il Signore «in ogni momento e in ogni luogo, con dedizione completa alla sua volontà e con l’animo pronto a tutte le prove…nell’umiltà, nella carità, nell’amore fraterno», perché <+cors>«Il Signore è con te anche laggiù»”. (c.v.)