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Il dialetto… questione di toponimi

Sono trascorsi circa ventidue anni da quando ebbi l’onore di conoscere il compianto ed indimenticabile Gianni Quondamatteo. Non so chi gli avesse dato il mio nome, mi stava cercando per una consulenza grafica su di una pianta della città di Rimini riferita ai primi anni del ’900 con i nomi delle vie in dialetto, stupendo lavoro grafico iniziato da Giulio Cumo. Seguirono poi oltre venti incontri con personaggi non più giovani ma ricchissimi di umorismo, goliardia e umanità, amanti della nostra città.
Il titolo dell’opera era già stato scelto, “Remin ti i preim ’de Novzént“, ideatore e coordinatore Gianni Quondamatteo, grafica scelta e realizzata da Giulio Cumo, ricercatori e collaboratori dialettali Flavio Lombardini, Walter Valmaggi, bancario e valente violinista, Cesare Padovani, esperto di termini marinareschi e Guido Simonetti, instancabile collezionista di fotografie d’epoca e profondo conoscitore della città. Il mio compito si limitava a raccogliere e trascrivere i risultati dei loro racconti, delle loro discussioni circa i toponimi dialettali e le loro origini, quindi di trascriverli sulla cartina. Le discussioni non si limitavano al perché del tal nome ma analizzavano le varie sfumature del dialetto riminese sostenendo che variava da un borgo all’altro. Facevano riferimento ai noti studiosi dialettali del passato come il famoso Friedrich Schuerr ed altri come Aldo Spallicci, Morri fino a Giustiniano Villa “il poeta ciabattino” che declamava le sue poesie nelle piazze paesane.
Quante cose curiose ho imparato sulla Rimini del passato in questi piacevoli incontri che avvenivano sempre in casa di Gianni. Le prime cose che mi hanno colpito sono stati gli “stallatici” locali ed aree adibite al deposito dei cavalli di coloro che dal circondario venivano in città. Negli stallatici i cavalli venivano custoditi, foraggiati e strigliati, mentre i loro padroni facevano spese o combinavano affari.

Da Sant’Andrea a Musulalà
Nel borgo di Sant’Andrea o d’Gavdenz
c’era ’e stalatic d’Maza, nel borgo di San Giovanni vi era ’e stalatic d’Rineld o dla Luzina di brech, mentre nel borgo Marina, nei pressi di Porta Gaiana o di Francesca vi era ’e stalatic d’Musulalà (tale nome perché il gestore era francese, signore – monsieur – che come molti francesi esclamava spesso nel salutare “Ulalà” ne è uscito fuori Monsieur Lalà,quindi “Musulalà”. Ogni borgo aveva la sua porta di accesso, ’e Borg d’San Zvan con l’Erc d’San Bartul (Arco d’Augusto), ’e Borg d’Sant’Andrè con Porta Muntanera, ’e Borg d’San Zulien con Porta Bulegna situata sul Ponte di Tiberio o Pont de ’e Dievul,’e Borg Mareina con Porta Mareina situata sull’attuale via Giovanni XXIII (via de Sufraz) sulle vecchie mura Bastioni Settentrionali.
Sul lato mare della ferrovia poche erano le vie aventi un nome proprio, sia nella Barafonda, sia nello spazio interno al lungomare Murri. Nella Barafonda le case si potevano contare con le dita delle mani. La costruzione più grande era la
fabrica di cuncim, seguivano al chesi ad Barabos ad Sahaca, ad Siber e ad Minigoti, situate tutte lungo la via Sinistra del Porto, Streda de port o Santir di curder.
Non lontano da e’ squer vi era la caserma di finanzir, con la relativa prison per i contrabbandieri.

Tutt’intorno era campagna
predominava la campagna, in particolare gli orti, data l’acqua in abbondanza. La strada più intensamente abitata era l’attuale via Destra del Porto, streda ad San Nicolò, dove le costruzioni iniziavano nei pressi del ponte ferroviario e l’attuale sede della Capitaneria di Porto in cui era compresa la ex chiesa di Sant’Antonio. Dal viale Principe Amedeo, e’ stradon di bagn, a viale Tripoli, e’ tal nov, era tutta campagna e orti salvo nelle vicinanze del mare in cui erano distribuire un’ottantina di ville. Grazie al lavoro paziente e alla ricchissima raccolta fotografica di Guido Simonetti sulla Rimini ai primi del Novecento si erano individuati i nomi di circa 60 ville.

A Marina Centro… il Kursaal
Marina centro era dominata da e’ Kursaal, e’ stabiliment di bagn, palazzina Milano, palazzina Roma, villa Isotta, l’idroterapico e naturalmente il Grand Hotel, terminato intorno al 1910. In riva al mare e in acqua dominava la piataforma, in cui vi era la zona uomini e la zona donne, l’uno separato dall’altro.
Altre cose da ricordare sono la fabrica di furminint ubicata nel cortile del Palazzo Ghetti; la fabrica dla bera, fabbrica della birra, situata nell’area dell ex casa di cura Contarini; e’ pré dla Sartona, campo d’aviazione cittadino, situato nell’area del palazzetto dello sport e lo stadio; al prison, situate dentro Castel Sismondo (la funzione di prigione di Castel Sismondo durò fino agli anni ’60).
In quei piacevoli incontri oltre alla ricerca degli antichi toponimi dialettali venivano ricordate tante altre curiose riguardanti la nostra città in quei tempi, una per la caparlaza (trattavasi di un simpatico agguato ad una persona boriosa, antipatica, presuntuosa. Poteva essere anche un tutore dell’ordine troppo solerte).
Tale birichinata veniva consumata solitamente di notte e dopo aver studiato bene la strategia di attacco, il momento e il luogo preciso: in quattro o cinque, muniti di un mantello coprivano il designato e giù botte, a volte anche abbastanza pesanti, e via in tutte le direzioni senza concedere il tempo al suddetto di liberarsi del mantello per individuare gli “aggressori”.
Ai numerosi incontri per realizzare la carta toponomastica dialettale Remin ti ’i preim de Novzènt ne sono seguiti altri, con altre persone fra cui il compianto Primo Bulli per la tavola ‘Trabacul de non sui termini marinareschi in dialetto riminese e Maurizio Ermeti per la tavola dei pesci dell’Adriatico U ’jera na volta un pgnulét.

Carlo Lotti