Home Attualita Il cipresso, decoro e segno di speranza

Il cipresso, decoro e segno di speranza

Il due novembre, Commemorazione dei fedeli defunti, la visita ai cimiteri ristabilisce un contatto con una pianta un po’ misteriosa che, ci si diceva una volta, era fatta come due mani giunte nella preghiera e si poneva vicino alle tombe perché elevasse per noi una invocazione continua al Signore in suffragio delle anime dei morti.
Il cipresso nostrano (Cupressus sempervirens<) è diventato un elemento caratterizzante del paesaggio romagnolo, pur essendo venuto da molto lontano. Si stima che sia arrivato in Italia dall’Asia Minore prima della colonizzazione romana, per cui è probabile che a importarlo siano stati gli Etruschi, altri affermano i Fenici.
In questa terra si è ambientato bene: segna crocevia, viali, cappelle, tabernacoli, chiese e cimiteri, cime di colline. Fino a poco tempo fa godeva fama d’essere una pianta robusta, resistente alle malattie e ai parassiti, un po’ sensibile al freddo per cui non sale ad altitudini montane (al massimo lo troviamo ai 700 metri). Della sua presenza parlano Plinio e Cicerone, si trova raffigurato negli affreschi pompeiani e negli stucchi imperiali, raro privilegio perché l’arte figurativa antica non indulgeva a rappresentazioni realistiche di vegetali e paesaggi.

Il mondo interno
Caratteristica propria del cipresso è quella di costituire un mondo chiuso, una zona appartata. L’interno di un grande cipresso è un mondo da scoprire. Vi trovano alloggio animali e uccelli d’ogni tipo: ghiri, scoiattoli, lucertole, moscardini e là dove è più fitta e buia la chioma, si possono trovare a passare il giorno anche rapaci, come la civetta, il gufo, l’allocco; poi uccelli di tutti i tipi che frullano via al minimo rumore sospetto e nidi d’ogni genere: con le uova o i pulcini, appena abbandonati o vecchi che si disfanno lentamente.

Simbologia della pianta
La pianta è comunemente ritenuta simbolo della mestizia, dell’austero raccoglimento, del ritiro in se stessi per la meditazione, per soffrire il dolore di affetti perduti e ricordi di persone scomparse. Compare quindi nei cimiteri o nelle loro vicinanze, a segnare vialetti che dividono spazi di tombe, intorno alle cappelle, lungo i muri di cinta e ai lati dei viali che portano ai cancelli d’ingresso.
Tuttavia l’albero non è come il crisantemo che è ricercato solo il due novembre e in altri tristi occasioni e non è amato in genere fuori del sua ambiente mortuario. Il cipresso, pur mantenendo la sua austerità, non dispiace fuori del suo ambiente dove si trova pressoché costantemente: orna senza invitare necessariamente alla mestizia qualunque angolo di una strada, d’un giardino, d’uno spazio campestre e si adatta benissimo alle funzioni di rompivento disposto in lunghissime file, a quelle di cippo per segnare i confini, a fare ombra nei viali.

Caratteristiche
È evidente che alcune caratteristiche di questo albero hanno esercitato particolari suggestioni: ha un legno resinoso immarcescibile, particolarmente resistente all’umidità, tanto che veniva usato per fare le bare fin dai tempi degli egizi i quali pare lo preferissero alle altre piante. Ma ci si fanno anche mobili, soprattutto infissi resistenti alle intemperie.
Il profumo che emana, soprattutto quando è investito dai raggi del sole, lo fa simbolo di salute, di omaggio d’incenso rivolto al cielo come un turibolo fumante.

Le radici
Si vuole che la radice della pianta raggiunga profondità considerevoli: il ramo principale affonda nella terra almeno per la stessa lunghezza in cui l’albero si protende nel cielo, mentre le diramazioni secondarie scendono ancora di più. Per questo è stato considerato nel paganesimo, insieme al tasso, la pianta che è più in contatto con le regioni sotterranee, i mondi inferi ed era consacrato al culto di Plutone, sovrano del regno dei morti, collegamento alla ritualità funebre che ancora conserva. Uscendo dal regno delle tenebre e dei morti sale con slancio verso il cielo, segnando un altro simbolo della vita e dell’uomo.
Una volta tagliato il tronco, il ceppo del cipresso non metterà virgulti: sulla base di questa considerazione il cipresso fu simbolo della tristezza; ma il taglio definitivo che la pianta fa con la vita, lo rende anche immagine d’immortalità, proteso come sembra col suo ago solitario verso il cielo. Ricordando che il cipresso non torna a vivere una seconda volta attraverso i virgulti della ceppaia, si usava piantarlo per solennizzare la nascita di una bambina, pegno della sua futura fedeltà, o in occasione di un fidanzamento, sempre con lo stesso significato. Anche il passaggio di un grande personaggio da un luogo o da una terra, si usava solennizzare piantando il cipresso, elevando un monumento vivo di questo fatto, destinato a durare secoli e che non potrà mai essere sostituito perché non rigenerabile.
Rimane sempre una pianta seria in qualunque ambiente si trovi, essenza che incute rispetto, invita al raccoglimento, alla riflessione, e si presenta come una serie di cifre, di simboli delle realtà fondamentali dell’uomo: vita, morte, preghiera, meditazione, immortalità, offerta (di ombra, di profumo), solitudine, poiché spesso si trova solo, al di sopra di piante che difficilmente raggiungono la sua altezza.

>Malanni del cipresso
Da un po’ di tempo i cipressi sono malati: una ragione di più per metterli nei cimiteri. Un maledetto agente patogeno il Coryneum cardinale, scoperto nel 1928 in California, e sparsosi poi anche in Europa, con l’aiuto d’un coleottero scolitide, il Phloeosinus aubei, passa da un albero a un altro. Fu segnalato a Firenze nel 1951 e da allora continua e fare strage di questi alberi, senza che si sia trovato un rimedio efficace, se non il fatto che se ne piantano nuovi in continuazione. Pare comunque che ultimamente il flagello si sia attenuato.

Carlo Lapucci